Per non tornare indietro, ​eliminare le «zone grigie»

di Francesco De Luca
Mercoledì 20 Novembre 2019, 00:00
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Venti giorni di attesa, troppi. Ancelotti ha puntato il dito contro l’arbitro Giacomelli e il designatore Rizzoli ha dovuto ammettere: sì, ha sbagliato.

Giacomelli doveva fermare il gioco dopo lo scontro tra Kjaer e Llorente, però secondo Rizzoli per fischiare un fallo in favore dell’Atalanta e non un rigore per il Napoli nella sera del 30 ottobre al San Paolo. Un’ulteriore crepa nel sistema Var, che non funziona anzitutto perché non vi è la corretta sinergia tra arbitro in campo e arbitro in regia. E Ancelotti lo ha sottolineato con garbato vigore, denunciando che vi sono episodi (e dunque partite) decisi dal Var e non da chi ha il fischietto. Nella squadra di Rizzoli vi sono sempre meno uomini esperti e autorevoli, dunque condizionabili da chi è fuori campo e ha magari un curriculum migliore: questo preoccupa, e ovviamente non soltanto il tecnico degli azzurri.

La sera della partita con l’Atalanta fu l’inizio dei guai recenti del Napoli. Le polemiche per il rigore non concesso a Llorente, la squalifica di Ancelotti, la sconfitta con la Roma, l’ira di De Laurentiis e il ritiro poi disertato dai giocatori, lo scontro tra società e squadra tuttora aperto. Momenti solo apparentemente scollegati tra loro, in realtà questa concatenazione di eventi ha fatto salire la tensione nell’ambiente. Ed ecco perché, freddamente, dopo venti giorni Ancelotti ha messo a fuoco l’episodio del minuto 86 di Napoli-Atalanta, cioè il contatto Kjaer-Llorente, in una giornata di chiarimenti a Roma tra arbitri e allenatori, in cui si è ascoltata soltanto l’autorevole voce di Carlo. Rizzoli ha ammesso che gli arbitri stanno dirigendo male (ma fino a pochi giorni fa il presidente Nicchi non diceva il contrario?) basandosi sull’aumento degli interventi del Var rispetto alla scorsa stagione. Tra i casi esaminati, quello del fallo di Zielinski nella prima giornata di campionato a Firenze: “zona grigia”, secondo il designatore, dunque poteva non essere fischiato il rigore e infatti fu l’arbitro al Var (Massa) a spingere l’arbitro in campo (Valeri) a concederlo ai viola.

È stata la Federcalcio a sollecitare questo confronto che dovrà essere ripetuto perché vi saranno altre “zone grigie” e altri episodi contorti. L’oggettività è una conquista difficile, anzi impossibile, e il Var non potrà cancellare tutte le ombre in una partita. Ma la tecnologia, faticosa conquista, va perfezionata e difesa e anche la Lega serie B la utilizzerà a partire da playoff e playout di questa stagione. Il sistema può essere migliorato con una relazione efficace tra arbitro di campo, il primo, e arbitro al Var, da considerare un autorevole collaboratore da consultare per avere le idee chiare e ridurre il margine di errore, non ritenendo che si tratti di subordinazione. Poi, vanno spiegate le decisioni, come fa l’Uefa dalla scorsa edizione della Champions League e come farà l’Associazione arbitri sul proprio sito, secondo quanto ha assicurato Nicchi: è stato un primo e significativo passo in avanti l’appuntamento nel lussuoso hotel che si affaccia su Villa Borghese, dove tutti erano interessati ma soltanto uno, Ancelotti, si è fatto sentire con l’autorevolezza di chi, oltre ad aver vinto tanto, è stato esemplare con arbitri e avversari, prima da giocatore e poi da allenatore. È necessaria la trasparenza se il Var vuole aiutare il calcio ad essere più credibile, come ha detto Rizzoli, che tra le varie ammissioni tardive ha fatto anche quella sulle mancate spiegazioni a domicilio, presso i campi di allenamento delle 20 squadre di serie A.

Non si prende per ora in considerazione il challenge, cioè la possibilità concessa in altri sport agli allenatori di chiedere all’arbitro di rivedere un episodio dubbio una o due volte nell’arco di una gara. Sbagliato, sarebbe un ulteriore contributo di chiarezza. Il putiferio che si è scatenato durante e dopo Napoli-Atalanta sarebbe stato magari evitato se Ancelotti avesse avuto l’opportunità del challenge. Il Var, certo, non è l’unico problema del calcio. Mentre si concludeva il vertice di Roma, arrivava da Milano la notizia delle dimissioni del presidente della Lega serie A, Miccichè, finito in un’inchiesta della Procura federale perché l’elezione del 19 marzo 2018 - a sua insaputa - non sarebbe stata all’unanimità e dunque irregolare in base allo statuto. E questo a pochi giorni da un’assemblea in cui i club avrebbero dovuto esaminare la proposta di acquisto dei diritti televisivi avanzata da MediaPro, fondamentale per il futuro del sistema. Perché la denuncia di quelle irregolarità è arrivata da parte di Preziosi, presidente del Genoa, a scoppio ritardato? Cosa può esservi dietro, se qualcosa c’è? Per fortuna, sul campo possiamo passare dai bagliori della Nazionale di Mancini - in cui spicca il contributo dei napoletani Immobile, Insigne e Donnarumma - al campionato e alla Champions che ripartono.
 
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