Calcio Napoli, le perle di Lorenzinho: l’ottovolante della bellezza

Calcio Napoli, le perle di Lorenzinho: l’ottovolante della bellezza
Giovedì 7 Gennaio 2016, 23:47 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 00:05
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Prandelli l’aveva fatto esordire l’anno prima contro Malta a Modena (dal 46’ per Diamanti) e lo rimandò in campo nella ripresa al posto di Candreva. L’Italia era sotto di 2-0 (gol e assist di Higuain, figurarsi), ma nel secondo tempo riemerse e Lorenzo fu subito protagonista. Eravamo in brodo di giuggiole. Subito lesto al tiro deviato da Mascherano e poi in gol sul passaggio di Osvaldo con un gran destro a giro, la sua specialità, nella porta di Andujar. Il gol in nazionale, quel 14 agosto 2013, merita un bel posto nella bacheca dei 71 centri di Insigne che non sono mai banali e “facili”, ma hanno sempre il timbro dell’inventiva e la curva dell’arcobaleno.
Lorenzo aveva spopolato nel Foggia e nel Pescara di Zeman. A Padova (6-0 per gli abruzzesi), sul lancio di Cascione, volò sulla sinistra, evitò il terzino, e mise il pallone all’incrocio opposto. Fu una delle palombelle napoletane che lo caratterizzano. A Grosseto, dove il Pescara vinse 4-2, andò in fuga sulla destra da centrocampo, 50 metri palla al piede, infilando il pallone nell’angolo opposto dopo avere fatto secco il terzino appena entrato in area.
Era la primavera del 2012. Lorenzo apparteneva al Napoli da quando aveva 15 anni. Lo scovò Peppe Santoro quando sgambettava nell’Olimpia di Sant’Arpino del suo amico Orazio Vitale. Lo prese dopo averlo visto ancora a un raduno di baby del pallone a Grumo Nevano. Il ragazzo, che oggi vale almeno 30 milioni di euro, costò nel 2006 appena 1500 euro. Era stato scartato da Inter e Torino perché troppo piccolo, 1,63, più piccolo di Maradona (1,65), ma si sa che i piccoletti nel calcio sono delle birbe affascinanti.
Naturalmente, un ironico scetticismo accompagnò l’acquisto di Peppe Santoro. Intanto, Lorenzo era più alto di Renato Rascel (1,57) che aveva cantato il piccolo corazziere. E, poi, aveva dei “numeri” da campioncino e, siccome, piccolo è bello, l’occhio di Santoro aveva visto bene.
Tra i 71 gol della sua carriera, Insigne ne ha segnati 25 nel Napoli (18 in campionato col record di otto reti quest’anno). In maglia azzurra giocò qualche partita amichevole l’estate che arrivò Donadoni. Fu Mazzarri a lanciarlo in serie A a Livorno avvicendandolo a Denis negli ultimi minuti della partita.
L’idolo di Insigne era Del Piero, di soli dieci centimetri più alto, anche lo juventino artista dei tiri ad arcobaleno. Nella stagione del secondo posto di Mazzarri una pietra la mise proprio Lorenzo risolvendo all’ultimo dei quattro minuti di recupero la fastidiosa partita col Cagliari bloccata sul 2-2 al San Paolo. Addomesticò il pallone sulla sinistra, fece tre passettini (a destra, a sinistra, a destra) e poi scoccò la stella filante che andò a insaccarsi nell’angolo lontano di Agazzi. Si prese il primo boato del San Paolo e poteva smettere di cantare se quel campione io fossi, se il mio sogno s’avverasse. Si stava avverando.
Insigne ha il bel record di avere segnato a destra e a manca, in serie A, in Champions, in Europa League, in Coppa Italia (la doppietta nella finale con la Fiorentina). La sera della partita col Borussia dell’iracondo Jurgen Klopp, zazzerona bionda in cima a un metro e 93, il San Paolo rimase col fiato sospeso quando Lorenzo piazzò la palla di un calcio di punizione a venti metri dalla porta di Roman Weidenfeller con quattro corazzieri tedeschi in barriera e fece partire il razzo del 2-0 che andò a infilarsi nell’angolo alto del primo palo. Corse per il campo e mostrò con le dita un cuoricino dedicato a sua moglie Jenny. Fa niente che posi si soffrì dopo un’autorete di Zuniga, arrivò una storica vittoria.
Un gol alla Juve, poi, non si dimentica mai specie se poi è la tua centesima partita in serie A il sabato sera del 26 settembre scorso. Lorenzo Insigne non si fa mancare mai niente. Scambia con Higuain e va a battere Buffon con un “piattone” a pelo d’erba. Fu il primo gol del 2-1, primo come usa Lorenzinho spesso pronto a sbloccare le partite come ha fatto quest’anno non solo con la Juve, ma anche a Verona e contro il Torino appena l’altra sera, il fantastico gol a Padelli con orbita lunare, il gioiello di un sublime gioielliere del gol.
E, a San Siro, contro il Milan, anche un’altra “doppietta” dopo quella alla Fiorentina nella finale di Coppa Italia. Lo scambio (frequente) con Higuain e la palla calciata di collo piede destro in corsa fiondata nell’angolo lontano di Diego Lopez. Bis su punizione da 25 metri sulla sinistra, stavolta sul primo palo del portiere brasiliano goffamente a farfalle.
 
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