Perché il Napoli è l'antidoto ai Paperoni della Premier

di Francesco De Luca
Giovedì 2 Febbraio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Le spese pazze della Premier sul mercato di gennaio - 926 milioni di euro, un terzo dei quali spesi nell’ultimo giorno - ha fatto imbufalire i vertici della Liga spagnola, con il presidente Tebas che ha definito i club inglesi «economicamente dopati». È stato auspicato per l’ennesima volta un intervento dell’Uefa, che ovviamente non ci sarà perché due anni fa la Premier fece muro contro l’assalto della Superlega e per questi “gesti” il presidente Ceferin è riconoscente.

Quindi, nessuna moral suasion. E peraltro i club della Premier possono permettersi certe spese perché incassano dai soli diritti televisivi oltre 3 miliardi di euro, tre volte in più di quanti ne ricevono le società italiane. Ed ecco perché il Bournemouth, terz’ultimo in campionato, ha potuto presentare alla Roma un’offerta da 30 milioni a Zaniolo.

I prezzi non si sono calmierati dopo il lockdwon, la Premier continua a spendere e spandere. E l’ultimo colpo messo a segno dal Chelsea è stato il più caro della storia calcistica d’Inghilterra: 121 milioni per il centrocampista argentino Enzo Fernandez, campione del mondo del Benfica, non esattamente il clone di Messi. Follie, per fortuna non replicate in altri Paesi durante il mercato invernale. La Liga ha contenuto le spese (25 milioni in tutto), in Italia il trasferimento più costoso è stato quello del centrocampista Barak dal Verona alla Fiorentina per 8,5 milioni. Da noi i soldi scarseggiano ed è probabile che la recente bufera plusvalenze spingerà il governo ad intervenire, come ha chiesto il presidente federale Gravina.

Per fortuna c’è chi ha idee vincenti. Il Napoli. È un modello non soltanto per la serie A ma per tutta l’Europa, avendo De Laurentiis saputo contenere le spese - nella scorsa estate ha reinvestito quanto aveva incassato dalle vendite di Koulibaly e Fabian - e costruire una bellissima squadra, padrona del campionato e applaudita in Champions.

Il gruppo guidato con grande saggezza da Spalletti è anche un antidoto a certe operazioni esagerate, anche se i movimenti economicamente fuori controllo appartengono quasi esclusivamente alla Premier e al Psg, che da tempo fa pazzie sul mercato con l’obiettivo - finora fallito - di vincere la Champions.

De Laurentiis ha seguito fin dal primo campionato in serie A la strada degli investimenti sui giovani talenti. Ricordate i primi tre ventenni presi nel 2007? Gargano, Hamsik e Lavezzi. Vennero accolti da tifosi contestatori a Castel Volturno: quattro anni dopo avrebbero portato il Napoli in Champions, facendo un’ottima figura nella massima competizione internazionale. Valorizzare i calciatori è un lavoro che hanno fatto benissimo ottimi artigiani come Sarri e Spalletti. Appena arrivato, Luciano ha ridato ad esempio smalto a Lobotka, così bravo da essere paragonato a Iniesta. Il salto di qualità è stato quest’anno possibile allungando la panchina, dandole vera qualità: quale altra squadra può disporre di punte di riserva del livello di Raspadori e Simeone? Alla capacità tecnica deve corrispondere quella amministrativa e infatti il Napoli, pur con il bilancio in rosso, è riuscito ad allestire una squadra competitiva al massimo. E non sarebbe lo scudetto a far derogare De Laurentiis dalla sua rigorosa linea. Il monte ingaggi dovrà rispettare certi parametri, la media stipendi non superare i 2,5 milioni e, come è accaduto con Insigne e Mertens, le offerte per i rinnovi non saranno trattabili.

La rivalutazione a livello internazionale del calcio italiano passa anche e soprattutto attraverso il Napoli. Il discorso non è soltanto tecnico, dunque relativo alla Nazionale che ha fallito per la seconda volta il Mondiale e ai grandi interrogativi sul futuro che ha il ct Mancini, oltre alle delusioni nelle coppe accumulate dai club in questi anni. C’è anche quello che ha fatto la Juve, giudicata dalla giustizia sportiva in attesa dell’udienza preliminare del processo “Prisma” a Torino. E per fortuna qui c’è altro: il Napoli con la sua correttezza amministrativa. 

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