I mattoncini-scudetto ​del Napoli Lego

di Angelo Carotenuto
Mercoledì 1 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:24
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Il Napoli ha in tasca da domenica sera il 72 percento dello scudetto. Possiede 65 dei 90 punti che servono per essere imprendibile. Dietro, non possono sommarne più di 89. A Spalletti ne occorrono dunque 25 nelle prossime 14 partite. È il passo tenuto finora dall’Atalanta. Saranno gli ultimi mattoncini di una squadra arrivata fin qui come una costruzione Lego, cresciuta per accumuli, strato su strato, un pezzo che si attacca all’altro, allo stesso tempo per eredità e per superamento, una prosecuzione e uno stacco.

Dentro questo Napoli che con Spalletti corre come nessun altro prima, si possono intravedere esiti e riflessi del passato, piccole tracce di tutte le esperienze vissute, un blocco unico, un fabbricato da 971 punti che sta montando dai giorni della prima qualificazione in Champions del 2011. Uno guarda Kvaratskhelia dribblare e ricorda che in principio lo faceva Lavezzi, con un corpo differente, con movimenti di un altro tessuto, più frenetici e secchi. Il Pocho strappava e Kvara cuce, danza, ondeggia. In mezzo c’è stato un decennio in cui il dribbling è scomparso dalla scena, non solo del Napoli, ma di tutto il campionato. Chi punta l’uomo, è un eversore dell’ordine costituito. Lo stesso Insigne, ultimo spirito del calcio di strada, spesso all’uno contro uno preferiva il ripiego e lo scarico all’indietro. Jorge Valdano dice che uno specialista del dribbling è un giocatore di poker che bluffa con il corpo. Il modello egemone di conservazione della palla lo aveva reso marginale. Spalletti lo ha aggiunto con Kvaratskhelia alla sua architettura.

Nei 19 gol di Osimhen molti sentono un’eco dei 36 raggiunti da Gonzalo Higuain nel 2016, ma è vero pure che nei 7 fatti di testa dal nigeriano un anno fa e nei 5 di questo campionato, si ritrovano i numeri di Cavani, che ne segnò in questo modo 5 nel 2011 e 6 nel 2013: era da allora che mancava al Napoli un colpitore così micidiale sui palloni alti. Osimhen è diventato essenziale e dritto sotto Spalletti, un anno fa aveva tirato in porta 91 volte in tutto, adesso è già a 87. 

Il gioco delle costruzioni è fatto sia di numeri sia di immagini che tornano all’occhio. Zielinski certe volte ruota su sé stesso e orienta il controllo verso la porta come faceva Hamsik, tenendo gli stessi calzettoni bassi. Elmas è un’ala che negli equilibri e in certe movenze riprende il modello Callejon. Cinque dei sei giocatori con più palloni toccati in questa serie A appartengono al Napoli, come nel 2018 succedeva con Jorginho, Koulibaly, Hysaj, Insigne, Hamsik e Albiol: tutti nei primi dieci di quel campionato.

A tre giorni da un incrocio con Maurizio Sarri, verrebbe la tentazione di accostare le parole di Spalletti sulle facce di c***o, alle stesse sentite sei anni fa, quando il Comandante disse che le voleva vedere palleggiare in faccia al Manchester City. La differenza è che la rete di Spalletti è un’ipnosi dal ritmo più sostenuto, una vertigine che raramente se ne resta bassa, non si chiede a Meret di intervenire come faceva Reina sin dai tempi di Rafa Benitez, l’autore della prima semina del gioco di posizione a Napoli. 

Oppure prendiamo i terzini. Di Lorenzo è un aggiornamento su scala europea del sistema operativo Maggio, Mario Rui da sinistra offre palloni che per numero e qualità mancavano dai tempi del Ghoulam 2017: negli ultimi sei anni nessun calciatore del Napoli era stato fra i primi sette della serie A nei cross. L’uno e l’altro sono anche fra i primi tre del campionato per palloni giocati nell’area avversaria, un tratto che vedemmo accennato in certe serate felici di Coppa con Ancelotti, mentre la foto girata nei giorni scorsi, con gli otto uomini sulla linea di metà campo per la palla al centro, sono un’evocazione di certe soluzioni che piacevano a Mazzarri, quasi da rugby, alla mano. 

Giovanni Simeone che entra e segna riprende un antico filo di Duvan Zapata. Anguissa è la fisicità che si intravide di passaggio con il Bakayoko caro a Gattuso, dopo molti anni di contrasti affidati all’elettricità di Allan. È nel meraviglioso Lobotka che si trova la sintesi del capolavoro di Spalletti, primo in serie A per passaggi da due anni, come a suo tempo Jorginho, ma anche quinto per contrasti, e dunque un giocatore senza precedenti. Lobotka è quel Verratti che il Napoli non ha mai avuto. Allo stesso modo Kim è un’evoluzione di Koulibaly. Neppure Kalidou era mai stato fra i primi 10 della serie A per duelli aerei vinti e per salvataggi, come invece oggi il coreano. 

L’ultimo mattoncino dovrà metterlo la città, nel senso dei suoi abitanti e delle istituzioni, il sindaco, il prefetto. I 18 punti di vantaggio consentono di programmare per bene e in anticipo il tempo della festa. C’è chi si aspetta il caos di una seconda Buenos Aires. Il Napoli-Lego avrebbe bisogno allora di una voce simile a quella che nel 1987 con l’accento argentino disse alla gente: festeggiamo insieme senza invadere il campo. Intendeva dire: senza brutte figure. Oppure, alla Troisi: senza dimenticare il gas e l’acqua aperti. 
 

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