Un'emergenza che solo la politica ​non vuole vedere

di Francesco Barbagallo
Sabato 15 Maggio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 08:00
3 Minuti di Lettura

La camorra non si è lasciata impressionare dalle forti affermazioni di tutte le autorità cittadine, affidate proprio a questo giornale, e ha lanciato una violenta campagna di primavera. Sembra essere tornati agli ultimi anni del ‘900, quando Napoli era squassata dalla guerra tra l’alleanza di Secondigliano e i Mazzarella, eredi di Zaza. Teresa De Luca Bossa si guadagnava il titolo di lady camorra, perché per la prima volta veniva applicata a una donna l’articolo 41 bis, quello del «carcere duro». Nell’autunno 1998 alla Sanità saltava in aria un’autobomba. A Pianura il clan Lago subiva un attentato con un bazooka. E davanti al Palazzo di giustizia veniva sistemata una motobomba. Era la violenta risposta della camorra ai magistrati e alle forze dell’ordine che avevano arrestato Mario Fabbrocino e poi Francesco Schiavone Sandokan e Giuseppe Lo Russo e Gaetano Bocchetti dell’alleanza di Secondigliano.

È passato quasi un quarto di secolo e siamo punto e daccapo. A dimostrazione, seppure ce ne fosse bisogno, che la camorra è il problema più drammatico di Napoli e ne condiziona tragicamente la vita quotidiana e le possibilità di normalità e di sviluppo. Questa è la realtà di Napoli e di gran parte della Campania, ma pare proprio che la gran parte dei napoletani e dei campani non se ne vogliano rendere conto: facendo finta di non vedere o sottovalutando irresponsabilmente questa tragica situazione. C’è poi l’ampia fascia di professionisti, consulenti e imprenditori vari che insieme alla camorra ci campa, e molto bene. E non si tratta di poche mele marce, ma di migliaia e migliaia di persone che spende e spande, e costituisce il principale motore economico di una città e di un’area regionale profondamente malate.

Questa è la situazione sociale e incivile di Napoli, da 50 anni a oggi, aggravata dal disgraziato processo di deindustrializzazione che ha trasformato i quartieri operai d’Occidente e d’Oriente in fortini e zone operative dei clan camorristici, ben presenti e attivi peraltro in tutto il tessuto cittadino, nonché provinciale. È diffusa la consapevolezza di questa tragica condizione? Per niente.

Sembra quasi che a preoccuparsene siano solo gli addetti ai lavori: magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, vescovi e preti. Latitante da molto tempo è quella che una volta si definiva politica, ora largamente ridotta alla cura degli affari propri. 

Si ignora anche che questa criminalità, sempre più globalizzata e impegnata contemporaneamente nelle più disparate attività criminali e nelle più varie imprese legali, è un fenomeno recente: ha poco meno di 50 anni. La camorra ottocentesca era tutt’altra cosa: sostanzialmente subalterna ai poteri dominanti e priva di qualsiasi centralità e preminenza nella società dell’epoca.

La giusta preoccupazione per la pandemia, che ha assunto peraltro caratteri ossessivi per la perenne esposizione giornalistica e televisiva, si congiunge ora con il desiderio comprensibile di riprendere finalmente una vita normale. Ma sembra proprio che il manto camorristico che avvolge Napoli e tanti altri centri campani venga largamente considerato come una sorta di condizione naturale cui è meglio abituarsi, tanto non c’è niente da fare. Ora se si aggiunge questa massa di fatalisti pret à porter ai tanti che con la camorra fanno affari o ci campano si completa il quadro della larga indifferenza di fronte a un dramma di questa portata.

Sparatorie, bombe, incendi, omicidi, faide sanguinose, da Ponticelli ai Colli Aminei, a Fuorigrotta, non scuotono più di tanto la sensibilità di un’antica metropoli che ha perduto la memoria della sua travagliata ma “nobilissima” storia e non riesce a trovare un senso alla sua esistenza, né una direzione alla sua indispensabile trasformazione. La drammatica condizione amministrativa della città e lo scenario incredibile nella sua immobilità della prospettiva del prossimo rinnovamento fanno tutt’uno con l’inesauribile attività criminale dei clan camorristici.

© RIPRODUZIONE RISERVATA