Napoli, prestiti della camorra per le aziende colpite dal Covid: la mappa dei clan

Napoli, prestiti della camorra per le aziende colpite dal Covid: la mappa dei clan
di Leandro Del Gaudio
Sabato 18 Luglio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 13:50
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Non solo usura, non solo prestiti a strozzo. No, la camorra dell’era covid ha fiutato il business e ha cambiato strategia. È pronta ad immettere capitale sporco nell’economia legale (mai come in questo periodo in ginocchio), offrendo credito anche a tassi non usurai, diventando un appiglio decisivo alla sopravvivenza di esercizi e imprese in difficoltà. Un modo per entrare nell’economia legale, per ripulire soldi sporchi, per controllare pezzi di mercato, senza per altro rischiare pesanti conseguenze penali. È questo l’allarme lanciato dalla Dia, nella seconda relazione semestrale del 2019. Una istantanea frutto del lavoro condotto a Napoli dal capocentro Lucio Vasaturo, che è in grado di mettere a fuoco l’ultima frontiera criminale napoletana. Ma di quale camorra parliamo? A Napoli agisce un doppio livello: quello superiore, dove trovano posto le storiche famiglie con una radicata incidenza nel tessuto sociale, pubblico ed economico (come i clan dell’Alleanza di Secondigliano e quelli consociati al cartello dei Mazzarella); e quello inferiore, dove si collocano gruppi meno strutturati a livello organizzativo e strategico, che agiscono su piccole porzioni di territorio. Sono due livelli collegati. E dietro l’azione di gruppuscoli criminali, che fanno notizia per stese, azioni teppistiche e predatorie, c’è il controllo della cupola delle grandi consorterie, capaci di sfoderare «resilienza» e di «mantenere stabile la propria capacità organizzativa». Ed è in questo scenario, ormai cristallizzato da anni, che si abbatte l’emergenza covid, con centinaia di attività economiche improvvisamente in crisi. 
 


A Napoli esiste una economia «parallela, molto competitiva», si legge nella relazione semestrale, «che si accredita verso la popolazione come unica fonte di reddito, mettendo in circolo soldi non necessariamente a tassi usurari». Ma in che modo avviene l’abbraccio tra economia pulita e strategia criminale? «Assicurando protezione e sostegno alle classi sociali più povere e alle imprese in difficoltà, i clan ottengono credito e la disponibilità, al presentarsi dell’esigenza, di poter ricevere sostegno, manovalanza e accessibilità a strutture e a professionalità imprenditoriali. Tale situazione potrebbe ulteriormente accentuarsi per gli effetti della pandemia dovuta al Covid 19, che ha colpito l’Italia dai primi mesi del 2020, impattando su un sistema economico regionale già sofferente». È un problema di welfare, di stato sociale, di assistenza dei più deboli, che - di fronte alle difficoltà dello Stato - vede la camorra primeggiare. E al di là dell’esigenza di ripulire capitali sporchi, c’è anche un problema di consenso, di fronte alla delicata stagione elettorale che abbiamo all’orizzonte. 

Scrivono gli analisti della Dia: «In Campania, pertanto, le endemiche sacche di povertà e la ridotta possibilità di disporre di liquidità finanziaria potrebbero ulteriormente rafforzare il ruolo delle organizzazioni criminali come welfare alternativo allo Stato e punto di riferimento sociale. A una fascia di popolazione tendenzialmente più povera, se ne andrebbe ad aggiungere un’altra, che inizia a “percepire” lo stato di povertà cui sta andando incontro. In tal senso, mettendo “in circolo” gli ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite, i clan potrebbero consolidare nel territorio il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo (da capitalizzare, ad esempio, anche in occasione di future competizioni elettorali), elargendo prestiti di denaro - non necessariamente a tassi usurari - a titolari di attività commerciali di piccole-medie dimensioni, creando i presupposti per fagocitare le imprese più deboli, facendole diventare, a loro volta, strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti». 

Altro dato indicativo della capacità di infiltrare soldi sporchi nel tessuto economico è ben evidenziato dai numeri dei beni sequestrati e confiscati.
Attualmente in Campania, sono in corso le procedure per la gestione di 2.360 immobili confiscati, mentre altri 2.623 sono già stati destinati. Sono, altresì, in atto le procedure per la gestione di 570 aziende, mentre 234 sono state già destinate. Si tratta di abitazioni, terreni, imprese edili, strutture ricettive e attività commerciali. E al di là delle infiltrazioni negli appalti e nei lavori pubblici, la droga resta il business numero uno, con la capacità dei clan di esportare e vendere anche in Lazio, Toscana e altre regioni del nord Italia. 

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