Camorra, la mappa dei murales dei clan: «A Napoli sono almeno cento»

Camorra, la mappa dei murales dei clan: «A Napoli sono almeno cento»
di Valentino Di Giacomo
Giovedì 4 Febbraio 2021, 23:45 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 07:09
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Cinquecento edicole votive e cento murales dedicati alla criminalità. È un censimento a grandi linee della situazione che si vive a Napoli e di quello che è stato ribattezzato «il santuario della camorra». I dati sono al centro di una ricognizione dell’arma dei carabinieri, in una inchiesta della Procura che è solo all’inizio (raccolti in prima battuta dal consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli). Manifestazioni del potere criminale che ora sono al vaglio di un pool di inquirenti ad hoc. Da mesi, anche grazie al Mattino, è stato acceso un riflettore su questi casi, stigmatizzati sia dal prefetto di Napoli Marco Valentini, che dal procuratore generale Luigi Riello. Segnali da non sottovalutare. 


Due giorni fa l’avvocato Rolando Iorio della famiglia del baby-boss Emanuele Sibillo - ucciso 19enne nel 2005 - ha spiegato che se si rimuovesse la cappella votiva dedicata al fautore della «Paranza dei bambini» la famiglia si ribellerebbe in tutti i modi». Un altarino sorto all’interno del palazzo di famiglia con tanto di busto in gesso che ricalca il volto di Sibillo. Mentre, nel frattempo, da mesi si discute dei murales disegnati per i baby-rapinatori Ugo Russo e Luigi Caiafa, rispettivamente ai Quartieri Spagnoli e a Forcella. Eppure nessuno è intervenuto per rimuoverli. L’unico atto formale da parte del Comune di Napoli è stato inviare una notifica di rimozione della gigantografia di Caiafa agli innocenti inquilini del palazzo su cui è stato disegnato il volto del 17enne. Un edificio storico in cui abitano cittadini che nulla hanno a che fare con la famiglia di Caiafa. Dalla Giunta de Magistris è arrivato solo un generico impegno a rimuovere i due murales, ma con l’impegno a trovare una nuova forma per ricordare Ugo Russo. 

Intervenuto in diretta a Radio Crc, il sindaco ha ribadito ieri di voler intervenire per rimuovere i murales dedicati ai baby criminali, ma di «voler evitare conseguenze ulteriori per la città». Quasi a temere ritorsioni o rappresaglie mentre pezzi di città vivono attraverso le proprie leggi, i propri codici. Un pensiero non così dissimile da quello manifestato dall’avvocato della famiglia Sibillo. Eppure resta altissima l’attenzione su questi fenomeni da parte della Procura napoletana e delle forze dell’ordine su questi fenomeni. 

Da tempo i dipartimenti Anticrimine monitorano queste forme di comunicazione da parte dei clan. Non solo altarini, ma anche scritte e graffiti. Codici utilizzati soprattutto dai giovanissimi del centro storico che ne fanno uso diffuso mutuando la cultura delle gang americane pure ascoltando lo stesso genere musicale che si sente Oltreoceano. A Forcella, ad esempio, non viene escluso dalle forze dell’ordine che la moltiplicazione di scritte inneggianti il baby-boss Emanuele Sibillo, con la sigla «E.S. 17» sia pure un messaggio che i baby-camorristi di piccoli clan vogliono dare al quartiere dopo che solo pochi mesi fa è uscito dal carcere il boss Michele Mazzarella. «Qui comandiamo ancora noi», vorrebbero significare. É una delle piste seguite per decifrare i sommovimenti tra i clan. 

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