Roma, funerale show Casamonica.«Ricatto ai politici per celebrarlo: minacciarono morti in strada»

Funerale show Casamonica, il superteste: «Ricatto ai politici per celebrarlo: minacciarono morti in strada»
Funerale show Casamonica, il superteste: «Ricatto ai politici per celebrarlo: minacciarono morti in strada»
di Michela Allegri
Giovedì 18 Giugno 2020, 00:39 - Ultimo agg. 17:39
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ROMA Un ricatto alla politica - «Hanno minacciato una guerra con morti per strada» - potrebbe nascondersi dietro al funerale show che, cinque anni fa, ha consacrato i Casamonica tra i gruppi criminali più potenti della Capitale. Le note del Padrino che risuonano altissime fuori dalla chiesa Don Bosco nel quartiere Tuscolano. Petali di rosa lanciati da un elicottero. E il feretro del capoclan, Vittorio Casamonica, che apre un corteo lunghissimo e viene trasportato da una carrozza trainata da sei cavalli. Immagini che nell'agosto del 2015 avevano fatto il giro di tutto il mondo. Era stato allora che il nome della famiglia di origine sinti era diventato un simbolo internazionale di criminalità organizzata. All'epoca, tutti avevano preso le distanze. Politici di ogni schieramento avevano reagito stupiti e arrabbiati. Increduli: nessuno capiva come fosse stato possibile organizzare un evento del genere per il clan della Romanina, che aveva agito indisturbato. Ma ora, tra le 467 pagine dell'ordinanza con cui il gip di Roma Zsuzsa Mendola ha disposto gli arresti nei confronti di 20 esponenti della famiglia sinti, emerge un retroscena inedito, su cui la procura - i pm della Dda sono Ilaria Calò, Giovanni Musarò e Edoardo De Santis - sta ancora indagando.

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«ABBIAMO IN MANO I POLITICI»
Una denuncia sporta pochi giorni dopo la messa-show, riportata in una recente informativa della Squadra Mobile, racconta che i Casamonica, all'epoca, fossero certi che le esequie di Vittorio Casamonica non sarebbero mai state intralciate. A parlare con gli inquirenti è Giacomo L., riferisce le parole che gli avrebbe detto un rampollo del clan: «Sei stato invitato a presentarti al funerale più importante di Roma, che si terrà giovedì a mezzogiorno». E, soprattutto: «Non avere paura a presenziare, perché chi deve sapere sa, abbiamo in mano tutti i politici, tutti gli schieramenti, e ci hanno assicurato che ci faranno celebrare la messa in serenità, dopo averli minacciati di far succedere una guerra e che ci saranno morti per strada». Il funerale, in realtà, non era solo un modo per onorare la memoria del defunto, ma era una dimostrazione di potere, un evento organizzato per capire chi sostenesse le famiglia della Romanina, chi fosse disponibile ad alleanze, chi avesse giurato loro vendetta. Tanto che non presenziare alla celebrazione sarebbe stato considerato un affronto: «Devi venire assolutamente, perché sarà il funerale più sfarzoso di tutti i tempi, con i cavalli, l'elicottero che lancerà dei petali di rosa dal cielo. Non ti preoccupare, ti invitiamo perché sei una persona perbene, hai la faccia pulita, ci sarà un corteo lunghissimo perché chi verrà celebrato è il re. Il funerale sarà così grande perché parteciperanno tante persone che non avranno più problemi con noi, infatti chi rende omaggio al re sarà degno di rispetto», si legge ancora negli atti. Poi, le minacce: «Se non verrai non mi ripresenterò io stesso, ma altre persone a cui non potrai dire di no. Abbiamo visto la tua macchina, ci piace molto e può accadere che sarai tu a consegnarci le chiavi se non vieni al funerale, e non potrai neanche presentare la denuncia di furto».

IL PRESTIGIO
Alle esequie, insomma, era di vitale importanza riempire le strade e le piazze. Per dare alla città, all'Italia intera e addirittura al mondo la dimensione del potere del clan. Era fondamentale che se ne parlasse, che il nome dei Casamonica diventasse conosciuto da tutti. «L'ostentata visibilità dell'evento - sottolinea il gip - è volutamente organizzata per accrescere il prestigio criminale dell'organizzazione». Sottrarsi alle richieste era difficile. Lo racconta il pilota dell'elicottero ingaggiato per spargere petali di rosa: ha dichiarato che, nonostante sapesse che si trattava di una pratica irregolare, aveva deciso di accettare comunque l'incarico. E ancora: la banda sarebbe stata praticamente obbligata a suonare le note de Il Padrino. Le parole di uno dei musicisti sono eloquenti: «Prima che cominciassimo un uomo con fare prepotente ha detto: Dovete suonare Il Padrino! e alla risposta dei suonatori, che evidenziavano l'opportunità di suonare una marcia funebre, intimava: Qui si fa come dico io. Ci sentivamo soli in una mareggiata, in forte soggezione». All'entrata della chiesa c'era il manifesto che è rimbalzato sui giornali di tutto il mondo: «Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso», il volto di Vittorio in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta Re di Roma: «Chiari indici di ostentazione di potere, di potenza e di controllo del territorio, rilevatori di un fenomeno mafioso», sottolinea il gip.
 



LE INTERCETTAZIONI
Tra i membri del clan, l'esaltazione per quell'evento era durata settimane. Soprattutto perché il nome della famiglia era rimbalzato da un lato all'altro del pianeta. «Mi ha chiamato una persona da New York, pure di là?» racconta un indagato intercettato. E ancora: «Non si è vista mai na cosa del genere, mai in tutto il mondo».

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