Centro direzionale, ciak si gira
set ideale da Corsicato a Elodie

Centro direzionale, ciak si gira set ideale da Corsicato a Elodie
di Diego Del Pozzo
Lunedì 8 Agosto 2022, 23:35 - Ultimo agg. 10 Agosto, 09:05
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Un Centro direzionale da rilanciare: il Comune ci crede e punta anche sul fattore cultura per ridare impulso al cuore moderno di Napoli. Lo ha ribadito, proprio in una intervista al Mattino, la vicesindaca Laura Lieto. E non sono mancate nei giorni scorsi proposte in tal senso, come quella avanzata in Commissione Cultura sulla possibilità di installare opere di arte contemporanea nella City. Un museo a cielo aperto tra le nuove, molteplici funzioni. Ma bisogna dire che le peculiarità architettoniche del Centro direzionale e quel suo essere contemporaneamente “dentro” e “fuori” Napoli hanno attratto il cinema italiano fin dalla metà degli anni Novanta, quando avvenne la consegna ufficiale dell’intera cittadella postmoderna progettata dall’archistar giapponese Kenzō Tange.

Tra l’apertura dei primi cantieri nel 1985 e la fine dei lavori nel 1995, però il nuovo quartiere inizia a popolarsi man mano, sia di uffici e negozi che di residenti che vanno ad abitare lì. Così, già nel 1993 il Centro direzionale fa da riconoscibilissima location per uno dei tre episodi di «Libera», il film d’esordio di Pappi Corsicato. Il frammento in questione s’intitola «Aurora», come la protagonista interpretata da Iaia Forte, che il regista cala tra le torri ancora in costruzione della cittadella di Poggioreale.

Aurora, infatti, vive in un appartamento situato ai piani alti di una delle nuove torri residenziali, dove fa la «mantenuta» di un uomo molto ricco e altrettanto losco. Quando passeggia lungo viale della Costituzione, alle sue spalle si intravedono le alte gru dei cantieri ancora aperti, mentre tutto intorno gli ampi spazi ne fanno emergere lo spaesamento, con quel tocco pop e surreale tipico del cinema di Corsicato. È durante queste passeggiate lungo l’arteria principale del Centro direzionale che Aurora s’imbatte in alcune coppiette impegnate a pomiciare e, un bel giorno, uscendo dallo shopping in una galleria commerciale, persino in un uomo morto, precipitato dal balcone di un grattacielo inaugurato da poco.

 

Nel corso degli anni, sono tanti i registi di cinema, serie tv, spot pubblicitari e videoclip musicali che per gli scenari delle loro opere scelgono lo skyline, gli ampi viali, i cupi e lerci sottopassi e le architetture vagamente bladerunneriane del Centro direzionale, a volte per immaginare ipotesi possibili di sviluppo urbano, altre per raccontare la morte di ogni possibile illusione, altre ancora per far emergere nelle loro narrazioni audiovisive il degrado morale e materiale tipico del genere crime o dei neonoir contemporanei, soprattutto con l’avvento del Terzo millennio. Vengono girati tra le torri della nuova cittadella episodi di serie tv campioni d’ascolto come «Gomorra», «I bastardi di Pizzofalcone», «Mina Settembre», «Mare fuori», ma anche sequenze importanti di film internazionali come «Heaven» del tedesco Tom Tykwer (quello di «Lola corre») nel 2002, col personaggio di Cate Blanchett, Philippa, che fa esplodere per errore una bomba in un ascensore proprio in una torre del Centro direzionale.
Nel 2008, poi, anche Pappi Corsicato ritorna nella location dell’esordio «Libera» e gira col suo stile inconfondibile quasi interamente nella cittadella del quartiere Poggioreale «Il seme della discordia», con la protagonista Veronica (è la brava e bella Caterina Murino) che vive lì, lavora in un negozio di abbigliamento, fa shopping in giro con un’amica e, a un certo punto del film, subisce anche un’aggressione. Un altro film nel quale il Centro direzionale funge quasi da coprotagonista è nel 2014 il noir «Perez.», secondo lungometraggio di Edoardo De Angelis dopo «Mozzarella stories». In questo caso, il regista di origini casertane utilizza volutamente le architetture di metallo e cemento di quel luogo per tradurre in immagini i tormenti dell’animo del protagonista, l’avvocato penalista interpretato da Luca Zingaretti, impegnato in un serrato confronto col figlio di un boss della camorra (Marco D’Amore) del quale s’innamora la figlia. La Napoli tradizionale resta sullo sfondo per quasi tutto il film, mentre sono proprio i grattacieli della cittadella a fornire l’atmosfera cupa e inquietante al racconto.

Video

Detto che, nelle settimane scorse, il filmaker Attilio Cusani, dopo decine di rapper, trapper e neomelodici. vi ha girato il video della nuova hit estiva di Elodie, «Tribale», e che «in assenza» il Centro direzionale si lascia immaginare anche nella prima e nella seconda stagione di «L’amica geniale», quelle ambientate negli anni Cinquanta e Sessanta (sorgerà, infatti, nella campagna che i tecnici degli effetti speciali «dipingono» sul green screen piazzato sul muro che delimita i confini del rione Luzzatti ricostruito negli Studios alle porte di Caserta), anche Mario Martone nel suo recente «Nostalgia» fa tornare a Napoli, dopo anni di assenza, il protagonista Felice interpretato da Pierfrancesco Favino utilizzando come filtro e porta d’accesso proprio le architetture postmoderne del quartiere. Verso l’inizio del film, infatti, Felice alloggia in una stanza asettica ai piani alti di un grattacielo del Centro direzionale, nella zona, cioè, che avrebbe dovuto incarnare il futuro della metropoli dalla quale fu costretto a fuggire da ragazzo. Il ritorno in città in età adulta e il progressivo riavvicinarsi alla propria «napoletanità» vengono, dunque, raccontati da Martone in parallelo col passaggio di Felice da quel luogo diventato negli anni «non luogo» al quartiere Sanità nel quale visse da bambino, facendo riemergere man mano l’anima più mediterranea di Napoli e riconciliando l’uomo con la sua città e con la propria identità.

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