«Il Centro direzionale di Napoli diventi un incubatore di imprese»

«Il Centro direzionale di Napoli diventi un incubatore di imprese»
Domenica 31 Luglio 2022, 23:45 - Ultimo agg. 2 Agosto, 09:04
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«Il Centro direzionale come grande incubatore di imprese». Nicola Di Iorio, segretario regionale Fmpi (Federazione medie e piccole imprese), che al Centro direzionale ha due sedi, guarda al presente più che al futuro e lancia la volata a quella che può essere la destinazione dell’intera area.

Come può trasformarsi il Centro direzionale? 
«Anni fa si decise di dare a Napoli un nuovo modello, difatti se si viene dalle spalle del Vesuvio e si arriva dall’asse mediano sembra più di entrare a San Francisco che a Napoli. Era una sfida alla modernità, che le amministrazioni dell’epoca ponevano alla città. Ed era una città non bella in quegli anni. È diventata poi turistica, legata al suo mondo enogastronomico, ma anche alla sua capacità di attrarre universi legati alla cultura. Napoli è un grande incubatore culturale e il Centro direzionale in questo contesto è sembrato in alcuni momenti diventare periferico. Credo invece sia servito per allocare uffici, aziende e soprattutto decongestionare il centro, in un momento in cui la città non aveva grandi arterie, la metropolitana e tutto ciò che in qualche modo potesse non appesantire Napoli. Stava assolvendo ad un grande ruolo».

E oggi invece? 
«La città è cambiata e deve cambiare anche il Centro direzionale.

Ha bisogno di diventare un incubatore di imprese e non è solo una cosa che tocca il Centro direzionale, ma tutta la città. Se non c’è una visione completa politica e amministrativa difficilmente possiamo immaginare luoghi di Napoli che possano legittimamente avanzare un credito verso lo sviluppo e la crescita. Ci sono quartieri che anche per merito dell’edilizia poi progressivamente sono migliorati. L’esempio più clamoroso è piazza del Plebiscito. All’epoca il sindaco Bassolino diede un’altra destinazione a quell’area, tra le più belle d’Italia e d’Europa. E ci sono tanti altri esempi».

Quali? 
«Faccio riferimento spesso a San Giovanni a Teduccio, dove grazie alla Federico II è nato un nuovo hub della cultura e della ricerca, grazie alla capacità di attrarre grandi marchi internazionale, penso ad Apple. Iniziative che stanno trasformando lentamente la città. E poi un quartiere più tradizionale di Napoli: Forcella. A via Carbonara oggi c’è uno degli alberghi più lussuosi della città, dove vengono le squadre europee di calcio quando giocano qui. Il Centro direzionale è legato a questa trasformazione. Certo si aspettano anche le nuove opere che collegheranno meglio la zona alla stazione e all’aeroporto. Ma la soluzione è a portata di mano: allocare centri nevralgici, istituzionali, la cittadella giudiziaria e gli uffici della politica, oltre alle grandi aziende».

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Di cosa c’è bisogno per parlare concretamente di rilancio del Centro direzionale?
«Alcuni elementi prioritari: sicurezza, restyling, più cura del verde. Il Centro direzionale è un mondo a sé, in alcuni orari sarebbe opportuno potenziare la vigilanza, e poi una riqualificazione dell’area limitrofa. Non c’è una destinazione chiara di quell’area. Il Centro direzionale deve essere il cuore pulsate della Napoli che guarda al futuro. Oggi non è più la città della pizza e del mandolino, è la terza piazza più importante d’Italia. In questo contesto costruire un nuovo “Pirellone”, dal mio punto di vista serve a poco, se non lo si immagina in un contesto più alto. Un esempio clamoroso viene dal Pnrr, che mette a disposizione tantissimi fondi per finanziare progetti sicuramente più importanti per Napoli, come quello della riqualificazione di Palazzo Fuga, il vecchio Albergo dei poveri».

Voi avete anche due sedi al Centro direzionale? 
«Sì, io ci lavoro tutti i giorni. La presenza al Centro direzionale degli elementi nevralgici dello sviluppo della città rappresento un punto di riferimento per le piccole e medie imprese di tutto il territorio regionale. Il Centro direzionale può svolgere un compito moderno e innovativo e fare da cerniera tra la parte costiera e la città».

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