Comuni, incontro decisivo al Mef: piano per scongiurare i dissesti

Comuni, incontro decisivo al Mef: piano per scongiurare i dissesti
di Marco Esposito
Venerdì 14 Maggio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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L’appuntamento è per questa mattina al ministero dell’Economia. Un incontro politico e tecnico al tempo stesso per mettere un punto alla vicenda, che si sta facendo imbarazzante per il governo, del fallimento di centinaia di Comuni per la ragione - in effetti paradossale - di aver applicato fino in fondo le leggi. A coordinare il tavolo è la viceministra dell’Economia Laura Castelli, protagonista già della precedente toppa normativa, quella per far fronte alla sentenza 4/2020 della Corte costituzionale e adesso impallinata dalla nuova sentenza, la 80/2021.

Ma il problema non è politico (la volontà di intervento è stata espressa da tutte le forze della maggioranza) bensì tecnico perché non si può scrivere una norma che non sia la fedele attuazione dell’intervento della Consulta. Il salvataggio, come anticipato dal Mattino nei giorni scorsi, dovrebbe prevedere un rinvio della scadenza dei bilanci, ora al 31 maggio, per dare il tempo materiale di applicare le nuove regole.

Ma la parte principale della soluzione passa per il riconteggio delle anticipazioni di liquidità, considerate come una posta “dimenticata” (anche se sarà difficile scriverlo in una legge) della riforma contabile del 2015. L’ipotesi cui si sta lavorando prova a interpretare la sentenza come un richiamo a considerare unitariamente i fatti finanziari connessi alle anticipazioni, avviate su uno schema precedente al 2015, con le modalità di avvio della nuova contabilità, appunto nel 2015.

Alla radice dei nodi sollevati dalla sentenza potrebbe quindi porsi l’ingiustificata separazione di trattamento tra le anticipazioni di liquidità (sostanzialmente ignorate, se non per il tentativo di utilizzare l’attivo da anticipazione a diminuzione del carico del Fondo crediti dubbia esigibilità, Fcde, poi messo in mora dalla sentenza 4/2020) e i principi della riforma contabile. Ciò vuol dire che il riaccertamento straordinario dei crediti e dei debiti dei Comuni si è applicato a tutto tranne che al Fal e, recuperando tale svista, il Fal entrerebbe in automatico nei ripiani trentennali, che è poi l’obiettivo dei Comuni.

Se la Ragionieria generale dello Stato valuterà percorribile questa soluzione, è ipotizzabile una revisione generale delle esposizioni aggiuntive dovute alla riforma contabile, comprensiva del ripiano delle anticipazioni di liquidità, ricalcolando i disavanzi come se il calendario fosse tornato indietro al 1° gennaio 2015. All’epoca la soluzione fu di spalmare gli effetti del gigantesco riaccertamento in tre decenni, ovvero entro il 2044, termine che la Corte costituzionale non ha mai messo in discussione nei suoi numerosi interventi sulla riforma contabile.

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Il pasticcio risale al 2013, quando lo Stato dopo aver massacrato i Comuni di tagli decise di dare una boccata d’ossigeno con un «anticipo di liquidità», ovvero dei soldi freschi, immediati, come anticipo future entrate, senza tener conto però che le entrate future dei Comuni erano solo presunte, per storici problemi di riscossione. In pratica il Fal, Fondo anticipo liquidità, non anticipava un bel nulla ed era un nuovo debito, per un importo in varie tappe da 5 miliardi, da restituire con gli interessi alla Cassa depositi e prestiti in trent’anni. Il pasticcio si è aggravato nel 2015 quando una leggina (il comma 6 dell’articolo 2 del decreto legge 78) ha consentito, e quindi di fatto invitato, gli enti locali a utilizzare una quota del Fal per ridurre l’Fcde, il Fondo crediti dubbia esigibilità. In pratica l’arrivo del Fal - un prestito, quindi nuovo debito - veniva artificialmente considerato un «risultato d’amministrazione», come l’incasso di una vincita alla lotteria, al punto da finire nei bilanci dei Comuni nella parte attiva, cioè nelle entrate. All’inizio del 2020 la Corte costituzionale ha cancellato quella leggina e obbligato i Comuni a sistemare correttamente il Fal nel passivo del rendiconto. Per attenuare l’impatto della sentenza 4/2020 è arrivata l’ennesima norma, così da consentire di distribuire in trent’anni gli effetti finanziari. Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza 80/2021, ha cassato pure questa possibilità, stabilendo che i tempi per il ripiano devono essere solleciti. 

I Comuni coinvolti nella vicenda dei prestiti del Fal sono 1.400 tra i quali i più a rischio sono Torino, Napoli e Palermo. Secondo stime di esperti di contabilità comunale, per 550 dei 1.400 municipi, non ci sarebbe alcuna possibilità di manovra per fronteggiare la nuova tegola sui conti e il 31 maggio ai sindaci non resterebbe che dichiarare il dissesto.
 

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