Coronavirus a Napoli, troppa gente in strada a Scampia: «Anche qui i militari»

Coronavirus a Napoli, troppa gente in strada a Scampia: «Anche qui i militari»
di Paolo Barbuto
Giovedì 19 Marzo 2020, 23:17 - Ultimo agg. 20 Marzo, 16:27
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Una lettera al Prefetto dai toni accorati, disperati: «Qui la gente non si convince a restare in casa. Per piacere mandate i soldati dell’Esercito a presidiare il nostro territorio». La firma è quella di Apostolos Paipais, presidente dell’ottava municipalità, il testo è stato condiviso e sottoscritto all’unanimità da tutti i capigruppo riuniti ieri in videoconferenza proprio per affrontare la delicata questione.  L’ottava municipalità comprende quattro quartieri: Piscinola, Marianella, Chiaiano e Scampia. In alcune aree di questi territori, non lo scopriamo oggi, per lo Stato è difficile farsi sentire, così anche nei giorni della paura per il contagio ci sono individui (la minoranza, ovviamente) che decidono di fare a modo loro. L’abbiamo visto con i nostri occhi ieri durante un lunghissimo giro di perlustrazione in tutta la città.

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A via Ghisleri nel cuore della mattina c’è così tanta ressa che il traffico si inceppa. Ci sono negozi davanti ai quali si accalcano persone, troppe e tutte incollate l’una all’altra. Le mascherine sono poche le chiacchiere tante, le persone si parlano addosso, la strada al contagio è bell’e pronta ma sembra che nessuno ci faccia caso. Ai piedi della Vela Rossa, verso mezzogiorno c’è un’ambulanza parcheggiata. Il personale sanitario è andato a soccorrere una persona anziana, pochi metri più avanti c’è un gruppo di almeno dieci persone, tutti uomini, che armeggia attorno a un’auto che forse è in panne. Nessuna protezione personale, lavorano uno addosso all’altro nel vano motore, uno vicino all’altro dal lato del bagagliaio che stanno svuotando. Il resto di Scampia, però, è deserto. Poche persone lungo le strade principali e distanze garantite di fronte ai negozi, del resto la municipalità ha stilato una lista delle vie dove le aggregazioni sono più tenaci, si va da via Monte Rosa a Corso Chiaiano, da via dell’Abbondanza a piazzetta Santa Croce, da via Moscati a piazza Nazareth.

Parte opposta della città. Soccavo, poco prima delle dieci del mattino. Anche qui le auto sono poche e la maggior parte degli abitanti rispetta il divieto di uscita da casa. C’è, però, una resistenza severa alle norme che si manifesta all’incrocio fra via Epomeo e via Montevergine, all’altezza della chiesa che è il simbolo di quell’area: una mamma avanza spedita con le buste della spesa, un bimbo bellissimo le trotterella dietro arrancando. Nessuno dei due indossa la mascherina, quella mamma s’è portata dietro il suo cucciolo sapendo di esporlo a un possibile contagio. Monta la rabbia. Proprio lungo via Epomeo la ressa all’esterno dei negozi di prossimità è esasperata. Niente distanza di sicurezza, tanta possibile condivisione del virus. A dire la verità nella zona ci sono anche tante panchine che vengono prese d’assalto soprattutto dagli anziani: fanno tenerezza, vanno a sedersi lì per osservare il mondo e sentirsi meno soli. Però quando le forze dell’ordine li sorprendono fanno la voce grossa e li mandano via.
 


La perlustrazione della città nella giornata di ieri ci ha permesso di avere un quadro puntuale della capacità di resistere a casa. In particolare le aree marginali presentano resistenza alla norma, probabilmente perché si tratta di zone lungo le quali i controlli sono meno assillanti rispetto a quelle centrali. Su via Toledo, ad esempio, ieri mattina i passanti si contavano sulle dita di una mano, anche nel Centro Storico la situazione era analoga e pure risalendo verso Posillipo le persone che abbiamo incontrato erano pochine. Un po’ più di folla lungo le strade del Vomero con tantissimi cittadini legati al guinzaglio di cani che non ne possono più di stare in giro e vorrebbero finalmente tornare alla pigrizia dei giorni in cui non era necessario per il padrone portarli in giro per avere una scusa di evasione.

Corso Secondigliano, tarda mattinata. All’esterno di un istituto bancario la gente si affolla, niente fila, solo un mucchio di persone affastellate. Passa una gazzella, accosta e scendono due carabinieri con guanti mascherina e voce grossa: «Signori dovete rispettare la distanza. Un metro l’uno dall’altro e quando arriverà il vostro turno entrerete. Non costringeteci a verificare l’autocertificazione di ognuno di voi». La gente abbassa gli occhi e si distanzia. Siamo ripassati lì dopo mezz’ora: i carabinieri erano andati via, le persone erano un’altra volta le une sulle altre. Situazioni analoghe ne abbiamo riscontrate anche a San Giovanni, Pianura, Miano. Scene più o meno identiche: busta della spesa con un solo prodotto all’interno e tante chiacchiere per strada. Abbiamo incrociato anche tante vetture della protezione civile con il megafono a tutto volume per chiedere alla popolazione di restare in casa. Ci siamo imbattuti, soprattutto, in decine di auto di carabinieri, vigili, polizia, pronte a sciogliere le comitive troppo vaste, a fermare auto per le verifiche. La questione è che quasi tutti hanno una buona scusa per stare in strada e non comprendono che quella “scusa” vanifica il sacrificio di chi rispetta le regole.
Ecco perché da Scampia hanno chiesto i soldati in strada: altrimenti la guerra contro i furbetti delle fughe da casa non si vince e si rischia pure di perdere quella contro il coronavirus.

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