Gli stereotipi nel racconto dell'epidemia a Napoli

di Nando Santonastaso
Sabato 14 Novembre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 08:00
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Si fa quasi fatica a credere che la Campania elogiata in primavera, dentro e fuori Italia, per avere saputo tenere lontano il primo assalto del Covid-19 sia la stessa che da settimane, ormai, è diventata il bersaglio mediatico per eccellenza del Paese. 

Nemmeno quando sono emersi nella loro gravità i sorprendenti problemi di organizzazione della sanità lombarda, da tutti additata a modello assoluto, si è registrato un fuoco di fila di accuse e polemiche così pesante e continuo. È sembrato in molti casi, nel rispetto sacrosanto di ogni diritto all’informazione, che non si vedesse l’ora di rinverdire e aggiornare giudizi e pregiudizi che evidentemente pochi mesi prima sarebbero apparsi quanto meno fuori luogo ma che, in realtà, aspettavano solo un’occasione per tornare alla ribalta. Si sapeva anche a marzo che la sanità campana aveva problemi a dir poco complicati di personale, strutture e affidabilità, specie a livello territoriale. Ed era noto a tutti che solo misure eccezionali come il lockdown anticipato dal governatore De Luca ben prima che lo decidesse il governo, mentre iniziavano a diffondersi i primi dati sulla pericolosità del virus, avrebbe potuto evitare il peggio.

Ma in tanti sapevano anche che non sarebbero bastati pochi mesi per attrezzare il sistema sanitario campano ed elevarlo ai livelli di qualità e ricettività capaci di affrontare con la stessa forza di marzo e aprile la seconda ondata. Ci voleva un miracolo, si è detto. Ma da queste parti, dopo anni di gestione commissariale, tagli di risorse e di personale medico e infermieristico da far paura, e uscite anticipate dal lavoro con quota 100 e dintorni, l’unico miracolo possibile era di contenere i danni. E i numeri, già perché per fortuna ci sono anche i numeri a spiegare ciò che in realtà accade, dicono che ancora oggi l’indice di mortalità da Covid-19 della Campania tra l’1 settembre e la giornata di ieri è rimasto il più basso d’Italia. Che il numero di decessi nello stesso periodo è di 481 contro i 2.043 della Lombardia, con una media di 6,5 al giorno contro i 28,3 dell’altra regione. E che complessivamente i positivi che si registrano qui sono quasi un terzo di quelli lombardi, pur essendo la Campania la regione con il tasso demografico più alto del Paese.

Difficile non credere a De Luca quando dice che senza i suoi provvedimenti, peraltro seguiti oggi da quasi tutto il Paese, governo compreso, questi dati sarebbero stati impensabili. 

Perché allora tanta pressione sulla regione che per prima in Italia aveva aumentato in pieno lockdown le pensioni minime ed erogato molto più in fretta di Inps e banche i sussidi possibili a imprese e famiglie in difficoltà? Perché tutto è stato spazzato via da un clamore mediatico che ha travolto, spesso, anche l’oggettività e la frontiera dell’equilibrio? È difficile, almeno adesso, trovare una risposta. C’entrano probabilmente ragioni politiche (i 5 Stelle non sono mai stati dalla parte del governatore, lo stesso Pd è apparso più volte freddo nei suoi confronti, per non accennare alla frattura insanabile con il sindaco di Napoli). E di sicuro De Luca non può essere esente da critiche, né gli ha giovato qualche scivolone mediatico, come nel caso della bambina al plutonio, di cui poteva benissimo fare a meno. Di più, la sua intransigenza caratteriale, nella stagione in cui occorrerebbe comunque ogni sforzo per restare il più compatti possibile, gli ha certamente alienato non poche simpatie. Ma nel clamore mediatico sollevato sulla sanità campana e sui suoi arcinoti limiti tutto questo c’entra relativamente. Si è preferito cancellare in un colpo solo il risultato di una stagione, forse persino troppo breve, di rigore e scegliere di dimenticarla in fretta. Non si spiegherebbe altrimenti perché nessuno sembra più ricordare le immagini dell’ospedale Cotugno diffuse in tutto il mondo come centro di eccellenza nella lotta al Covid, o il coraggio dei ricercatori napoletani nel dimostrarsi all’altezza dei loro colleghi milanesi sul terreno delle cure anti-contagio. Era e per fortuna rimane un’ottima sanità campana, quella. La stessa che senza proclami, guerre o polemiche, sta contenendo anche adesso la pandemia. Basterebbe bussare alla sua porta per sapere che c’è.  

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