Coronavirus a Napoli, il modello del Cotugno che piace all’Europa: nessun medico infettato

Coronavirus a Napoli, il modello del Cotugno che piace all’Europa: nessun medico infettato
di Paolo Barbuto
Mercoledì 1 Aprile 2020, 23:00 - Ultimo agg. 2 Aprile, 11:55
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Stuart Ramsay è il corrispondente di Sky International in Italia. Ha trascorso le ultime settimane visitando gli ospedali nel nostro Paese. Ovviamente è stato per lunghi giorni nel Nord dove il virus è esploso e dov’è concentrata la maggior parte dei contagiati. Poi Ramsay è venuto a raccontare quel che succede a Napoli ed è rimasto fatalmente colpito dalla visita all’ospedale Cotugno che ha raccontato ai telespettatori britannici come un esempio da seguire nella gestione ospedaliera durante la guerra al coronavirus: «Mentre nel Nord del paese la diffusione dell’epidemia ha colto di sorpresa tutti, in questo ospedale di Napoli le cose sono andate diversamente», spiega di primo acchito.

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Quel che ha colpito più profondamente l’inviato britannico è stata la meticolosa attenzione alla protezione del personale. Il titolo del suo servizio è proprio dedicato a questo dettaglio: “L’ospedale Covid italiano dove nessun medico è stato contagiato”. Il racconto in immagini e parole ammirate è un percorso breve ma estremamente puntuale, all’interno della struttura dove il giornalista ha notato un particolare che l’ha fortemente impressionato: «I percorsi per medici e infermieri sono nettamente separati: chi si è avvicinato al contagio non entrerà mai in contatto con gli altri fino a quando non avrà tolto le protezioni e si sarà sanificato. Per far rispettare le regole sui percorsi in questo ospedale vigilano le guardie giurate».
 

 

Mentre le immagini mostrano ai telespettatori internazionali un uomo in divisa che blocca un infermiere distratto, Ramsay racconta che fin dall’accesso il Cotugno è differente da ogni altra realtà italiana che ha visitato: «Per entrare passo sotto una macchina che sembra lo scanner di un aeroporto e invece è una macchina di disinfezione che ti ripulisce a fondo». Poi l’ingresso, con ogni protezione necessaria, all’interno dei raparti, e l’immediata consapevolezza che in questo ospedale le cose funzionano in maniera differente: «Siamo a un livello completamente diverso rispetto a tutto quel che abbiamo visto fino ad ora in Italia. Chiunque si avvicina a un paziente, porta maschere estremamente avanzate che sembrano maschere antigas, decisamente più avanzate rispetto a quelle che abbiamo visto negli altri ospedali; anche le tute ermetiche che indossano li rendono totalmente isolati».
 

Il giornalista non ha approfondito tanto da ricordare che questo fu il presidio per la lotta all’epidemia di colera del ‘73 ma spiega ai suoi ascoltatori che in questo ospedale le misure di tutela sono all’ordine del giorno perché qui si curano abitualmente infezioni serie, dall’Hiv alla tubercolosi: «Le regole qui sono ferree - spiega a Sky International il primario di pneumologia Parrella - separare i percorsi, imparare a indossare e togliere maschere e tute di protezione è fondamentale. Per chiunque lavora qui si tratta di un’abitudine naturale».

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Le telecamere riprendono un momento di concitazione, il soccorso a un paziente che viene effettuato rispettando tutti i protocolli di sicurezza. Poi c’è il primario di Fisiologia respiratoria, Giuseppe Fiorentino, che fornisce chiarimenti a una guardia giurata sui percorsi da far rispettare: «Negli ospedali del Nord c’è un alto numero di contagiati fra il personale sanitario perché non sono in grado di attuare questi percorsi di separazione», spiega il dottore che chiarisce a Ramsay: «Non è questione di colpe, è semplicemente un dato di fatto».

Il reportage si conclude con un messaggio: «C’è una maniera per fermare i contagi del personale ospedaliero, è quella che abbiamo visto qui a Napoli».

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