Coronavirus, Napoli esorcizza la paura ma è allarme in stazione

Coronavirus, Napoli esorcizza la paura ma è allarme in stazione
di Antonio Menna
Sabato 22 Febbraio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 14:45
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Non c’è isteria ma l’occhio è vigile e la tensione si sente. L’improvvisa impennata di casi italiani di coronavirus ha acceso anche a Napoli grande preoccupazione, soprattutto in chi viaggia. Ieri non si parlava d’altro alla stazione centrale. I treni da nord sono arrivati con un discreto numero di passeggeri, come sempre il sabato: lavoratori che nel week end scendono per tornare in famiglia. Molti con la mascherina protettiva. «Da Milano siamo saliti sul treno quasi tutti con una copertura sul viso – dice Roberto -; chi non aveva la mascherina usava un foulard, una sciarpa. Molti sono scesi a Roma. La preoccupazione c’è, soprattutto perché non è ben chiaro come ci si possa difendere. Ma le regole base vengono seguite da tutti». Nell’atrio della stazione, molti turisti indossano la protezione, e la lasciano sul volto anche quando varcano le porte a vetri e si avventurano verso piazza Garibaldi. «La richiesta è continua – dice il giovane farmacista di fronte alla libreria Feltrinelli -. Le mascherine le abbiamo finite in pochissimo tempo. Abbiamo venduto anche 350 flaconcini di amuchina, in un giorno solo. Chi prende il treno si prepara almeno con una profilassi di base. Non c’è allarmismo ma la preoccupazione esiste». 

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Alle 15.35, dal binario 23, parte un Italo per Milano. Lo prendono di corsa due signore eleganti che indossano la mascherina protettiva. «Abbiamo letto notizie preoccupanti – dice una delle due – e ci siamo premunite. Siamo in ansia? No, non abbiamo rinunciato al viaggio. Ma un po’ di attenzione in più sicuramente». Ai piedi del treno, ci sono ben sei addetti alle pulizie. «In genere siamo di meno – dice uno di loro -; il servizio è stato rinforzato. Non ci hanno detto perché, immaginiamo che sia per una ragione di prevenzione. L’igiene aiuta a combattere il virus». A tutti gli addetti di Trenitalia sono stati distribuiti kit con disinfettante e mascherina. Ma l’ordine è di indossarli solo se a bordo, durante il viaggio, ci dovesse essere un passeggero che accusa malori sospetti. La parola d’ordine è tranquillità. Nei bar della stazione si continua a servire il caffè in tazzine che poi vengono lavate. «Usiamo i monouso solo se ce lo chiede il cliente – dice un barista -. Le tazzine, però, sono sicure: le laviamo ad alta temperatura. Vediamo come evolve la cosa, la paura c’è». Per le strade della città, lungo il rettifilo, in piazza Borsa, in via Toledo, le persone con mascherina protettiva si contano sulle dita di una mano. E sono turisti. «Paura? – dice Giuseppe, commesso di un negozio di scarpe -. Più che altro c’è un po’ di confusione. Prima dicevano i cinesi, adesso pure gli italiani. Per fortuna a Napoli non ci sono ancora casi. Se arriva qui, secondo me succede il caos».
 

 

A Capodichino, nell’aeroporto, le persone che indossano mascherine protettive sono tante, soprattutto in gruppo, come per effetto di una emulazione. In tanti usano le fascette chirurgiche, che non proteggono molto ma tengono le vie respiratorie coperte. Altri hanno mascherine Fp2 e Fp3, quelle con i filtri, più importanti. Sono soprattutto turisti stranieri, che prendono voli internazionali. In imbarco c’è quello per Sharm el-Sheikh. Molti ragazzi partono per una vacanza di carnevale. «Non rinunciamo al viaggio – dicono Michele e Adele -. I rischi ci sono anche in Italia, ormai. Useremo delle cautele ma senza ossessionarci». Ai passeggeri dei voli in arrivo viene misurata la temperatura alla base dell’aereo, ma solo per le tratte internazionali e quelle in arrivo da Roma. «Per i voli da Milano – dice l’addetta al Primo soccorso interno – non abbiamo ancora avuto disposizioni. Ci arrivano circolari centrali da Roma. Possibile che le cose cambino. Psicosi? No, nessuno ha chiesto il nostro intervento. Ma il numero di persone con fascia protettiva sul volto è triplicato in due giorni». «Un cliente su due mi chiede di comprare la mascherina e l’amuchina – dice Francesco, addetto alle vendite di una tabaccheria a Capodichino -. Ne vendiamo tantissime. È un meccanismo scattato qualche settimana fa. Ma oggi è particolare. Prima le persone, forse stupidamente, si guardavano dagli orientali. Ma adesso? La preoccupazione, in verità, ce l’abbiamo pure noi che lavoriamo qui. Ci è vietato indossare la mascherina o altre protezioni che possano allarmare le persone. Però noi siamo qui tutto il giorno, con un grande passaggio di persone. Io tocco soldi, oggetti. Ci sentiamo un po’ indifesi, in verità. Per fortuna che non pare essere un virus troppo pericoloso». Nella farmacia dell’aeroporto, al piano di sopra, verso i gate di imbarco, prima del duty free, entrano tre ragazze. Chiedono delle mascherine. La farmacista mostra i tre tipi con i prezzi. La più cara costa 7 euro. Le ragazze non hanno dubbi. La scelgono e la indossano subito. «Abbiamo un volo per Malpensa tra un’ora – dice Michela, una delle tre -, sentiamo notizie allarmanti e abbiamo deciso di prendere questa protezione. Servirà? Speriamo. Dicono che bisogna seguire queste regole. Non ho solo paura di ammalarmi ma anche di finire in qualche quarantena. Non posso restare bloccata per giorni in un posto. Devo lavorare. Di questi tempi, anche fermarsi è un lusso».
 

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