Coronavirus, psicosi senza fine: ora il Mezzogiorno chiude le porte al Nord

Coronavirus, psicosi senza fine: ora il Mezzogiorno chiude le porte al Nord
di Gigi Di Fiore
Lunedì 24 Febbraio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 11:58
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Come una tragedia può capovolgere tutti gli stereotipi dei rapporti tra nord e sud d’Italia. Il Coronavirus fa contagi e tocca Lombardia e Veneto, proprio le regioni più produttive della penisola, quelle in prima linea sui referendum per il federalismo forti del loro primato economico e sociale. In tema di salute e di morti, c’è poco da fare ironia, anche se la stupidità si è fatta viva venerdì scorso allo stadio di Brescia, dove alcuni pseudo-tifosi urlavano «napoletani Coronavirus» senza avere ben chiara la realtà. Ma la psicosi e la paura stravolgono i valori e sembrano aver diffuso un razzismo alla rovescia, con il sud che sembra chiudere le porte al nord.

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Il primato del cordone sanitario è di Ischia. I sei sindaci dell’isola, tutti insieme, due giorni fa avevano firmato un’ordinanza per vietare lo sbarco ai turisti in arrivo da Lombardia e Veneto. Un provvedimento che ha avuto poche ore di vita, annullato dal prefetto di Napoli, Marco Valentini. Ma per un paio d’ore, sui moli isolani c’era stato il caos con aliscafi e traghetti fermati prima dell’approdo per consentire alla polizia locale di identificare i passeggeri e la loro provenienza. Un’ordinanza «ingiustificatamente restrittiva nei confronti di una vasta fascia della popolazione nazionale, non in linea con le misure del Governo» ha scritto il prefetto nella revoca. E il bus dei cento turisti lombardi che avevano prenotato due settimane di vacanze tra Ischia porto e Forio è potuto sbarcare.

«Non era un atto di razzismo, ma c’è bisogno, in questa fase di emergenza, di strumenti precauzionali» ha spiegato il sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino. Anche se è difficile identificare un generico untore seguendo il certificato di residenza.
 

 

Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ha fatto qualcosa di diverso. E stavolta appare una punizione a chi sceglie di lasciare la sua terra per studiare dove, oggettivamente, le prospettive per il futuro sono migliori. Così, Bardi ha disposto la quarantena per gli studenti lucani che, in questi giorni, per timore ma soprattutto per necessità legata alla chiusura delle principali sedi universitarie milanesi, tornano momentaneamente a casa. Quattordici giorni senza vita sociale per chi rientra in Basilicata da Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Liguria. In questo caso, però, la decisione è stata presa dopo una riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza con il prefetto di Potenza, Annunziato Vardè. Un’iniziativa che il premier Giuseppe Conte stigmatizzerà al punto tale da volere un incontro con tutti i governatori per stamattina: «Bisogna evitare che i governatori adottino fuori dalle aree di contagio iniziative autonome non giustificate. Non è possibile che tutte le regioni vadano in ordine sparso perché le misure rischiano di risultare dannose», sottolinea. In particolare il premier ce l’ha con il presidente delle Marche, Luca Ceriscioli, che era già pronto a decretare la chiusura delle scuole. Intanto da Milano, il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha criticato la decisione: «Ha senso per chi viene dalla zona Rossa, dove abbiamo bloccato la mobilità dei cittadini, ma generalizzare non ha senso perché significa fermare il Paese». E Bardi ha replicato: «Non siamo una regione non ospitale, vogliamo solo far fronte al flusso di studenti lucani che tornano a casa per la chiusura delle Università in questi giorni». È il cordone sanitario che richiama storie ottocentesche, quando per le epidemie di colera si cercavano gli untori e qualche sospettato finiva male. Ma sembra la separazione nord-sud, se proprio ieri c’è stato il caos nei collegamenti con la cancellazione di 28 treni dell’Alta velocità per la disinfestazione della stazione di Casalpusterlengo, snodo ferroviario alternativo dopo l’incidente del sei febbraio.
 

L’informazione globale, quella in tempo reale via Internet, moltiplica allarmismi e ansie. Le notizie diventano assolute, se non interpretate. E ognuno cerca difese. Il sindaco di Montecorvino Rovella, Martino D’Onofrio, proprio come avevano cercato di fare i sindaci di Ischia, ha ordinato ai suoi concittadini in arrivo da Venezia in bus di restare per 14 giorni a casa. E sempre in provincia di Salerno non gli è stato da meno il sindaco di Roscigno, Pino Palmieri, che ha fissato multe tra i 500 e i 5000 euro a chi non informa su spostamenti nelle regioni del nord interessate dal Coronavirus. Non c’è la multa, ma anche alcuni sindaci del Cilento, come Stefano Pisani di Pollica, «a scopo precauzionale» hanno invitato i concittadini a fornire notizie su partenze o arrivi dalle regioni settentrionali dove sono esplosi i contagi. Non è un sud prevenuto, ma è un sud in preda, come tutta l’Italia, a psicosi da Coronavirus. Per fortuna, nessuno è stato così stupido da farsi prendere da vero razzismo in epoca di scambi culturali e lavorativi. Anche perché le decisioni sono dirette soprattutto ai meridionali che tornano dal nord. Facile però immaginare che, se ci fossimo trovati a tragedia con aree invertite, qualcuno avrebbe dato sfogo ai luoghi comuni sul sud. Con la salute e i pericoli non si scherza. E tutti devono restare uniti e solidali.

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