Le terapie intensive al collasso, ipotesi choc: scelta in base all’età

Le terapie intensive al collasso, ipotesi choc: scelta in base all’età
Le terapie intensive al collasso, ipotesi choc: scelta in base all’età
di Graziella Mellina
Domenica 8 Marzo 2020, 01:21 - Ultimo agg. 16:32
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L’epidemia da coronavirus mette in crisi gli anestesisti e i rianimatori. Troppo alto è il numero dei pazienti che bisogna assistere, e davvero pochi sia i posti letto che i rianimatori in servizio.

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Di fronte al disagio, anche psicologico, che li sta mettendo a dura prova, la Società italiana anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) ha deciso così di mettere nero su bianco alcune raccomandazioni ad uso interno destinate a sollevare polemiche e a far discutere il mondo scientifico e non solo: in caso di condizioni eccezionali, di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, occorre “puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”.

Il che vuol dire anche che tra un paziente giovane e uno anziano - secondo il modo di vedere degli anestesisti - è meglio preferire il primo. In altre parole, in qualche modo, la categoria rivendica quasi il diritto di scegliere chi salvare e chi lasciare al suo destino.

LE FORZE
«Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in Terapia intensiva - sembra giustificarsi la Siaarti - Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone». Per evitare ulteriori complicazioni nella scelta, potrebbe far comodo poi verificare se il paziente ha pure fatto il cosiddetto testamento biologico, nel quale magari aveva esplicitato di non voler essere intubato.

«Deve essere considerata con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso eventuali Dat e, in modo particolare, quanto definito da parte delle persone che stanno già attraversando il tempo della malattia cronica attraverso una pianificazione condivisa delle cure».

Raccomandazioni etiche, dunque, ma soprattutto pratiche, che però, come spiega Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell’Aaroi-Emac, l’Associazione degli anestesisti rianimatori ospedalieri italiani emergenza area critica, non devono sorprendere affatto.

«Si tratta di indicazioni strettamente cliniche - spiega - editate per dare risposte a colleghi che in questo momento sono in una situazione di estrema difficoltà a fronte di una forte carenza di posti letto e di personale». Il problema si pone quando di persone a rischio ne arrivano contemporaneamente molteplici e il posto di terapia intensiva libero magari è soltanto uno, come sta ormai succedendo da tempo negli ospedali delle aree dove l’epidemia si sta allargando a macchia d’olio. E lo stress degli anestesisti, costretti spesso a turni continui, senza la possibilità di essere sostituiti, cede il posto alla rabbia e allo sfogo.

I TEMPI
«Più che il documento della Siaarti - dice Vergallo - dovrebbero indignare le parole per esempio del capo della Protezione Civile Borrelli, quando dice che la situazione è sotto controllo». E non basta a placare gli animi neanche l’invito del ministero della Salute ad aumentare il numero delle terapie intensive. «Queste strutture non si moltiplicano come i pani e i pesci», riflette con amarezza Vergallo. I numeri di posti letto in Italia di terapia intensiva sono circa 5 mila, ma secondo gli anestesisti ne servirebbero almeno 8 mila. Creare una nuova terapia intensiva, poi, non è cosa da poco. «Per farne una nuova, servono almeno 2 mesi».

I MACCHINARI
Si può sempre riconvertire un reparto, e i tempi si accorcerebbero, ma occorre comunque comprare i macchinari adatti e poi servono gli specialisti che sappiano come utilizzarli. Di anestesisti, ne servirebbero almeno altri 3-4 mila. Ma occorre fare in fretta. La richiesta di Aaroi-Emac e Siaarti è chiara: “Si rende necessario ampliare il reclutamento di personale specialista anestesista-rianimatore ai colleghi che hanno cessato il servizio e ai medici in formazione. Avere a disposizione tali professionisti permetterà di rafforzare le aree intensive dedicate alla cura delle complicanze respiratorie e sistemiche che l’epidemia virale in corso sta generando”.
 

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