Coronavirus Milano, scandalo tamponi nella casa di cura Trivulzio: «Niente test a medici e malati»

Covid 19. Trivulzio, scandalo tamponi «Niente test a medici e malati»
Covid 19. Trivulzio, scandalo tamponi «Niente test a medici e malati»
di Claudia Guasco
Martedì 14 Aprile 2020, 00:35 - Ultimo agg. 08:45
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Il bollettino quotidiano del Pio Albergo Trivulzio procede su due tragiche strade parallele. C'è il numero di pazienti morti, troppi per ricondurre tanti decessi all'età avanzata degli ospiti e alle loro patologie, e quello dei dipendenti infettati. «La domenica di Pasqua una collega infermiera di ventiquattro anni è stata portata in ospedale. Piangeva disperata, aveva la febbre a quaranta. Ha contagiato anche il fidanzato, pure lui ricoverato. Ora dicono che è colpa nostra, che abbiamo portato noi il virus in corsia, che ci hanno dato le mascherine il 23 febbraio. Ma non è così. Le mascherine ce le siamo dovute portare da casa e non hanno mai fatto tamponi, né a noi né ai pazienti», afferma un operatore sanitario.

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Chi lavora alla Baggina non ha dubbi sulle modalità con cui è esplosa l'epidemia: «Nessuna protezione personale, zero test sui contagi. Basta un caso in un reparto, portato dall'esterno dato che le visite dei parenti sono proseguite indisturbate fino a metà del mese scorso e noi sanitari ci muoviamo da un settore all'altro, e diventa una strage». A fine marzo i decessi tra gli ospiti erano 70, dal primo aprile a domenica scorsa i morti sono stati 73 e il numero complessivo sale a 143. Mentre almeno un terzo del personale è a casa con sintomi Covid o con virus certificato dal test. Il caso più grave è quello di un fisioterapista di 38 anni intubato in terapia intensiva, è diabetico e i dottori ce la stanno mettendo tutta per salvarlo. Grave anche un medico della struttura, non più giovane e già colpito da altre patologie. Ieri un'operatrice sanitaria ha comunicato che resta a casa perché ha febbre e tosse. «Tutto questo si sarebbe potuto evitare con una politica di contenimento del virus che non c'è stata. Del resto, senza tamponi come fai a sapere chi isolare?», accusa un dipendente del Trivulzio.

La questione, anche questa volta, parte da una direttiva della Regione. E' la delibera del 30 marzo che stabilisce: gli ospiti delle Rsa con sintomi simili all'influenza e Covid positivi di età superiore ai 75 anni con fragilità o patologie pregresse vanno curati nella stessa struttura e non in ospedale. Non è un obbligo tassativo ma una linea guida generale, «per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuto al trasporto e all'attesa in pronto soccorso». Una scelta che, secondo l'opposizione, «ha condannato centinaia di anziani per non gravare sul sistema ospedaliero». La delibera prosegue poi indicando le regole da seguire in materia di tampone, sia per gli operatori sanitari sia per gli ospiti. Deve essere effettuato con temperatura uguale o superiore a 37 e mezzo e a gestire prelievi e analisi sono le otto Ats, Agenzia di tutela della salute istituite nel 2015 dalla Regione al posto delle Asl. «Per l'esecuzione del tampone e l'invio ai laboratori di riferimento, le singole strutture ricevono da Ats l'indicazione del laboratorio cui si devono riferire, le procedure da utilizzare ed eventuali tutorial, al fine di effettuare il test in autonomia». Peccato che i tamponi, stando alle Rsa, non si siano mai visti. Prima non c'erano, adesso che ci sono va uniformata la regolamentazione tra le varie Ats, poiché ciascuna si muove in modo autonomo e, dicono i dirigenti delle strutture, «senza un unico protocollo regionale». Un esempio: una delle prime Ats ad agire è stata quella di Bergamo, e lo ha fatto solo venerdì scorso. Le Agenzie regionali stanno ricevendo le richieste di tamponi, per i dipendenti e gli ospiti, i casi più urgenti vengono accolti subito, gli altri finiscono in un elenco. Che, spiegano gli operatori sanitari del Trivulzio, «è una lista di positivi al Covid non ancora accertati che chissà a quanti pazienti e colleghi trasmetteranno ancora il contagio».

Alcune Rsa più virtuose hanno provveduto da sole, come le Residenze del Sole di Cinisello Balsamo: la struttura è uscita dai binari ufficiali della Regione e ha chiesto i tamponi direttamente agli ospedali Bassini e Sacco. Il Pio Albergo Trivulzio ha fatto sapere di non essere abilitato a effettuare i test e non si è rivolto all'esterno. Gianfranco Privitera, un ingegnere di 72 anni con la mamma ricoverata alla Baggina, ha lanciato una petizione su Change.org: «La pandemia di coronavirus non ci permette di vedere i nostri cari nelle residenze per anziani. Però sappiamo che muoiono in tanti tutti i giorni e nessuno ci dice perché. Vogliamo che a tutti gli ospiti e al personale del Pio Albergo Trivulzio e delle Rsa venga fatto il tampone di verifica del Covid-19. Vogliamo sapere come vengono curati. Gli anziani sono persone e non materiali di scarto. Lo vogliamo subito, è già troppo tardi». 

Ieri il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala ha annunciato: «Dal 3 aprile un provvedimento ha autorizzato alcuni laboratori, abbiamo una certificazione sui tamponi che possiamo fare. Siamo partiti dall'inizio dell'epidemia da tre laboratori e oggi siamo a 31. La nostra velocità di elaborare c'è, ma adesso mancano i reagenti». Ciò significa che la possibilità di realizzare test resta uguale. Prima non c'erano i tamponi, adesso i reagenti. Non solo: «Servono i tamponi per vedere chi è positivo, ma sono altrettanto importanti per vedere chi è negativo, persone immuni che possono tornare a casa e ricominciare una vita normale. E' un dato di fondamentale importanza». Gli anziani del Trivulzio sperano di esserlo altrettanto.
 

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