Napoli, la sfida dei commercianti: «Basta zona rossa, apriamo lo stesso»

Napoli, la sfida dei commercianti: «Basta zona rossa, apriamo lo stesso»
di Gennaro Di Biase
Venerdì 9 Aprile 2021, 00:00 - Ultimo agg. 10 Aprile, 08:04
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Tra proteste ed escamotage per “alleviare” le restrizioni. A quasi un anno e mezzo dalla comparsa della parola Covid nel vocabolario globale, la rabbia è enorme in questi giorni, nel mondo degli imprenditori napoletani paralizzati dal virus. Non si contano più le manifestazioni di insofferenza in città, come la scritta «basta rossa» comparsa a caratteri cubitali sulla vetrina di Carpentieri, lo storico negozio di abbigliamento di piazza Municipio, o le manifestazioni vera e proprie, come quella organizzata anche ieri mattina dagli operatori del mercatino nella zona di Antignano (dopo l’ennesima protesta al Plebiscito dell’altro ieri). Ma non c’è solo la piazza: in questo contesto di regole e divieti si fanno largo, in ogni settore e in ogni quartiere della città, strategie per continuare a lavorare nonostante i no imposti dalla pandemia: si ritirano gli ordini online in sede, ci si misura un paio di scarpe sulla panchina, ci si allena dietro la porta chiusa della palestra. 


LE STRATEGIE
Per le strade napoletane la maggior parte dei negozi ha le saracinesche alzate.

Anche accessori, gioiellerie e abbigliamento per adulti compresi (cui sarebbe imposta la chiusura in zona rossa), sebbene senza clienti all’interno. Alcuni di loro stanno aderendo alla protesta delle «mutande» e dei «casalinghi»: in sostanza gli imprenditori hanno allargato i rispettivi codici ateco per poter aprire e vendere articoli concessi dalle restrizioni anti-Covid (intimo per il settore moda e articoli per la casa per le gioiellerie). Ma non è tutto: i commercianti in queste ore si trovano all’interno dei locali anche per «i ritiri degli ordini online». «Chiuso, per spedizioni bussare», il cartello che si trova esposto, ad esempio, sulla vetrina di un’attività di moda in piena zona collinare. Funziona così: i clienti che hanno effettuato un ordine sul web, in più di un caso dal centro a Chiaia, si presentano a ritirare l’acquisto in sede, sulla soglia del negozio, così da abbattere anche i costi di spedizione. Tradotto: c’è chi si misura un paio di scarpe sulla panchina all’esterno dell’attività per poi decidere se chiedere o meno il reso. In questo senso, sono partite richieste per allestire spazi commerciali all’aria aperta, nelle adiacenze dei negozi. Cambiando settore, un altro stratagemma riguarda il mondo (in ginocchio) del fitness: «In tanti - spiega un titolare - stanno facendo associare i clienti alle federazioni per farle entrare in palestra come partecipanti di gare agonistiche. Bisogna trovare un modo per incassare: siamo con l’acqua alla gola». Boom di iscrizioni, dunque, alle federazioni sportive, per adulti e adolescenti, dalla ginnastica allo sport di competizione. Al novero degli escamotage vanno poi aggiunti i bar in città che hanno “colonizzato” gli spazi esterni, così da rendere più “confortevole” il take away per il cliente. Oltre la soglia dello stratagemma sono invece da considerare le prestazioni di barbieri, parrucchieri ed estetisti che lavorano a domicilio. 

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LA RABBIA
I limiti, protratti nel tempo, suscitano paradossi che alimentano la rabbia quotidiana tra i commercianti. Il Covid è uguale per tutti, a prescindere dai codici ateco: è questa considerazione, in particolare, a scatenare il malcontento degli imprenditori. Dopo oltre un anno di pandemia, determinate categorie economiche fronte-strada possono aprire in tranquillità. Per altre invece (moda e gioielli su tutte) si vive calati nella condizione di una zona rossa infinita. «La scritta “bastarossa” che abbiamo allestito all’esterno del negozio è un grido di protesta – spiega Pier Giorgio Di Nardo, dipendente dello storico negozio Carpentieri dal 1820 – perché l’economia è in ginocchio: è un paradosso che certe attività commerciali siano aperte e altre no. Librerie, negozi per bambini, articoli sportivi lavorano e noi invece siamo in una difficoltà immane, con oltre la metà del fatturato andato in fumo e i divieti che ci ostacolano la ripartenza. Dopo tutto questo tempo dall’avvento del Covid, queste disparità di trattamento non sono più ammissibili, perché il Covid non è in un posto sì e in un altro no. Sono tante, troppe le domande a cui nessuno ci dà risposte. Siamo esausti e non abbiamo più modo di andare avanti». Ieri mattina, inoltre, è stato di nuovo il turno dei mercatali, stavolta in zona Vomero Antignano-Casale de Bustis in presenza della polizia municipale. I commercianti, per circa un’ora, hanno preso posto dietro ai banchi vuoti. «Siamo di nuovo di fronte al controsenso – spiega Enzo Sinigatti, commerciante della zona di piazza degli Artisti – Nel mio locale vendo vari prodotti, ma allo stato attuale posso lavorare solo su articoli di cartoleria e poco altro. Poi in alcuni bazar cinesi, invece, vendono di tutto». 
 

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