Covid, ecco gli antivirali per le cure domiciliari: «Si guarisce in 5 giorni»

Covid, ecco gli antivirali per le cure domiciliari: «Si guarisce in 5 giorni»
di Ettore Mautone
Giovedì 3 Febbraio 2022, 21:08 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 09:03
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Covid, scatta l’ora delle cure domiciliari: ad accompagnare la convivenza con il Coronavirus ci sono ora i nuovi antivirali che affiancano i monoclonali ad uso non ospedaliero da impiegare rispettivamente entro 5 e 7 giorni dalla diagnosi. E intanto oggi all’Asl Napoli 1 sarà consegnata anche Paxlovid, la pillola che ancora mancava nell’armamentario contro il Coronavirus, una cura che dura cinque giorni. 

«L’accesso a questi nuovi e preziosi alleati - avverte Pina Tommasielli, medico di famiglia e componente dell’unità di crisi - potrà alleggerire la pressione e i flussi di pazienti in ospedale nei casi di infezione lievi e moderate ma a rischio di evoluzione in forme gravi. Il percorso è stato dettagliatamente pianificato dalla Regione ed abbiamo già iniziato con la somministrazione del Molnupiravir - aggiunge - è chiaro che ora si apre una nuova fase nella cura del Covid. Le terapie domiciliari diventano molto più efficaci e a noi e alla rete delle Usca viene affidato un compito cruciale sia per la segnalazione dei casi arruolabili sia per la cura. Potremo aiutare molti ospedali ancora sotto pressione».

Ma andiamo con ordine: il percorso inizia con l’accurata selezione dei pazienti. Per evitare inappropriatezze e lo sviluppo di resistenze. I farmaci sono indicati nei pazienti che presentano fattori di rischio. Indipendentemente dallo stato vaccinale avere più di 65 anni è un elemento importante ma la valutazione complessiva spetta ai medici di famiglia, alle Usca e a tutti i medici che entrino in contatto con un paziente Covid di recente insorgenza che accusa sintomi lievi o moderati.

I monoclonali (sono tre in formulazioni diverse) indicati per pazienti dai 12 anni in su che pesino almeno 40 chili, non ospedalizzati, senza supporto di ossigeno con sintomi e a rischio di progressione grave per obesità, dialisi, insufficienza renale, epatica, immunodeficienze, malattie degenerative. Il trattamento va iniziato entro 7 giorni dall’insorgenza dei sintomi ma negli Usa alcuni sono stati sospesi in quanto inefficaci contro Omicron. 

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Quelli disponibili sono Remdesivir, Molnupiravir e Paxlovid. Il primo utilizzabile tra 12 e 18 anni entro 7 giorni dai sintomi; il secondo dai 18 anni in su e in particolare negli anziani in quanto non interferisce con altri farmaci. Si usano 4 pillole al giorno al dosaggio previsto per 5 giorni a patto di iniziare entro 5 giorni dai primi segni di Covid. Segue uno schema diverso, ma altrettanto agevole, Paxlovid che però è da usare con maggiore cautela per l’interferenza con altre terapie in corso. L’arruolamento va fatto soprattutto a domicilio. Il medico di medicina generale o delle Usca segnala il paziente eleggibile inserendolo nella piattaforma informatica Sinfonia. 
Un gruppo di infettivologi autorizzati alla prescrizione (c’è un apposito elenco che fa capo al ministero) informa l’assistito e ne raccogliere il consenso informato. Sulla piattaforma regionale scatta un alert. Quindi spetta alle Usca la consegna del farmaco a domicilio a cui segue il monitoraggio dei medici di famiglia e delle stesse Usca. Un percorso diverso si attiva nei pronto soccorso dove può arrivare un paziente in cui il trattamento è indicato e dunque segnalato alla dimissione. La cura può iniziare subito o proseguire a casa. La dispensazione dei farmaci può avvenire per consegna diretta, a casa del malato, presso le farmacie dei distretti o alle farmacie di quartiere indicate dal paziente per il ritiro. 

Stilata infine una lista di priorità per i trattamenti: «In cima - conclude Bruno Zuccarelli, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli - ci sono, indipendentemente dallo stato vaccinale, gli immunodepressi con più di 75 anni oppure con più di 65 anni ma con almeno 1 fattore di rischio clinico e gli obesi a prescindere dall’età». Sul secondo gradino vanno i non vaccinati a rischio per età (più di 65 anni) o altri fattori indipendenti dall’età. Al terzo posto i non vaccinati o che hanno fatto il primo ciclo di immunizzazione da più di 4 mesi ma anche i vaccinati ad alto rischio (più di 75 anni o con più di 65 anni ma almeno una patologia). Infine i vaccinati a rischio per età (più di 65 anni) o per fattori clinici. In generale i soggetti che non hanno il booster dopo 4 mesi dalle seconda dose sono da considerare anch’essi nelle fasce di rischio.
 

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