Nozze, convegni, spettacoli: ​ecco chi non è mai ripartito

Nozze, convegni, spettacoli: ecco chi non è mai ripartito
di Nando Santonastaso
Domenica 11 Aprile 2021, 00:00 - Ultimo agg. 12 Aprile, 08:04
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Loro sono chiusi da un anno, fermi quasi del tutto, sospesi tra rabbia e rassegnazione. Non hanno o gestiscono attività essenziali, è stato detto, forse perché – sospettano molti addetti ai lavori- all’Erario dicono poco dal momento che, come nel caso delle palestre, orbitano nel Terzo Settore al quale, com’è giusto, sono garantite importanti agevolazioni fiscali. Ma i loro conti non per questo fanno meno paura: niente fatturato, zero attività, pochissimi (per chi li ha avuti) spiragli di riapertura e prospettive quasi inesistenti almeno a breve termine. 
Loro, ovvero i titolari di palestre, piscine al coperto, centri per lo sport, aziende per il tempo libero e il gioco legale, agenzie e società per l’organizzazione di eventi e del wedding (i matrimoni), noleggiatori e autotrasportatori non legati alla catena alimentare, tecnici e addetti allo spettacolo. Decine di migliaia di imprese per centinaia di migliaia di lavoratori che dopo un anno di inferno temono di viverne un altro, il 2021, sulla stessa falsariga, tra la speranza di ristori adeguati (che adeguati come si intuisce non lo saranno mai, al di là delle migliori intenzioni) e il dubbio di non poter ricevere nemmeno quelli. 

È un’Italia che fattura cifre importanti, che si fa presto a confinare in aree apparentemente marginali ma che in realtà ha un impatto in termini sociali, economi ed occupazionali (ancorché prevalentemente utilizzando contratti a tempo determinato o stagionali) a dir poco rilevante. C’è molto di lei nel totale delle perdite determinate dall’emergenza sanitaria all’economia italiana: secondo la Cgia di Mestre si arriva a 423 miliardi di fatturato in meno nel 2020 a fronte di ristori per 29 miliardi che, a conti fatti, garantiscono appena il 7% di copertura dei ricavi (il senso dei ristori, però, è coprire i mancati guadagni). «Non è possibile continuare a sostenere tutti i costi fissi delle nostre aziende senza un aiuto dello Stato» ha ripetuto anche di recente Massimiliano Pucci, presidente di As.tro, una delle Associazioni più rappresentative delle aziende del gioco legale. 

Il prossimo decreto del governo in materia di ristori atteso con ansia e un pizzico ancora di fiducia: ma è ovvio che la risposta più importante è legata all’evoluzione del piano nazionale di vaccinazione, alla prospettiva cioè di un ritorno almeno parziale ma duraturo alla normalità.
Ballano “rossi” in bilancio da far paura in questi settori, per non considerare l’impatto sociale e sulla qualità della vita delle chiusure. Prendete ad esempio le palestre: secondo l’Anpals, l’Associazione nazionale del settore, parliamo di un mondo di 100mila strutture e con più di un milione di lavoratori. E sono almeno 250mila i lavoratori dello spettacolo dei quali, come ha detto di recente Angelo Ciaiola, presidente di Agi Spettacolo, l’associazione dei lavoratori e professionisti del settore, sembra non importare niente a nessuno, con l’aggravante poi che da un po’ di tempo a fare concorrenza a competenze e professionalità ormai acquisite e riconosciute sono arrivati altri precari, «persone espulse dal mondo del lavoro anche per la pandemia e che cercano di guadagnare qualcosa nello spettacolo».


C’è solo l’imbarazzo della scelta quando si tratta di approfondire i singoli comparti in crisi. I matrimoni, ad esempio, crollati in modo vertiginoso nel 2020 (e quelli religiosi più di tutti, come di recente ha spiegato l’Istat). Pressoché azzerato dalla pandemia un giro di affari valutato in 15 miliardi di euro all’anno, con 83mila aziende coinvolte e un milione di lavoratori dell’indotto. Lo stop alle cerimonie ha colpito, oltre a tanti artigiani, anche liberi professionisti e lavoratori stagionali: stilisti, truccatori, parrucchieri, camerieri, chef, fioristi, fotografi, videomaker, musicisti, animatori e attrezzisti. E il 2021, su cui sembrava potersi ricostruire un minimo di ripresa, sta diventando una nuova delusione: «Il periodo si sta rivelando peggiore di quello dell’anno scorso dove il calo di fatturato è stato dell’80-90%. Per alcuni comparti, come quello degli abiti, c’era stata una leggera ripresa a gennaio e febbraio con qualche coppia speranzosa, ma poi il corso degli eventi ha fatto ripiombare tutti nel baratro» racconta Fabio Ridolfi, che da vent’anni organizza fiere del matrimonio dedicate a operatori e consumatori.

La filiera è ferma, i matrimoni per lo più rinviati al 2022, ricostruire un briciolo di ottimismo con questi numeri è decisamente complicato. 

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Fatturati pressoché azzerati anche per il settore dei convegni: «Meno 90 per cento - racconta Massimiliano Santoli, importante punto di riferimento in Campania per eventi e meeting -: nel nostro settore è rappresentata una filiera di valore impressionante: allestitori, servizi tecnici, hostess, steward, trasportatori, catering. Tutti fermi, una situazione ormai insostenibile. Abbiamo alle spalle un anno drammatico e non c’è alcuna esagerazione. Il 2021? Mi aspetto di ripartire a ottobre nella consapevolezza però che non sarà come prima. E anche la modalità televisiva, l’evento organizzato cioè in modo virtuale, serve al massimo a mantenere i contatti, a cercare di lavorare sia pure con fatturati molto bassi: ma di più non possiamo fare». 
 

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