Covid a Napoli, ospedali pieni: più assistenza a casa. Ed è già caos tamponi privati

Covid a Napoli, ospedali pieni: più assistenza a casa. Ed è già caos tamponi privati
di Ettore Mautone
Lunedì 19 Ottobre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 22 Marzo, 06:23
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Cure mediche, infermieristiche e diagnostiche domiciliari per i pazienti Covid al palo in Campania e ora l’Unità di crisi regionale per l’emergenza Coronavirus corre ai ripari. Dopo decine di riunioni susseguitesi per settimane in cui l’attenzione è rimasta focalizzata soprattutto sul versante ospedaliero - trascurando invece l’invito giunto da più parti a occuparsi di calibrare e organizzare in maniera più puntuale la presa in carico domiciliare attraverso la medicina territoriale, cruciale anello dell’assistenza per evitare di ingolfare la rete ospedaliera - arriva finalmente, dall’unità di crisi regionale, un documento di aggiornamento terapeutico e farmacologico per il controllo dell’infezione e la gestione del paziente Covid a casa. Sul fronte dei tamponi intanto, da 15 giorni autorizzati anche nei laboratori privati accreditati, emerge ora l’esigenza di rendere completo e attendibile l’elenco dei centri attrezzati a tale funzione vista l’esponenziale richiesta di esami da parte dei cittadini che si sono riversati in massa nei laboratori di ogni quartiere e di ogni provincia senza la sicurezza di accedere in una struttura realmente autorizzata. L’esigenza, espressa anche dalle associazioni di categoria, è di indicare con certezza l’elenco dei laboratori privati autorizzati ad effettuare i tamponi anche a fronte del dato che questi hanno assorbito in pochi giorni quasi la metà dei test giornalieri effettuati sul territorio regionale. 

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Ma andiamo con ordine: il nuovo documento redatto dall’Unità di crisi per l’assistenza domiciliare dei pazienti Covid stilato da un gruppo di lavoro formato da una dozzina tra funzionari regionali, medici e specialisti dell’unità tecnica regionale, è giunto alla quinta edizione. La prima risaliva al 24 marzo e l’ultima al primo ottobre. Alla lunga premessa, sulla natura del Coronavirus, sulla sua modalità di trasmissione e diffusione e sulle possibilità e opportunità di diagnosi e cura si dichiara senza mezzi termini, letteratura scientifica alla mano, che oggi le manifestazioni cliniche, dopo un’incubazione media da 1 a 5 giorni e fino a 14, sono spesso variegate e di difficile identificazione e sostanzialmente indistinguibili da quelle dell’influenza e tra cui solo la febbre rappresenta un elemento distintivo.

Una prima indicazione per la diagnosi differenziale è quella dell’uso di test antigenici rapidi su tampone di cui molti medici di famiglia si sono già dotati in virtù del basso costo e della relativa notevole affidabilità che fornisce responsi attendibili nell’80 per cento dei casi in 15 minuti. Ma non può certo bastare. In una dettagliata griglia viene indicato ai medici cosa fare e quali terapie e monitoraggi effettuare andando dalla fase dell’isolamento domiciliare senza sintomi, alla comparsa di sintomi lievi fino a quelli più importanti complicati dalla difficoltà respiratoria. L’armamentario è quello che abbiamo conosciuto finora: dalla cura dell’alimentazione, all’integrazione di vitamina C e complesso B fino all’uso di antibiotici, antiinfiammatori, cortisone, eparina e controlli della ossigenazione del sangue, prelievi, esami, valutazione dello stato generale in un gradiente di intensità che solo nei casi più gravi è destinato a impegnare il livello ospedaliero delle cure. Per la prima volta viene indicato chiaramente che la valutazione clinica domiciliare deve essere effettuata dalle Unità speciali di continuità assistenziali con l’eventuale supporto degli specialisti infettivologi. Gruppi di lavoro che in molte Asl sono ancora da organizzare compiutamente e che solo in alcuni casi risponde realmente alla regia prevista affidata ai medici di famiglia. 

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Sullo sfondo, a fronte della progressiva saturazione, al crescere dei ricoveri, dei posti di degenza messi a disposizione nella rete Covid, l’Unità di crisi regionale dopo aver tirato il freno alle attività di ricovero non urgenti, sia di tipo medico sia chirurgico, fa ora scattare lo stop anche a quelle ambulatoriali in ambito ospedaliero fatte salve quelle urgenti, di dialisi, radioterapiche e oncologiche. Un presupposto che farà lievitare le attività sul fronte delle strutture accreditate per le quali però in molte discipline si va verso l’esaurimento del budget e del tetti di spesa annui. Per quanto riguarda l’elenco dei centri privati che effettuano i tamponi la Regione è impegnata al continuo e progressivo aggiornamento della lista dei centri autorizzati ma dalle associazioni di categoria giungono denunce di incompletezza degli elenchi (autorizzati non indicati nella lista e viceversa strutture prive di requisiti invece inseriti nell’elenco) con strane e ingiustificate file rilevate davanti ad alcuni laboratori che farebbero migliaia di tamponi al giorno ma configurati come centri prelievo che non rispetterebbero dunque la capacità operativa di cui sono dotati e su cui, l’invito delle associazioni di categoria, è a vigilare. 

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