Covid, ecco perché non si possono dare lezioni all'Italia

di ​Carlo Nordio
Martedì 25 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo agg. 07:02
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Con una tempestività un po’ sospetta, numerosi mass media stranieri hanno dato dell’Italia un’immagine quasi catastrofica, enfatizzando l’aumento dei contagi e associandoli a fotografie, non proprio invitanti, dei nostri siti più famosi, a cominciare dal Colosseo. Come se quello che fu il teatro dei ludi gladiatori fosse oggi il ricettacolo di una inguaribile nazionale pandemia.

Ora, il nostro non è propriamente un Paese dove valga il principio “My country, wright or wrong”. Al contrario, spesso indulgiamo con compiaciuto masochismo a squadernare i nostri difetti. E anche noi, in questo periodo e in queste pagine, siamo stati prodighi di critiche: l’invasività burocratica, la lentezza della giustizia, la paralisi del Parlamento, via via fino a quei provvedimenti che ci possono imbarazzare proprio di fronte all’Europa. Ad esempio, con quale faccia chiedere aiuti economici quando le nostre risorse vengono sperperate con assistenzialismi a pioggia, compresi i bonus ai parlamentari? Oppure: come lamentarci che l’Europa ci abbandoni davanti alla ripresa dell’immigrazione clandestina, quando è proprio il nostro governo a lasciar sola la Sicilia?

Costringendo il suo governatore a provvedimenti discutibili sotto il profilo giuridico ma ben comprensibili sotto quello igienico e gestionale? E infine, come si può garantire una omogenea disciplina di tutela, quando persino in prossimità dell’apertura delle scuole mancano direttive sicure, mentre presidi e insegnanti sono esposti allo spettro delle indagini penali? E potremmo continuare. 

Tuttavia, se c’è un settore in cui l’Italia se la sta cavando meglio, molto meglio, del resto d’Europa e del mondo, è proprio quello della limitazione dei contagi. È vero che il loro numero aumenta, soprattutto per il rientro di turisti e lavoratori dai Paesi più a rischio e per il fallimento del controllo migratorio. Ma è anche vero che, rispetto agli altri stati, il nostro è - almeno per ora - quasi un’isola felice. I ricoveri ospedalieri sono pochi, quelli in terapia intensiva addirittura pochissimi. La stragrande maggioranza dei contagiati è asintomatica, e questo, a dir degli esperti, non solo per la giovane età degli infettati, ma soprattutto perché la nostra condotta prudente , nonostante qualche imperdonabile zingarata notturna, ha ridotto di molto l’aggressività del virus. Questo per il presente. Se poi guardiamo al passato, siamo stati più lungimiranti e virtuosi degli altri. Anche qui, abbiamo subito denunciato le contraddizioni e le esitazioni del governo, ma abbiamo anche affermato che se nel mondo dei ciechi il guercio è re, la nostra miopia ha trionfato sulla cecità altrui. I leader che hanno sottovalutato l’emergenza, da Johnson a Trump, hanno dovuto subire perdite immense. I Paesi che l’hanno ignorata, a cominciare dalla Svezia, si son dovuti ricredere dopo un’impennata di morti, mentre in Francia e Spagna l’epidemia ha ripreso a correre quattro volte più che da noi. Quanto alla Germania, di cui ancora non sappiamo se il conteggio dei decessi per (o con) il Covid segua i nostri stessi parametri, e quindi, in sostanza, se i numeri siano attendibili, anch’essa oggi assiste a una recrudescenza che la costringe a chiudere numerose scuole. In definitiva, basta guardare la mappa mondiale per concludere che, allo stato, il nostro è uno dei posti più sicuri del pianeta.

Perché allora questi attacchi faziosi? Probabilmente le ragioni sono due. La prima, che molti paesi continuano a nutrire un ingiustificato senso di superiorità nei confronti degli italiani, e sono insieme increduli e invidiosi dei nostri successi. La seconda, ancor più prosaica, si chiama turismo. Un’attività che mette in moto miliardi di euro, e che privilegia, ovviamente, i paesi meno contagiati. E’ un affare che spesso ha invogliato la stampa straniera a dipingerci talvolta come inaffidabili levantini, talaltra persino come mafiosi. Oggi, non trovando di meglio, ci dà degli impestati, compromettendo, in modo sleale, una delle nostre maggiori fonti di reddito. 

In tutto questo, ci duole dirlo, la nostra politica è assente. Essa non ha, è ovvio, il potere di influire sulla libertà della stampa; ma può influire sulla formazione delle opinioni, rivelando l’infondatezza dei dati e la tendenziosità dei pregiudizi. I nostri ministeri, a cominciare da quello degli Esteri, sono - o dovrebbero - esser in grado di agire efficacemente presso tutte le istituzioni pubbliche e private, che possono rassicurare i potenziali turisti stranieri. Non ci vuol molto. È sufficiente, come per i bilanci, fornire un’immagine veritiera e corretta di questo Paese, che una volta tanto si è comportato meglio degli altri.  
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