Damiano: «Tasi, contante, pensioni e Sud: si cambia»

di Nando Santonastaso
Domenica 18 Ottobre 2015, 23:11 - Ultimo agg. 23:32
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Cesare Damiano, presidente Pd della Comissione Lavoro della Camera ed ex ministro del Lavoro, ci va cauto sulla valutazione della manovra. «È complicata, va approfondita. Sono abituato a studiare i dossier per suggerire le correzioni. Non vorrei entrare nel solito tormentone "la voto, non la voto", "sto nel Pd, esco dal Pd". Come sempre vorrei dare il mio contributo per cambiare quello che non va. E non sono poche cose», dice.





A cosa si riferisce esattamente?



«Anch’io come Mario Monti, ed è la prima volta che mi trovo d'accordo con lui su un punto, ritengo sbagliato togliere la tassa sulla prima casa a tutti. Anche in questo caso non mi iscrivo al partito delle tasse o a quello che le vuole abbassare: togliere i balzelli è un bene, facciamolo però nel modo giusto come dice la Costituzione, con un principio di progressività. Io la tassa sulla prima casa la voglio pagare, non perché mi sento un buon samaritano ma perché mi sembra giusto contribuire a vantaggio di chi ha meno o non ha niente».



E allora cosa propone?



«Di fissare un tetto al di sopra del quale si paga. Così si risponderebbe anche al gran bisogno che c’è di risorse per le coperture».



La sinistra Pd è pronta a dare battaglia, si torna a parlare di scissione...





«Non si tratta di fare grandi appelli ma un emendamento. E, come è lecito, una battaglia parlamentare che, senza mettere in discussione l'impianto della manovra, corregga le cose che si ritengono sbagliate».



Ma secondo lei Renzi e Padoan sono ancora in piena sintonia?



«Mi creda: non lo so».



Il premier dice che tagliare le tasse è giusto: che ne pensa?



«Condivido che tagliare le tasse non è di destra ma c’è un modo di sinistra di tagliarle. Basta, appunto, mettere un tetto».



Cos’altro non la convince della Stabilità?



«La questione del denaro contante: sono un fervente sostenitore della moneta elettronica, perciò aumentare la disponibilità di contanti non mi pare molto europeo. Preferirei che, attraverso un accordo con il sistema bancario, si dotassero gradualmente e gratuitamente tutti gli italiani di una carta di credito».





Ma non sarebbe il caso, come propone qualcuno, di obbligare per legge anche i pos?



«Certo. Sento dire che quell’obbligo costerebbe perché le banche esigono un aggio poco conveniente. E allora anche in questo caso penso che si possano mettere gratis a disposizione di artigiani e commercianti. Dalla trasparenza fiscale arriverebbero risorse tali da pagare i pos e le carte di credito, e le banche si convincerebbero di avere attraverso questo sistema un vantaggio. Questa è la vera modernizzazione. La favola degli italiani che sono troppo anziani e non sono in grado di utilizzare la carta di credito o il bancomat lasciamola ai fratelli Grimm».





E sulle pensioni?



«Il governo ha sbagliato a non inserire la flessibilità in uscita.
Il premier ne ha parlato in varie circostanze, si corre il rischio di illudere e di deludere. Invece deve convincersi: si confronti con noi che abbiamo fatto i conti e gli dimostreremo che mandare in anticipo in pensione le persone che lo desiderano ha una serie di vantaggi. Se anziché a 66 anni si va a 62, è vero che c'è un costo maggiore per 4 anni ma è altrettanto vero che quell'assegno sarà più basso per due motivi: perché sarà tagliato almeno dell'8 per cento e perché a 62 anni si avranno meno contributi. E sarà decurtato per sempre. E visto che la speranza di vita media è 85 anni, tra i 66 e gli 85 anni sono 19 di risparmio. Il saldo quindi è zero e produrrebbe lo svecchiamento delle imprese, il meritato riposo per chi svolge lavori particolarmente usuranti e l'eliminazione del rischio di creare nuovi poveri. Inoltre con il turn over ci sarebbe anche l'ingresso di un maggior numero di giovani al lavoro».




«La Stabilità al Sud ha deluso molti, imprese in testa. Lei pure è rimasto insoddisfatto?



«Sicuramente il Sud non è uno dei pilastri di questa manovra. Bisogna onestamente ammettere che si tratta di un capitolo per troppo tempo dimenticato. Ci sono interventi aggiuntivi ma si tratta di poche centinaia di milioni e poi c'è una velocizzazione di risorse già disponibili per il Sud: questo non vuol dire che ci sia un investimento».





Si può almeno in parte rimediare?



«Dal momento che il governo, accogliendo una nostra richiesta - e io ho insistito molto su questo punto - estende gli incentivi per il contratto a tutele crescenti anche oltre il 2015, evitando un effetto-bolla nel caso in cui si fosse limitato solo all'anno in corso, e inoltre sceglie di abbassarne l’importo, si potrebbe puntare su un regime differenziato. Il nuovo incentivo più basso per le aree sviluppate e il vecchio incentivo per il Mezzogiorno. Inoltre bisognerebbe pretendere che duri per 3 anni e non solo per due».



Lei teme che durante il dibattito parlamentare il governo rischi qualcosa?



«Politicamente parlando la situazione è di movimento. Soccorsi, astensioni, appoggi esterni, se ne vedono di tutti i colori. Quindi non siamo in una situazione statica: ci saranno delle mosse non prevedibili. Non credo però che il governo corra dei rischi o che non riesca a varare questa legge. Ci sarà una battaglia parlamentare importante per alcune correzioni. Si tratterà di trovare un nuovo equilibrio che non comprometta i fondamentali della manovra».