De Laurentiis: «Napoli, è solo un momento no- E lo scudetto di Natale non conta»

De Laurentiis: «Napoli, è solo un momento no- E lo scudetto di Natale non conta»
di Pino Taormina
Mercoledì 13 Dicembre 2017, 23:06
8 Minuti di Lettura
Troncare ogni timore e sopire le prime incertezze che vive in questo momento il Napoli. E lo fa per primo da Aurelio De Laurentiis. Non si ferma mai, il numero uno del club azzurro: ieri sera da D’Angelo-Santa Caterina per la cena con la sua squadra e poi di nuovo a Roma perché c’è l’altra sua creatura, il cinepanettone in uscita, da coccolarsi. 

Presidente, quanto ci è rimasto male e quanto pesa l’esclusione dalla Champions League?
«Quando si perde, uno ci resta sempre male. L’eliminazione mi pesa perché a Rotterdam bisognava essere più concentrati. Quando è arrivata la notizia del City, non dovevamo perdere l’occasione di conquistare una vittoria in più per essere testa di serie nel sorteggio di Europa League. Abbiamo perso anche una parte del jackpot che avremmo potuto utilizzare per investire o nel settore giovanile o in qualche giovane prospetto».

Quale importanza può ora avere l’Europa League che lei non ha mai davvero amato?
«Negli ultimi tempi l’hanno valorizzata di più: però come la Coppa Italia rischia di togliere energie al campionato. Ma noi siamo il Napoli e il Napoli deve farsi sempre onore. Faremo di necessità virtù quindi giocheremo con tanti cambi e potremmo misurare il valore vero e totale degli acquisti che abbiamo fatto negli ultimi tempi»

Il Lipsia non è un avversario semplice?
«No, non lo è. Ma noi dobbiamo andare più avanti possibile in ogni competizione». 

Cosa sta succedendo al simbolo del suo Napoli, ovvero Hamsik?
«Ogni giocatore ha dei momenti no. Bisogna avere pazienza e bisogna non pretendere un risultato immediato da un grande calciatore che dobbiamo aspettare torni quello di prima».

Cosa pensa del poco utilizzo di alcune riserve come Ounas e Rog?
«Sarri è un fantastico allenatore, grazie a lui giochiamo in maniera diversa da tutti gli altri. I tempi di assimilazione del suo gioco sono più lunghi e Sarri è estremamente responsabile e non vuole distruggere un patrimonio del Napoli. Ma ora arriveranno i momenti in cui tra Europa League, Coppa Italia e campionato, tutti troveranno il loro spazio».

Berlusconi si dice suggerisse la formazione persino a Sacchi. Lei questa tentazione l’ha mai avuta?
«Sarri è più unico che raro e gli ho sempre dato il massimo della fiducia e quindi non posso insegnare a un maestro di quel tipo di calcio cosa fare. È lui che deve insegnarlo a me. E in tre anni mi ha insegnato tanto». 

La clausola da 8 milioni la preoccupa? O vede un lungo futuro con lui?
«Mai preoccupato di nulla nella mia vita. Reja, Mazzarri, Donadoni, Benitez dal rapporto con noi si sono avvantaggiati. E anche il Sarri si è elevato al rango di allenatore di primo livello».

Quindi?
«Io sono un uomo concreto, se gli altri vogliono rimanere con me sono più che ben accetti. E Sarri in particolare perché è una persona perbene».

A suo avviso, la squadra che vincerà lo scudetto in cosa dovrà essere superiore alle altre?
«Nella fortuna. Nel non avere incidenti. Abbiamo cominciato molto bene, poi sono arrivati gli infortuni di Milik e Ghoulam. I tifosi vorrebbero chissà quanti giocatori nello stesso ruolo. Ma non ci sono giocatori che sono la copia di un altro. Quindi pretendere che un terzino sinistro abbia le stesse caratteristiche tecniche di Ghoulam è pura follia». 

Perché questo momento particolare?
«Abbiamo sofferto in queste ultime partite perché abbiamo avuto una quantità enorme di impegni. Il problema è il format: troppe squadre, troppe partite, le nazionali, le amichevoli che non servono a nulla. Il giorno in cui ci sarà serenità totale si potrà avere un risultato che risponde agli investimenti. Altrimenti il fato potrà limitare sempre i risultati finali».

A che punto è la convenzione con il Comune?
«Questa sembra essere terra di nessuno. Una città piegata su se stessa, e per capirlo basta vedere la miopia di come si vogliono spendere soldi inutili per lo stadio San Paolo».

Cosa non va negli investimenti previsti?
«Prendere 4 milioni delle Universiadi per sistemare la pista di atletica per due settimane di gare è assurdo. Invece di abolirla e far avvicinare i tifosi al campo. Cantone dovrebbe dire: “ma siete matti?”. Ma investiamo in qualcosa di serio, programmatico».

Ma lei lo stadio lo farà da solo?
«Sto cercando terreni fuori da Napoli perché con questa amministrazione non si va da nessuna parte. Ho firmato un accordo con Auricchio durante il ritiro estivo con tanto di foto e stretta di mano ma io sto ancora aspettando le carte e non ho nulla. Mi sono stancato. Quando vedo De Magistris allo stadio lo saluto come un vecchio amico, ma non come il mio sindaco. Non c’è dialogo, non c’è rapporto. Ma è superficiale dire investiamo 250 milioni dello Stato a Napoli per le Universiadi dove c’è gente che fa fatica ad arrivare a fine mese».

Sabato c’è il Torino. Perché due anni fa non prese Mihajlovic?
«Perché in quei giorni mi stavo innamorando di Maurizio Sarri e vedevo e rivedevo le due gare che il suo Empoli aveva giocato contro di noi. Lo incontrai e mi diede un senso di serenità operaia e mi convinse della sua onestà intellettuale e della sua umiltà. E mi fece molto ridere quando disse: guardi che io le prime sei o sette le perdo. E questo mi fece mettere da parte tutti gli altri». 

Sarri ha ragione quando dice che non giocare ogni tre giorni è come se fosse un altro sport?
«Certo, gli allenamenti sono limitati. È vero».

Qual è la squadra che teme di più per lo scudetto? 
«Sono tutte squadre che possono avere un gioco di contenimento della forza del Napoli o di grande capacità di ripartenze». 

Perdere con la Juve in casa con gol di Higuain quanto l’ha infastidita?
«Higuain l’ho cercato e l’ho portato a Napoli. Non rinnego mai nulla. Ma non condivido il fatto che invece di andare a giocare in una qualsiasi squadra d’Europa, ha scelto di restare in Italia».

Arriva il mercato di gennaio: chi prende, presidente? 
«Per prima cosa, mi aspetto il ritorno di Milik. È come un toro dalle cui narici escono fiamme infuocate... il suo recupero darà un grosso aiuto a tutti. Inglese arriverà perché se dobbiamo giocare in Europa League, la Coppa Italia e il campionato più ne siamo e meglio è. Vogliamo rinforzarci anche sulle zone delle fasce laterali. Ma non è semplice perché a gennaio i migliori fanno fatica a muoversi».

Però c’è Vrsaljko che le piace? 
«Sì, ma è complicato. Il presidente dell’Atletico l’ho sentito al telefono da poco e mi ha detto che non me lo può dare adesso ma a giugno perché anche loro hanno molte gare».

Nomi a parte, i settori del campo dove volete intervenire sono questi?
«Sì, non dobbiamo fare molto altro».

Ma c’è ancora margine per il rinnovo di Pepe Reina?
«Reina è un napoletano doc. Dipende da lui se rimanere ancora e mettersi d’accordo con me...».

La sua porta è aperta quindi...
«Come sempre.. mai chiuso la porta in faccia a Reina».

La vicenda di Donnarumma di queste ore la infastidisce?
«Anche qui: facciamo un contratto-tipo uguale per tutti che darebbe forza al calcio italiano. Io sono da solo in certe battaglie».

Quale lo stato di salute del calcio italiano, fuori dai Mondiali?
«Dal 1996 non è stato possibile fare assimilare il concetto veltroniano della trasformazione dei club in società per azioni con finalità lucrative. I limiti messi dal fair play finanziario riguardano solo quelli che giocano in Europa. Quindi al massimo 6 società. Ma in Lega siamo in 20. Io non sono per tutte queste retrocessioni, per esempio. Io farei scendere solo una squadra, magari facendo giocare in un mini torneo l’ultima della serie A con le prime 4 della serie B. Io metterei a chi vuol stare in serie A un obbligo di investimento. C’è chi viene in serie A, si fa un annetto, se ne torna in B, ti fai un gruzzoletto e sali e scendi. Bisogna far crescere il valore del calcio italiano. Non usiamo calciatori italiani? Ma se abbiamo limiti assurdi per extracomunitari. In Portogallo e in Belgio non ne hanno».

La crisi della Federcalcio?
«Non dovrebbe neppure esistere. È un contenitore dove si distribuiscono le cariche e si piazzano le persone. Sono istituzioni che non hanno nulla a che vedere con l’industria del calcio».

La soluzione ideale?
«Una Lega calcio con rapporti diretti con la Uefa e con la Eca. In Inghilterra è così».

La squadra B le piace?
«Non mi dispiace. Ma il punto è un altro: Bisogna far crescere i nostri fatturati per prima cosa. Sennò non saremo competitivi con altri club d’Europa. Ma quanto incide sul bilancio di una società anche una squadra B? Però sarebbe interessante averla quando ho una panchina lunga e sposto chi non gioca nella seconda squadra».

Il suo ct ideale?
«Io per prima cosa toglierei le Under. Ci sono troppe nazionali. Io ne vorrei una sola. O uno molto giovane o una molto anziano». 

E chi è allora?
«Uno che non si faccia tirare la giacca o dal politico o dal club. Anziano? Heynckes o Fergusson non li vedrei male. Oppure proprio Arrigo Sacchi se avesse voglia di ritornare».

A proposito di Sacchi, ha detto che lei spende poco.
«Perché non è stato nel calcio Napoli come azienda e non conosce i nostri investimenti degli ultimi tre anni».

Il museo del Napoli al Mann dal 22 dicembre è un altro passo in avanti del suo club?
«È la prova generale di quando un domani avremo uno stadio nostro. L’attività museale è particolare, piena di specificità. È un bel banco di prova». 

Sono giorni importanti anche perché da oggi al cinema c’è il suo Super Vacanze di Natale. Quanto si è divertito con suo figlio Luigi a ripercorrere i 35 anni del Cinepanettone?
«65 ore di film da vivisezionare e scrivere un altro copione che non ha nulla da vedere con quello che si può trovare su Youtube. È come se fosse un film nuovo».

Con il presidente Cairo c’è sempre l’idea di un canale tv?
«È probabile che già oggi la Fox possa passare alla Disney facendo nascere un altro grande colosso dell’informazione e della comunicazione. Bisogna attendere: ed è per questo avevo chiesto di non avere fretta a vendere i diritti del calcio all’estero e per lo stesso motivo non bisogna assegnare il mercato domestico che potrebbe trarre vantaggio da questa nuova situazione».

Primi a Natale può essere un buon titolo per un film?
«Quel che conta è esserlo alla fine. Usciamo da un periodo con tanti impegni che ci hanno portato fatica fisica e mentale. Sono certo che adesso ci rialzeremo. I tifosi siano tranquilli: quello che conta è essere primi a maggio». 
 
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