Le regatine di Dema mentre la città affonda

di Adolfo Scotto di Luzio
Domenica 30 Giugno 2019, 00:00
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Sessanta barchette, che si danno appuntamento davanti alla rotonda Diaz, si allontanano 300 metri dalla costa e, in vista di Palazzo Donn’Anna, girano e tornano indietro. Una gita in mare che dura tre ore, dalle dieci e mezza a ora di pranzo. Giusto in tempo per tornare a casa davanti ad un bel piatto di spaghetti con le vongole e un bicchiere di vino bianco freddo. È stata tutta qua l’adesione napoletana alla giornata mondiale del rifugiato. Una prova patetica, l’ennesima, di un sindaco fallito che le tenta tutte per trovare una scappatoia politica alla propria incapacità amministrativa.

De Magistris scappa letteralmente da Napoli, sperando di trovare nello specchio d’acqua che la bagna un riscatto che non arriva, dopo una giornata, l’ennesima, in cui lui e la sua squadra di amministratori hanno dato ancora una volta prova di cosa diventi una città complessa e difficile come Napoli affidata in mani inette. 
Il traffico impazzito, un dispositivo sbagliato, un assessore palesemente inadeguato, l’immondizia che torna ad accumularsi per strada, se non nelle vie del centro di certo nella solita periferia, trattata come una pattumiera a cielo aperto: tutto questo sullo sfondo di un impegno internazionale in cui la città è sicuramente sovraesposta.

Ben altra avrebbe dovuto essere la risposta del sindaco. Che puntualmente non è arrivata. De Magistris non ama Napoli, sicuramente non più ha voglia di amministrarla se mai l’ha avuta, di certo non lo sa fare. E ormai trasforma ogni occasione in un tentativo di evasione.
Dopo il venerdì nero del traffico cittadino, il sindaco sarebbe dovuto restare a Palazzo San Giacomo, riunire i suoi, capire cos’è che non aveva funzionato e provare a porvi rimedio. 

E invece, come se niente fosse, è salito su una barca a vela per una piacevole regatina in una calda giornata d’estate. Un atto di diserzione civile in piena regola, che dà il segno del senso di responsabilità che caratterizza l’attuale sindaco di Napoli. 

Questo tradimento, questa bugia che de Magistris pronuncia contro la sua città non è tuttavia l’unica cosa che la vicenda della piccola flottiglia pro migranti permette di osservare. Nell’estate che vede cadere il trentesimo anniversario dell’assassinio di Jerry Maaslo nelle campagne di Villa Literno, De Magistris va in barca per opporre al ministro dell’Interno lo spirito di una città accogliente e multietnica. Non è bastata la sconfitta della sinistra capeggiata da un manipolo di professori universitari che aveva fatto del «modello Riace» la sua nuova bandiera. De Magistris continua ostinato su questa strada, dando prova di non conoscere la condizione della forza lavoro agricola di colore nelle campagne del casertano, il caso Rosarno in quella stessa Calabria solidale di Mimmo Lucano. Ignorando l’assassinio di Soumayla Sacko proprio un anno fa, ancora in Calabria, e la rivolta dei braccianti della piana di Gioia Tauro, che ne è scaturita. Voci nere di uomini esasperati. Ignorando insomma le condizioni di estremo sfruttamento in cui sono tenuti i lavoratori migranti. E questo non in qualche roccaforte leghista della provincia settentrionale italiana, ma in quel Sud mediterraneo, aperto e solidale, tanto decantato dal sindaco di Napoli. Dove però i rapporti sociali, quella che la sinistra un tempo chiamava la lotta di classe, si manifestano ancora in forme estremamente brutali, aggravate se possibile da quella forma di estrazione violenta e illegale del plusvalore che è la malavita organizzata, da sempre padrona delle campagne del Sud d’Italia. 

Sta qui allora l’altra menzogna di De Magistris. Il tentativo di «scaricare fuori» la sofferenza dei migranti, di attribuirne per intero la responsabilità al ministro dell’interno, alla sua retorica dei porti chiusi. Contrapponendo all’egoismo nordista del capo della Lega la generosità del Mezzogiorno d’Italia. Come se le terre del Sud fossero quel paradiso multietnico e multiculturale, la festa colorata e permanente fatta di incontri, ibridazioni e fertili contaminazioni culturali, che troppo spesso si racconta.
Il risultato di questa doppia serie di bugie non tarda a giungere a verifica. Una città abbandonata a se stessa fa da sfondo ai tentativi politici puntualmente falliti di un amministratore giunto con troppo anticipo al capolinea.

Ogni volta De Magistris si presenta in scena con i panni più diversi. 
Il giustiziere, l’arruffa popolo, il capo di un partito che non c’è. Ora anche come rappresentante delle Ong specializzate in operazioni di salvataggio in mare al largo delle coste del mediterraneo meridionale. Tutto pur di non prendere atto della sua clamorosa inettitudine come sindaco. Altri due anni così non li si augurerebbe nemmeno al proprio peggior nemico.


 
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