Ma la città resta sospesa

di Vittorio Del Tufo
Giovedì 30 Ottobre 2014, 23:35 - Ultimo agg. 23:39
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Una delle prime foto pubblicate su Facebook dopo la notizia del reintegro ritrae Luigi De Magistris mentre, con un sorriso beffardo sul volto, rientra nella sua stanza a Palazzo San Giacomo, come per dire: «E allora? Dove eravamo rimasti?». Già, dove eravamo rimasti? Dopo un mese in cui non solo De Magistris, ma l’intera città è rimasta in un limbo, sospesa sul vuoto di una drammatica impasse, cosa dobbiamo aspettarci dal sindaco «liberato»? L’ordinanza con cui il Tar Campania restituisce a De Magistris i pieni poteri, facendo cessare la sospensione scattata dopo la condanna in primo grado per il caso «Why not», mette in discussione la legittimità costituzionale di una legge che non abbiamo esitato a definire sbagliata e punitiva. Perché trasforma un criterio condivisibile di opportunità politica - quello, per gli amministratori, di mettersi da parte in attesa della conclusione di un giudizio - in un’esclusione automatica. Ma le leggi vanno rispettate sempre, anche quando non piacciono o non convengono. De Magistris, che contro quella legge ha avuto invece una reazione rabbiosa, esacerbata, da tigre ferita, oggi può ben rivendicare il diritto di ripartire daccapo. Appunto: da dove?



A stringersi attorno al redivivo sindaco sarà quella stessa maggioranza che ha fatto del calcolo politico e dell’opportunismo il proprio collante. Una maggioranza liquida e sfilacciatissima, composta da gruppi, gruppetti e cespugli ormai privi di ogni contatto con la città reale. E che oggi può gioire e può restare a galla solo perché le opposizioni hanno miseramente fallito.



E un Pd diviso e senza leadership non ha trovato né i numeri né l’autorevolezza per darle la spallata finale. Questo va detto non per smorzare l’entusiasmo di quanti, in queste ore, si rallegrano di aver evitato una fine anticipata e ingloriosa della consiliatura, ma per un esercizio di verità che il teatrino del trasformismo politico andato in scena nelle ultime settimane non può nascondere. Per dirla in altre parole: se debole era l’azione politica di De Magistris e del caravanserraglio che sosteneva la sua giunta prima del disarcionamento, nulla autorizza a credere che il progetto arancione trovi, oggi, un nuovo e repentino slancio.



La decisione del Tar regala a Napoli, dopo un mese di suspance, almeno una certezza: il sindaco torna in pieno possesso dei suoi poteri. Ma quali certezze il sindaco è oggi in grado di offrire ai napoletani? Reintegrato ma pluricommissariato, con quindici teste, tra assessori e manager, cadute in quaranta mesi, con una squadra di governo che tra licenziamenti, rimpasti e porte sbattute ha mutato faccia rispetto alle origini, insomma con tali e tante zavorre avrà, De Magistris, la forza per riprendere virtuosamente in mano l’agenda amministrativa e portare a compimento anche uno, uno solo degli impegni assunti con i cittadini? La città era e resta allo stremo. Il disastro del ciclo dei rifiuti, con la differenziata vergognosamente al palo, reclama un’assunzione di responsabilità che è finora mancata; il futuro di Bagnoli richiede una capacità e un potere di interlocuzione con il governo centrale che De Magistris ha progressivamente smarrito; lo scandalo delle cartelle pazze della Tari proprio in questi ultimi giorni ha evidenziato, qualora ce ne fosse stato bisogno, la debacle della macchina burocratico-amministrativa; l’integrazione del capoluogo con la città metropolitana si è avviata tra accordi di misero cabotaggio senza che una sola idea, un solo progetto siano apparsi visibili ai cittadini. Riuscirà il sindaco a imprimere alla sua azione amministrativa quello slancio che finora è mancato e di cui la città ha disperato bisogno? Gli insuccessi a catena degli ultimi anni autorizzano più di un dubbio. E aver deciso, nel giorno del reintegro, di far calare altro gelo nel rapporti con il Quirinale non pare il modo migliore per recuperare smalto istituzionale.



Ma lo stesso declino racconta anche l’azione dei partiti, la cui «sospensione» purtroppo non è l’effetto di una sentenza o di una legge ma pare ormai una malattia endemica della classe dirigente cittadina. Afflitta da un egoismo che la condanna a goffi calcoli di convenienza e riposizionamenti, pur di conservare strapuntini e rendite. Nell’illusione, a cui questa ordinanza del Tar offre involontaria linfa, che i problemi e i ritardi non presentino mai il conto.