La vergogna dei trasformisti in fuga da de Magistris: non votateli

di Gerardo Ausiello
Lunedì 23 Agosto 2021, 15:00
4 Minuti di Lettura

C'era una volta la Politica, quella dei valori e delle ideologie, quando si era disposti anche a pagare un prezzo alto per difendere le proprie idee e portarle avanti fino in fondo, con determinazione, coerenza e senza compromessi. Non è una riflessione nostalgica ma un'amara constatazione della realtà che ci appare in tutto il suo cinismo.

Quella politica non c'è più e oggi, da cittadini, siamo costretti ad assistere a uno spettacolo indecoroso. Non sono i soliti cambi di casacca, che pure non sono mancati in passato anche se mai si era raggiunto un tale livello di spregiudicatezza e spudoratezza. A stupire, nella folle corsa alla candidatura che si è scatenata in questi giorni a Napoli, è il modus operandi di una classe dirigente per la quale il fine non solo giustifica il mezzo, ma va raggiunto con qualunque mezzo. Ecco che consiglieri e assessori della fallimentare esperienza arancione - basti guardare il livello in cui i servizi, dal trasporto pubblico al verde al decoro urbano, sono precipitati negli ultimi anni - perso ogni freno inibitorio, si sono gettati in una specie di mercato delle vacche vendendosi al miglior offerente. Come se fossero marziani appena arrivati sulla terra, come turisti sbarcati in un luogo esotico sconosciuto e non consiglieri e assessori di una delle città peggio amministrate del Paese.

E la cosa che, se possibile, sorprende ancor di più è che a questi personaggi in cerca di una nuova collocazione politica non sia stata sbattuta la porta in faccia, come sarebbe stato logico e prevedibile. 

No, i transfughi, i trasformisti dell'ultima ora, «gli omuncoli col cappello in mano» come li ha a buon diritto definiti Luigi de Magistris, hanno trovato portoni spalancati e tappeti rossi da parte praticamente di tutti i candidati sindaci: l'ex rettore Gaetano Manfredi, il pm anti clan Catello Maresca, l'ex sindaco Antonio Bassolino. A farne le spese è stata Alessandra Clemente, anche lei assessore uscente, rimasta praticamente sola: una circostanza che dovrebbe farla riflettere sulla marginalità di una battaglia elettorale che, prima ancora dell'apertura delle urne, è già una debacle.

Eppure, ulteriore clamorosa anomalia, dopo aver prontamente issato un'altra bandiera, come se nulla fosse, quasi tutti i transfughi sono rimasti al loro posto, minimamente sfiorati da un sussulto di dignità che imporrebbe dimissioni immediate dall'incarico che tuttora, invece, e con risultati molto modesti, ricoprono.

E i partiti, o quel che resta di queste istituzioni ormai delegittimate e vituperate, cosa fanno? Nulla. È il caso del Pd napoletano che, pur assistendo alla fuga di alcuni dirigenti di Fuorigrotta verso le liste di Bassolino, ha già fatto sapere che questi voltagabbana non saranno sospesi né sanzionati.

Tanto, è il ragionamento, c'è il secondo turno e lì Manfredi e Bassolino torneranno ad essere vecchi amici che si incontrano in una rimpatriata, una sola famiglia, come se nulla di grave fosse accaduto, come se le monetine di San Giovanni a Teduccio alle primarie del Pd di cinque anni fa fossero un brutto sogno perché, si sa, la politica è la scienza dell'opportunismo e l'arte del compromesso.

Ma i napoletani, così propensi alla tolleranza e sempre più spesso rassegnati e incapaci di indignarsi, una risposta possono e devono darla. Il 3 e 4 ottobre si torna a votare per eleggere il prossimo sindaco e i componenti del nuovo consiglio comunale. I cittadini non scelgano anche stavolta di restare a casa, «perché tanto non cambia nulla», o trincerandosi dietro il nuovo formidabile alibi del Covid. Stavolta si rechino in massa, nel rispetto delle norme anti-virus, alle urne, si facciano consegnare scheda e matita ed esercitino fino in fondo il loro diritto dovere di voto. Scelgano chi ritengono più capace, di qualsiasi bandiera o casacca, ma tenendo fede a un solo inderogabile criterio: non diano di nuovo fiducia ai trasformisti, ai transfughi e a coloro che con disinvoltura indossano una maglia salvo poi gettarla via un minuto dopo solo per convenienza. Non votarli sarebbe uno straordinario segnale di riscossa civica, una rivoluzione silenziosa e energica, un monito granitico verso quelli che, con i loro comportamenti, calpestano la politica e le istituzioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA