Di Maio, dall’euro al Quirinale le capriole di un leader

Di Maio, dall’euro al Quirinale le capriole di un leader
di Mario Ajello
Giovedì 31 Maggio 2018, 00:32 - Ultimo agg. 14:17
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Ogni scarrafone è bell’a mamma soja», come si sa. E questo, assicura la genitrice di Di Maio, vale anche per lei. La quale non ha dubbi: «Luigi non sa dire bugie». O forse il fatto è che mammà non vuole vedere le scoppiettanti capriole dialettiche del figliolo. Ma YouTube è spietata. L’ultima di Giggino riguarda il professor Savona. «L’ho conosciuto quindici giorni fa. E mi ha detto: non se ne parla di uscire dall’euro».

Però un video malandrino spunta dal passato, e il Di Maio 1 del detto viene ribaltato dal Di Maio 2 del contraddetto. Il filmino dimostra che si conoscono dal 2016, e Savona gli aveva spiegato come uscire dall’euro. 
Giggino Fake lo chiamano molti dei suoi, e molti di quelli che ieri nell’assemblea dei parlamentari M5S hanno criticato la sua smania di andare al governo a tutti i costi.

Nel salotto televisivo di Barbara D’Urso, il leader 5 stelle narra di aver fatto al Quirinale, per il ministero dell’Economia, nomi alternativi a quello di Savona, su cui c’era il veto del Colle, e «i nomi alternativi che sono stati quelli di Bagnai e Siri della Lega». Peccato che quasi in diretta piovi in trasmissione la smentita del Colle. «Non risponde a verità - assicura il Quirinale - la circostanza riferita dall’onorevole Di Maio a Pomeriggio 5 che al presidente della Repubblica siano stati fatti i nomi di Bagnai e di Siri al ministero dell’Economia». Sorriso di Di Maio, e si va avanti. E Salvini lo difende? Macchè «Sono stati proposti i nomi di Siri e Bagnai? Boh, io non c’ero». Il web sghignazza: «Pare che Mattarella, per sapere la verità, abbia convocato Barbara D’Urso». 

RITIRATE
Di Berlusconi si è sempre detto con un gioco di parole: «Mente sapendo di smentire». Anche per il capo pentastellato può essere un po’ così. Sia lui quando sono dentro allo Studio alla Vetrata di Mattarella sembrano agnellini, «ma certo Presidente...», e subito dopo davanti alle telecamere lì fuori si trasformano in leoni che dicono l’opposto di quanto appena assicurato al Capo dello Stato. L’altro giorno ha cominciato la giornata chiedendo la messa in stato d’accusa di Mattarella, poi ha accusato Salvini «cuor di leone» (aveva detto che con lui il rapporto era di «piena armonia») di non volerla votare e ha concluso offrendo piena collaborazione a quello stesso Capo dello Stato che un’ora prima voleva far fuori. Ieri ha cominciato: «O governo Conte o voto». Poi: «O governo politico o voto». Che non è proprio la stessa cosa.

E comunque il «Mattarella complice dell’establishment che non vuole farci governare si trasforma successivamente nella «piena disponibilità a collaborare con il Quirinale per risolvere la crisi». Mentre i social impazzivano dal ridere sfornando fotomontaggi virali con in cui si vede Di Maio che invece di scrivere «impeachment» scrive «inpingmet». 

FAKE
E del resto Giggino Fake è quello che definì «lo psicologo Gallini» il sociologo Gallino. Parlò di «lobby di malati di cancro». E fu ineguagliabile nel suo proverbiale «Pinochet dittatore del Venezuela». La sua grande sintonia con Ugo Zampetti, segretario generale al Colle e grande consigliere di Mattarella, si capovolge così: «Mattarella è mal consigliato». L’impeachment-impeachemt-impeachment finisce per perdere la tripletta, i muscoli e il punto interrogativo e si arricchisce del pentimento: «Posso anche avere sbagliato» e la gaffe, da cui gran parte del suo movimento prende le distanze, la giustifica dando la colpa alla «foga del momento». Intanto anche il sindaco del suo paese, Pomigliano d’Arco, si è affrettato a prendere le distanze dal presunto genius loci: «Solidarietà a Mattarella».

E quando dice impeachment, Beppe Grillo gli risponde di stare calmo, perché «la politica è fatta così». 
Frase cult: «Non ho mai detto che volevamo uscire dall’euro». Eppure, in almeno un paio di trasmissioni televisive, a L’aria che tira e a DiMartedì, Di Maio ha spiegato in passato l’intenzione di votare in maniera affermativa in un eventuale referendum dall’euro. Ovvero: «Se dovessimo arrivare fino all’extrema ratio della consultazione sulla moneta unica, è chiaro che io sarei per il sì». 

E ancora: per difendere Savona, Di Maio costruisce il Cottarelli anti-euro. «Se il tema dell’euro era il problema, allora vale anche per Cottarelli. Basta leggere il suo libro», dice Luigi a Nicola Porro in tivvù. Ma nei «Sette peccati capitali dell’economia italiana», dell’ex commissario alla spending review e forse premier, si dice l’opposto: «Uscire dalla crisi senza uscire dall’euro». 
E’ anche a causa di capriole verbali e di gaffe politiche che in queste ore molti grillini stanno contestando la gestione confusionaria, da parte del leader, di questa fase cruciale. Ma almeno agli occhi di mammà, lo scarrafone resta «un grande comuncatore».
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