Draghi, il fattore D esiste ma non può bastare

di Massimo Adinolfi
Lunedì 2 Agosto 2021, 23:55 - Ultimo agg. 3 Agosto, 06:00
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E adesso tutti gli occhi sono puntati su novembre, maratona di New York. Dopo che ci siamo presi l’Europeo di calcio, abbiamo mandato per la prima volta un italiano in finale a Wimbledon, e proiettato i Maneskin nell’empireo delle pop star, grazie alla vittoria all’Eurovision Song Contest. Ora ci manca solo di vedere un italiano davanti a tutti lungo la Fifth Avenue, che trionfi a braccia alzate all’ingresso in Central Park.

Non ci è bastato esultare con Mancini e la Nazionale di calcio, bisognava vedere Berrettini nel tempio del tennis mondiale e Damiano e la sua band stracciare i record su Spotify. Poi abbiamo voluto strafare, e siccome non c’è mai stato un italiano in finale nei 100 metri olimpici, abbiamo pensato di portarci Marcell Jacobs. A cui abbiamo detto di non accontentarsi di partecipare, che era già un’impresa storica, ma di vincere, mettendo anche a segno il record europeo. E di farlo, badate bene, mentre un altro italiano, Gianmarco Tamberi, saliva in cima al mondo vincendo l’oro nel salto in alto, prima volta pure quella.

Chi era abituato a raccontare ai figli di quella volta che Gigi Riva, di quell’altra che Nicola Pietrangeli, di Pietro Mennea e Sara Simeoni medaglie d’oro, a Mosca, nell’80, e qualcuno più anziano pure di «Volare» che sbanca l’hit parade americana, dovrà ricredersi, e cambiare il refrain: abbiamo avuto tutto in una volta sola, in un anno soltanto, nel corso di  una sola estate.

E ora ammettiamolo: un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. Il fattore D. esiste, e fa sfracelli. D. come Draghi, s’intende.

Da quando c’è lui, non smettiamo di stupirci per una striscia di successi irripetibili. Così straordinari, che bisogna per forza mitigare i toni con l’ironia. Le stime sulla ricrescita dei capelli vanno corrette al rialzo; il governo acquisisce allo Stato l’Isola del tesoro, di recente scoperta da un giovane esploratore italiano; la Nasa lascia stare Elon Musk e Jeff Bezos, e si affida ai nostri connazionali per riportare l’uomo sulla Luna, probabilmente prima di cena. Dio è morto, insomma, Marx pure, ma Draghi si sente molto bene.

Siamo, del resto, il paese di Machiavelli. Che non è solo quello del fine che giustifica i mezzi, ma anche quello che diceva la fortuna arbitra per metà delle azioni umane. Col che non diminuiva affatto le responsabilità degli uomini, la loro virtù. Perché la fortuna è come un fiume in piena: se la si fascia fare, travolge ogni cosa.

Ma se si costruiscono buoni argini, si può provare a condurla, sfruttando per quanto possibile le circostanze.

Che sono per definizione mutevoli, aleatorie. Perciò il Fiorentino raccomandava al Principe di possedere armi proprie, cioè di attrezzarsi per mantenere saldo lo Stato anche nei tempi avversi. Trasferendo la lezione machiavelliana sulla fortuna ai tempi nostri, potremmo tradurre così: le vittorie sportive determinano un clima favorevole, costituiscono un’iniezione di fiducia e restituiscono il senso di un Paese finalmente in ripresa, smentendo la narrazione sul declino inevitabile dell’Italia. Ma vanno costruiti gli argini: vanno cioè fatte le riforme. Ridisegnato il sistema fiscale, rinnovata la pubblica amministrazione, ripensato il sistema della formazione e della ricerca. È inutile sforzarsi di calcolare gli effetti sul Pil di questa incredibile striscia di successi nello sport – le imprese vincenti migliorano l’immagine del Paese, e una migliore immagine aiuta il made in Italy – se non si rimette in moto tutto il sistema.

Però non c’è dubbio: le vittorie aiutano. Non è certo un caso se non c’è grande evento sportivo a celebrare il quale non si presentino leader politici, pronti a incassare il dividendo della gloria. Era così al tempo dei Cesari e degli imperatori; è così anche adesso. Draghi, che non essendo uomo di partito non ha bisogno di rimpinguare bottini elettorali, vede confermata, persino ingigantita la sua statura di leader non solo autorevole, ma vincente. Stima e popolarità crescono insieme. Una specie di tocco magico sembra accompagnare le sue mosse pubbliche. Ed è inevitabile che il peso e l’influenza delle soluzioni che propone crescano in maniera corrispondente, tanto più in quanto rappresentano il solo punto di condivisione in un quadro politico confuso e frammentato. E siccome nella sfera politica, così come in quella economico-sociale, certe decisioni hanno fortuna solo se riescono a co-determinare insieme i fattori di successo da cui almeno in parte dipendono, disporre del fattore D. può essere decisivo.

Dopodiché si vedrà. A settembre, a Venezia, c’è in palio il Leone d’oro. Poi, dicevamo, New York, la maratona. Il mio amico Vincenzo, da Mercato San Severino, la corre ormai da parecchie edizioni. Quest’anno ha un lieve fastidio muscolare all’inguine, e, in verità, è quasi sui sessanta. Ma ci spera, grazie a Draghi ha ripreso a sperare.

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