Il no dalle urne ​alla politica dei “bonus”

di Osvaldo De Paolini
Mercoledì 31 Maggio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Il risultato di questa tornata elettorale è talmente netto che ogni discussione potrebbe concludersi qui. Invece, proprio questo è il motivo per cui è necessario ragionare sul risultato, perché non basta qualificarlo come rivincita della politica reale sulle ideologie che mai si calano nel nostro quotidiano. 

La sconfitta del Pd non è solo effetto del disorientamento che suscita in molti cittadini la martellante campagna condotta dalla leader Elly Schlein sul “fascismo di ritorno”, che persino padri nobili del suo partito giudicano del tutto fuori contesto; la sconfitta del Pd è anche il risultato dell’assenza di una proposta politica a livello nazionale capace di rappresentare una reale alternativa al progetto portato avanti con determinazione dal governo Meloni. 

Probabilmente errori sono stati compiuti nella scelta dei candidati a livello locale; e probabilmente ha inciso l’eccessiva attenzione da parte dei suoi nuovi dirigenti alle istanze di minoranze particolarmente aggressive, a scapito di quelle che si levano da una classe media fortemente penalizzata nell’ultimo decennio.

Ma non è certo con i “campi larghi” invocati dalla Schlein che si superano gli equilibrismi del no perenne e si riempie di contenuti una proposta politica della quale da troppo tempo ci viene mostrato solo il titolo: quei campi possono allargarsi finché si vuole, ma senza un progetto concreto, che non cozzi contro la ragionevolezza, difficilmente produrranno quella svolta nelle preferenze degli elettori cui la sinistra anela.

Non è solo l’esito delle urne ad accusare il Pd, sono gli stessi iscritti che lamentano l’assenza nel dibattito interno di una politica fiscale e redistributiva, storico core business della sinistra italiana, che non sia velleitaria e lontana dal contesto in cui pandemia e guerra in Ucraina ci hanno precipitato nostro malgrado.

In questi ultimi mesi il Pd ha disegnato un Paese fortemente impaurito e arrabbiato, ma se questa è la realtà - noi non abbiamo elementi per smentire o confermare - la netta vittoria della destra alle elezioni amministrative è la prova che i cittadini chiedono al governo Meloni, non alle velleitarie promesse di Pd e alleati, di insistere su un percorso che finora si è rivelato capace di infondere speranza. 

E, ciò merita di essere sottolineato, senza la pioggia di bonus cui proprio il governo 5Stelle-Pd ha dato sfogo nell’idea che questa fosse la strada per consolidare il consenso presso l’elettorato.

Anzi, la circostanza che a imporre uno stop a quella dissennata politica - quanto dissennata lo misuriamo ogni giorno nel gran balzo del debito pubblico e in quello dell’inflazione - sia stato proprio il governo Meloni, sembrava in un primo tempo motivo di possibile disaffezione verso la coalizione di destra che il 25 settembre dello scorso anno aveva strappato un successo oltre le attese mentre aveva dimezzato i consensi dei 5Stelle e ridimensionato le ambizioni del Partito democratico. 

Al contrario, mentre anche in questa tornata le urne hanno premiato chi coraggiosamente ha bloccato la deriva dei nostri conti pubblici - ricordiamo che il Superbonus 110% ha accresciuto il debito di quasi 120 miliardi e il Reddito di cittadinanza di circa 30 miliardi, denari che andranno restituiti ai creditori con lauti interessi dalle prossime generazioni - ha d’altra parte punito chi prometteva di promuovere una proroga tout court di tali provvedimenti.

In tal modo confermando che i 5Stelle, pressoché inesistenti a livello amministrativo non avendo mai elaborato un reale programma di governo, quando sono all’opposizione non hanno argomenti per consolidare quel consenso che si erano guadagnati nel 2018 sull’onda di un voto di protesta che pure aveva le sue ragioni.

Ciò che domenica gli italiani hanno inteso premiare è la visione chiara che il governo Meloni sta dimostrando di avere su temi di grande rilievo quali la riforma del fisco, della giustizia, della pubblica amministrazione: erano anni che sul tavolo del dibattito parlamentare non giungevano proposte organiche, opinabili finché si vuole ma di tale portata che solo una visione miope non ne vede la carica innovativa.

Per di più elaborate da un governo che, contrariamente alla narrazione del fronte giallo-rosso, non esita a occuparsi degli ultimi: basta leggere con attenzione la proposta del nuovo Reddito di cittadinanza; oppure misurare l’attenzione dedicata ai bonus energetici, nonostante di entità calante come impone Bruxelles.

Per non dire, infine, della riduzione del cuneo fiscale a favore dei lavoratori che, per quanto ancora parziale, dimostra che la destra di governo privilegia il lavoro rispetto al “divano”. 

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