Regionali Campania 2020: liste pulite, lo scontro tra Lega e Forza Italia frena Caldoro

Regionali Campania 2020: liste pulite, lo scontro tra Lega e Forza Italia frena Caldoro
di Valentino Di Giacomo e Luigi Roano
Mercoledì 24 Giugno 2020, 00:00 - Ultimo agg. 13:43
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Fatti i candidati ora servono le squadre e, soprattutto compilare le liste. In difficoltà c’è soprattutto il centrodestra e Stefano Caldoro che, nei conciliaboli del Transatlantico a Roma tra i deputati di Forza Italia, veniva definito ieri dagli stessi colleghi «un Generale senza soldati». Ridotto il sostegno nel proprio stesso partito sempre più dilaniato dalle guerre intestine. A minare il campo non è solo il fronte interno. Non aiutano di certo gli attacchi di Matteo Salvini che anche ieri ha evocato «liste pulite» e messo nel mirino delle sue invettive ancora una volta Luigi e Armando Cesaro. Per ora Caldoro osserva a distanza di sicurezza il dibattito con la certezza che la questione dovrà per forza essere risolta all’interno degli stessi partiti della coalizione che sostengono la sua candidatura. La vicenda è ormai di rilievo nazionale, non più solo campana. Ovvio che, per storia e convinzione, l’ex governatore manterrebbe un atteggiamento garantista nei confronti dei Cesaro. Per superare l’impasse servirebbe, probabilmente, solo un deciso intervento di Silvio Berlusconi che per ora osserva da lontano gli scontri dal suo buen retiro in Provenza dove è da mesi a casa della primogenita Marina.

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La guerra sottesa tra Lega e Fi costringe persino Caldoro a ritardare la conferenza stampa di presentazione della sua discesa in campo. Oggi sarà presente a un dibattito organizzato dall’ex deputato Amedeo Laboccetta con Antonio Bassolino. Impossibile però organizzare un happening con la stampa mentre il dibattito sugli «impresentabili» è ancora in corso. Si rischierebbe una sorta di resa dei conti davanti ai giornalisti. Il coordinatore della Lega in Campania, Nicola Molteni, continuerebbe ad infliggere fendenti su Cesaro, mentre il suo omologo di Fi, Mimmo De Siano, risponderebbe per le rime come già accaduto lunedì scorso. Un clima di scontro che, a catena, si riverbera sulle liste e sull’impegno dentro Fi per sostenere il candidato governatore.

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Cinque le liste che saranno a sostegno di Caldoro e tutte politiche: Fi, Lega, Fdi, Caldoro Presidente e la componente centrista che fa capo a Gianfranco Rotondi. Complesso immaginare adesso un forte impegno soprattutto dentro Forza Italia - senza prima risolvere le guerre interne – per riempire la lista azzurra. Da definire soprattutto cosa ne sarà di Armando Cesaro, legato a doppio filo proprio a Mimmo De Siano. Venisse depennato dalle liste di Fi il primogenito dei Cesaro sarebbe complesso ipotizzare una conferma del coordinatore alla guida del partito in Campania. Una poltrona che fa gola a molti e sulla quale hanno allungato gli occhi i parlamentari vicini a Mara Carfagna, come pure Antonio Martusciello e Cosimo Sibilia. Ieri però Fulvio Martusciello non ha comunque lesinato il proprio contributo e, incontrando sia Armando Cesaro che De Siano, ha portato in lista la new-entry Francesca Beneduce. Tra i consiglieri regionali uscenti saranno confermati Maria Grazia Di Scala ed Ermanno Russo, pronti a scendere in campo Annarita Patriarca e Giuseppe Maisto. Manca tutto il resto e servirà un chiarimento probabilmente tra Berlusconi e Salvini, oltre che tra i forzisti locali, perché non c’è molto tempo per completare le candidature. 

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Che il clima non sia dei migliori lo confermano fonti leghiste che tengono a ricordare quanto accaduto cinque anni fa quando Caldoro rifiutò l’appoggio della Lega e di Noi con Salvini per non irritare gli alleati nelle liste del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. «Un errore fatale», viene spiegato dall’entourage di Salvini che, evidentemente, si è legato al dito quell’episodio ed ora esercita la leadership nella coalizione per dettare il passo anche agli alleati. Per Salvini già cinque anni fa Caldoro avrebbe potuto conquistare Palazzo Santa Lucia se avesse preferito il suo appoggio invece che quello dei centristi. Vecchie beghe che però – se rimesse in circolo – evidenziano le profonde diffidenze con Forza Italia non del tutto appianate neppure nel corso delle lunghe trattative con Antonio Tajani per la scelta dei candidati. 

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Sul fronte del centrosinistra le acque sono agitate almeno quanto quelle del centrodestra. E questo malgrado - almeno sulla carta - il governatore uscente Vincenzo De Luca abbia ribaltato il pronostico rispetto a quattro mesi fa quando i sondaggi lo davano lontano 10 punti dalla riconferma. Le liste sono uno vespaio e a far tremare i vertici, soprattutto quelli cittadini, sono gli Houdini che hanno mollato il partito per imbarcarsi nelle liste di De Luca, un potente motoscafo per approdare senza rischi allo scranno in Consiglio regionale. L’effetto che teme la segreteria retta da Marco Sarracino - in netta contrapposizione con quella regionale guidata dal fedelissimo di De Luca Leo Annunziata - è che da un lato si indebolisca il Pd che rischia di essere ancora più subalterno al governatore e alle sue truppe e dall’altro di imbottirle di trasformisti provenienti anche dall’altra sponda ovvero dal centrodestra. Con sullo sfondo la partita del Comune di Napoli dove si voterà tra poco meno di un anno.

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Con il sindaco Luigi de Magistris fuori dai giochi la sponda napoletana dei dem punta a presentare nel capoluogo nomi forti e credibili. Capaci di attrarre un elettorato stanco di assistere alle guerre interne. E al contempo avvicinare al partito personalità forti per ambire alla riconquista della ex capitale del sud. E tra questi nomi ci sono forti spinte sul ministro Enzo Amendola e sull’ex deputato Massimiliano Manfredi fratello del ministro Gaetano Manfredi. Insomma - senza troppi giri di parole - tutti con De Luca per le regionali, ma a certe condizioni perché poi su Napoli la battaglia per riconquistare Palazzo San Giacomo si annuncia molto più dura e bisogna seminare adesso molto bene per avere un raccolto fruttuoso domani. La parola d’ordine in casa dem è autorevolezza e nessun giochino di potere perché va ricostruita l’identità del partito.

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In questo contesto a spaccare i dem - per esempio - è la candidatura dell’ex forzista sino a pochi giorni fa la consigliera regionale Flora Beneduce. Il consigliere comunale Diego Venanzoni che dal Pd si è spostato nel gruppo La Città molto vicino al governatore. A lui non si perdona nemmeno il fatto di essersi trascinato un’altra consigliera - Alessia Quaglietta - indebolendo e non poco il Pd in Consiglio comunale che è sceso a tre unità. Relegandolo a una marginalità forzata è utile ricordare che Venanzoni è subentrato in Consiglio comunale a Valeria Valente eletta in Senato. Poi c’è il caso del figlio dell’ex sindaco di Sant’Antimo Domenico Russo che è ancora nel Pd. La sostanza è che un primo compromesso De Luca lo abbia già accettato, vale a dire fare la cura dimagrante delle liste che da 16 scenderebbero a 10. Sì da non prosciugare il partito che punta a tornare a essere la prima forza politica in Regione e a Napoli. Le liste che appoggeranno De Luca dovrebbero essere il Pd, Articolo 1, centro Democratico, De Luca presidente, Campania libera, Mastella, De Mita, Campania democratica, Socialisti e Moderati.
 

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