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«Rifiuti a Napoli e in Campania, i fondi ci sono ma non li hanno spesi»

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 6 Febbraio 2020, 23:00 - Ultimo agg. : 7 Febbraio, 13:38
3 Minuti di Lettura

È anche e soprattutto un problema di soldi, di finanziamenti, di risorse pubbliche a disposizione mai spese, non utilizzate. Non parliamo dei 190 milioni di euro che l’Italia deve alla comunità europea anche per colpa della Campania (per non aver attrezzato discariche e per non aver portato la raccolta differenziata a standard accettabili), ma di soldi cash che c’erano e che non sono stati spesi per far crescere il nostro «porta a porta». 

È una convinzione che ha spinto la Procura di Napoli ad indirizzare un invito a comparire anche a carico di una dirigente del comune di Napoli, che si occupa di questioni ambientali, e di una funzionaria dello stesso Comune, impegnata sul fronte della gestione dei finanziamenti provenienti dalla Regione Campania. Stando alla ricostruzione dell’accusa, le due esponenti di Palazzo San Giacomo non avrebbero utilizzato soldi destinati a svolgere gare, ad acquistare mezzi, campane e impianti decisivi per incrementare il differenziato a Napoli. Si parte da uno sfondo segnato da una serie di impegni assunti almeno a partire dal 2013, che battono su un solo punto: la raccolta differenziata deve raggiungere almeno quota 65 per cento, per decongestionare le nostre discariche e rivitalizzare il ciclo della raccolta rifiuti su scala regionale. 

LEGGI ANCHE Emergenza rifiuti, indagato il vice di De Luca

Ma in che cosa consiste la storia dei finanziamenti non monetizzati? Stando alla lettura degli inviti a comparire, il riferimento diretto è alla nascita dell’ecodistretto di viale della Resistenza a Scampia. In sintesi, le due amministratrici di Palazzo San Giacomo «omettevano di utilizzare tempestivamente finanziamenti di 500mila euro e di 1.396.640,97 assegnati al Comune di Napoli con determinazioni dirigenziali della città di Napoli, per la realizzazione, l’ampliamento e il miglioramento dei centri di raccolta delle frazioni differenziate di rifiuti». Una ricostruzione in cui pesa - a giudizio della Procura - la mancanza di tempestività nelle comunicazioni trasmesse ad Asia (indicate come stazione appaltante), nei rapporti comune di Napoli e città metropolitana, per l’impiego dei finanziamenti destinati alla realizzazione dell’ecodistretto di viale della Resistenza. Insomma, impasse burocratiche che avrebbero rallentato le procedure da adottare e non avrebbero consentito di sbloccare i finanziamenti a disposizione, quasi una beffa per una città da sempre alle prese con la mancanza di risorse in questo e in altri campi. Inchiesta condotta dai pm Francesca De Renzis e Giulio Vanacore, sotto il coordinamento degli aggiunti Sergio Amato e Nunzio Fragliasso, in una vicenda seguita dalle battute iniziali dallo stesso procuratore Giovanni Melillo.



Ma torniamo alla storia dei finanziamenti, ai soldi disponibili ma non messi in cantiere. C’è un secondo capitolo di spesa che finisce sotto i riflettori della Procura: le due dirigenti «omettevano di utilizzare tempestivamente il finanziamento del Comune di Napoli approvato dalla Regione Campania (decreto 87 del due novembre 2018) pari a euro 18.938.530, per l’attuazione del progetto approvato dal Comune di Napoli per l’estensione della raccolta differenziata porta a porta». Qual è il punto individuato dalla Procura? Ancora ritardi nella trasmissione di informazione e nella definizione delle gare per l’acquisto di automezzi, procedure non ancora ultimate. Una versione di parte, che ora attende la replica dei diretti interessati, in uno scenario che punta ad esplorare l’intero ciclo di raccolta rifiuti. Sotto inchiesta, tra gli altri, il vicepresidente regionale Fulvio Bonavitacola, l’assessore comunale Raffaele Del Giudice, ma anche Andrea Abbate (ex Sapna, difeso dai penalisti Nicola Monda e Andrea Abbagnano), Gabriele Gargano, amministratore unico della Sapna, Francesco Iacotucci e Francesco Mascolo (rispettivamente presidente e direttore generale Asia), tutti a vario titolo accusati di omissioni in atti d’ufficio. Nelle prossime settimane, al via gli interrogatori, mentre va avanti lo spulcio degli atti acquisiti in Comune e Regione, in Asia e Sapna. 

APPROFONDIMENTI
Emergenza rifiuti, indagato il vice di De Luca:
ecco le accuse, dalle ecoballe allo Stir

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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