Fase 2 a Napoli, gli albergatori in rivolta: «Se un turista si ammala paghiamo noi»

Fase 2 a Napoli, gli albergatori in rivolta: «Se un turista si ammala paghiamo noi»
di Giovanni Chianelli
Domenica 31 Maggio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 12:41
4 Minuti di Lettura

Il Covid ha tenuto gli alberghi chiusi in fase 1 e rischia di farlo anche in fase 2. Mentre a Napoli, secondo le stime di Federalberghi, per ora ha ripreso solo il 10% delle strutture, in Campania albergatori, proprietari di b&b e associazioni di categoria, in vista delle riaperture delle regioni del 3 giugno, lamentano una lacuna nel regolamento locale che disciplina la ripresa: il caso di turisti con sintomi che però non sono suscettibili di ospedalizzazione. Il protocollo non prevede una struttura pubblica in cui il sintomatico possa negativizzare il contagio, come accade invece in Emilia-Romagna e Toscana. Dato che il ricovero è obbligatorio nell’ultimo domicilio la gestione ricadrebbe sul proprietario dell’albergo con spese – non è chiaro se a carico dei proprietari o dell’ente pubblico - chiusura e danno di immagine: «Chi accetterebbe di andare in un hotel in cui c’è stato un contagiato?» si chiede Raffaele Festa, proprietario di alcuni b&b nel centro storico di Napoli.

LEGGI ANCHE Fase 2 a Capri, riaprono gli alberghi: giugno è il mese della ripartenza turistica

Nel protocollo regionale di sicurezza “Anti-diffusione sars-cov-2 - strutture ricettive alberghiere, complementari e alloggi in agriturismo” c’è una sola voce che riguarda la gestione di un caso sintomatico sospetto: «Nel caso in cui un ospite o un operatore, durante la permanenza all’interno della struttura o servizio, manifesti febbre e sintomi respiratori (tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie), lo deve comunicare tempestivamente al personale possibilmente senza entrare in contatto diretto. La struttura provvede tempestivamente a contattare il Dipartimento di prevenzione dell’Asl di riferimento». Dopo aver elencato gli obblighi dell’albergatore (isolamento, dispositivi di protezione, sanificazione e prevenzione alimentare) non dice altro. Per il resto bisogna andare al decreto nazionale. Il sintomatico viene portato in ospedale Covid più vicino per il tampone; se è positivo ma non ha una situazione clinica tale da dover essere ricoverato, cosa che si verifica nel 94% dei casi, deve essere isolato nell’ultimo domicilio fin quando negativizza il virus. Dice Festa: «Gli altri ospiti della struttura dovranno restare in quarantena in struttura per 14 giorni, e poiché tutti non potranno uscire, bisognerà provvedere a portare da mangiare 2 volte al giorno. Tutto questo senza che abbiano l’obbligo di pagare, poiché è causa di forza maggiore». Ma non è tutto: «Immagino i disagi nel palazzo, con i vicini che sanno che c’è un contagiato per alcune settimane». 

LEGGI ANCHE Viaggi e coronavirus, dal giugno riparte il turismo europeo

A rischio diverse riaperture: «O si tira fuori una soluzione concreta alla gestione del potenziale paziente Covid oppure molte strutture si rifiuteranno di aprire» scrive Evelina Gallina, proprietaria di un altro b&b, su una pagina Facebook creata per discutere del problema, dando voce ad altre decine di casi simili. Come quello di Maurizio Spin: «Per prudenza è meglio tenere chiuso». Per gli alberghi la situazione non è diversa. Giuseppe Bussetti, direttore dell’hotel Oriente: «Da parte di tutto il settore c’è stata poca attenzione a questo aspetto, ci siamo concentrati sulla tutela dei dipendenti. Per noi può essere un grosso problema, anche di immagine, e un danno ulteriore: metterebbe a rischio anche il poco lavoro che ci aspetta per i prossimi mesi. La soluzione potrebbe essere quella che hanno adottato altre regioni: una struttura che ospiti i turisti che manifestino sintomi di Covid ma non ospedalizzabili». I costi sarebbero ripagati, secondo la proposta di alcuni, dagli introiti della tassa di soggiorno.
 


Antonio Izzo, presidente di Federalberghi Napoli, commenta: «Ad oggi è aperto circa il 10% complessivo delle strutture cittadine. Anche la fase della riapertura e del rilancio delle strutture alberghiere è molto delicata ed ha bisogno di norme estremamente precise. Oggi alcuni albergatori, oltre ai problemi legati alla carenza di prenotazioni, rischiano di non aprire per non incorrere in responsabilità che potrebbero causarne la temporanea chiusura in caso di contagi» dice. «Sarebbe importante chiarire che l’albergatore non può essere considerato responsabile di eventuali contagi nel caso in cui abbia rispettato i protocolli regionali. Un sospetto malato, quindi, dovrà essere preso in cura da una struttura sanitaria attrezzata o, se possibile, tornerà nella propria abitazione secondo i protocolli in vigore».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA