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I condoni e la memoria ​troppo corta del Paese

di Antonio Pascale
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 29 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 06:00
4 Minuti di Lettura

Alcune zone della Campania sono famose per le leggende metropolitane. Non riguardano fantasmi o altro, ma storie di speculazione edilizia. A partire dagli Anni Ottanta si sono diffuse e sono passate di bocca in bocca, una generazione dopo l’altra: il quartiere che fino a l’altro ieri non c’era e poi è spuntato; le prime mappe satellitari che non tenevano testa agli operai che costruivano case su case e strade su strade, cambiando l’urbanistica fino al giorno prima mappata. Leggende, storielle, barzellette. Accanto c’erano poi fatti concreti.

Foto del Vesuvio scattate dalla stazione spaziale con tanto di commento dello stupito astronauta: siamo rimasti sorpresi nel vedere la quantità di luci che si inerpicano fino alla bocca del cratere: ma è un vulcano ancora attivo? 

Oppure, sotterfugi per ottenere il condono: come le famose case con le ruote. Mancando in Campania (ma non solo) qualsiasi tipo di dato sulla speculazione e sull’abusivismo diffuso (e dire che in rete ci sono informazioni di tutti i tipi), può capitare che un qualcuno di buona volontà, per mappare il territorio affidasse tutto alle prime carte aerofotogrammetriche: nella sostanza, passavano gli aerei e fotografavano. Quindi io mi compravo una casa con le ruote e la piazzavano dove volevo io (per non perdere tempo potevo affittare la stessa a chi ne aveva bisogno); se qualcuno grazie alla mappatura aerea la notava e mandava il controllo per capire se era o non era abusiva, io prendevo il trattore e spostavo la casa: eliminavo il problema; se invece c’era un condono in vista facevo la domanda per il mio immobile con le ruote. Quando il condono passava, prendevo il trattore, spostavo la casa con le ruote e ne costruivo una vera, bel cemento bianco e qualche ferro della speranza ben e in vista, non si sa mai che la famiglia cresce e ci vuole un altro piano.

Leggende, mezze verità, fatti veri, tutto a testimonianza della pratica diffusa del fai da te, che va bene, trova una serie di appassionati che si costruiscono le case soprattutto in Campania e in Calabria, ma poi basta sorvolare con un comune aereo di linea l’Italia per vedere le nostre città diffuse, slabbrate, senza confini. Un dedalo di luci che si incunea nelle valli, sui monti, tocca il mare. Una trama che nel tempo ha preso corpo. Condono dopo condono, risata dopo risata, di complicità in complicità, questa trama è diventata imperante, e incurante delle specificità territorio, del tipo di terreno, della boscaglia, degli irti colli dove la speculazione sale come la nebbia nella più famosa poesia. Bene, che si fa? Ovviamente si condanna a fatto compiuto, ovviamente ci si accusa, e ovviamente tra un tweet e una comparsa in un talk tv, da una parte ci si fa belli con le dichiarazioni moralistiche e affrante, dall’altra si ci prepara al prossimo condono e la successiva giustificazione. Tanto la memoria è breve e l’onda del condono invece lunga. Il danno è fatto, abbattere non puoi abbattere, vuoi i costi, vuoi i cordoni degli abusivi che si formerebbero per fermare le macchine. Al massimo si può mettere su un’azione dimostrativa col politico che guida la ruspa e dice mai più, almeno prima di entrare in Parlamento. 

Poi se aspetti un piano urbanistico, hai voglia, “famo notte”. Chi specula magari ha pochi soldi, appena sufficienti non certo per permettersi una casa di legno ecologica in mezzo alla foresta, fotografata dal fotografo di grido e impalmata dal direttore della famosa riviste di design, che bastano solo a procurarsi un tetto e tirare su una modesta e anonima villa bifamiliare sulla montagna, certo non sostenibile perché poi ci devi portare luce, acqua e gas e fogne. E magari per indorare la pillola la abbellisce con quei fregi che ricordano Palladio.

Comunque, chi specula proprio perché ha pochi soldi investe in mattone. Quindi, vista la massa critica che per ora riguarda Ischia credo non ci sia scampo: l’Italia continuerà a condonare, come ha fatto in questi anni, e a litigare subito dopo, smentendo il condono appena fatto. Forse si può frenare il fenomeno ma significherebbe lavorare da ora sul futuro remoto, prendendosi fischi e bordate di impopolarità e insomma fatti i conti e i voti, mi sa che conviene più piangere un po’ sulla frana versata che mettersi con i migliori intenti e sguardo lungimirante per trovare la soluzione. Perché poi a parte il territorio devastato sono vite che se ne vanno, e vita e ambiente non sono due spazi separati; ci vorrebbe un nuovo parametro: la salute unica. Una dimensione che avvolge con un manto caldo e candido piante, uomini, animali, case, valli e pendii, torrenti e fiumi: ecco questa dovrebbe essere la nuova trama italiana. Poi sì che potremmo dire: siamo il Paese più bello al mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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