Siani, difendere la sua memoria è un argine alle fake news

di Marta Cartabia
Venerdì 23 Settembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:27
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Giancarlo Siani appartiene alla mia generazione. In quel lontano settembre del 1985 ero studentessa alla facoltà di Giurisprudenza della Statale di Milano. In quegli anni, il clima tra noi giovani aspiranti giuristi era infuocato di ardore per la giustizia: eravamo animati da un genuino desiderio di spenderci per costruire un mondo più giusto. O almeno per contrastare le prevaricazioni, le emarginazioni, le ingiustizie. Per questo ci colpì, mi colpì moltissimo, l’omicidio di un giovane giornalista, che in un’altra parte del nostro Paese indagava, verificava, raccontava, denunciava i retroscena della feroce guerra di camorra che si stava combattendo nel napoletano.

Trentasette anni dopo il delitto, la sua storia tragica continua ad interrogarci su aspetti anche di grande attualità, alcuni dei quali ritroviamo in passaggi dell’ultimo rapporto europeo sulla rule of law – lo stato di diritto – che da qualche anno la Commissione europea redige per ogni paese dell’Unione. Ogni anno, una sezione di questo rapporto è dedicata al pluralismo e alla libertà dei media. Perché la libertà e la genuinità dell’informazione sono una condizione essenziale per mantenere un ambiente dove possa fiorire un’autentica partecipazione democratica, proprio secondo i principi della rule of law. Nel rapporto, divenuto un altro strumento per accompagnare gli ordinamenti nazionali nell’incessante opera di attuazione valori fondativi che costituiscono la nostra identità, l’Unione europea giustamente accende ogni anno un faro pure sulla stampa, la cui libertà costituisce un pilastro di ogni democrazia. Nel rapporto di quest’anno sul nostro Paese, si documentano una serie di criticità, tra cui una “questione seriamente preoccupante” è “il deterioramento delle condizioni lavorative”.

In queste pagine ritroviamo aspetti che il giovane cronista de Il Mattino aveva subìto nella sua carriera prima di essere ucciso. Una carriera troppo breve, ma in ogni momento nutrita da “ricerca, curiosità, approfondimento”, tre parole con cui Siani identificava l’essenza stessa del giornalismo.

Vorrei brevemente soffermarmi sull’ultimo punto, l’approfondimento. Un richiamo tanto più urgente e decisivo in epoca di fake news, di misinformazione, di disinformazione, del dilagare di discorsi d’odio alimentati da inganni comunicativi e da una ingiustificabile superficialità. 
La libertà di informazione è «la pietra angolare dell’ordinamento democratico» come ebbe a dire la Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 84 del 1969. Se nel secolo scorso il nemico dell’informazione poteva essere la censura e, successivamente, la scarsa disponibilità dei mezzi di comunicazione, che mortificavano il pluralismo, oggi, a fronte della potenza delle nuove tecnologie, il peggior nemico è la disinformazione, in tutte le sue declinazioni. Il tema fake news ci riguarda tutti: una sana informazione rappresenta infatti ossigeno puro per la democrazia, che viene adulterata tutte le volte che la «verità è affogata in un mare di irrilevanza», per usare le parole del sociologo statunitense Neil Postman. Non basta l’autocorrezione che proviene dalle dinamiche spontanee del marketplace delle idee, perché anche nel mercato delle idee, come abbiamo imparato in altri ambiti, la mano invisibile di Adam Smith, non sempre orienta le dinamiche economiche a vantaggio di tutti. Per questo abbiamo bisogno, tra l’altro, di professionisti attrezzati a diffondere informazione secondo i canoni del rigore nella verifica dei fatti, dell’approfondimento delle notizie, della sobrietà dei toni, della “continenza”, come esige la giurisprudenza della Corte di cassazione. In una parola, abbiamo bisogno di professionisti, ossia di “giornalisti-giornalisti”, per dirla con la celebre distinzione del film Fortapàsc sulla storia di Giancarlo Siani – principali alleati della “democrazia della conoscenza”, richiamata da Gianni Canova.

La qualità dell’informazione si riverbera sulla qualità della democrazia, soprattutto in un momento in cui il dibattito pubblico è condizionato dal linguaggio dei social, dove il dèbat è sostituito dalla violenza del combat, scrive Jean Birnbaum, direttore dell’inserto letterario di “Le Monde” nel saggio Le courage de la nuance (Seuil, 2021).

Toni del combat che inducono non pochi a rinunciare del tutto ad intervenire nel dibattito: e ogni assenza rappresenta comunque un impoverimento della ricchezza del confronto. 

Per questo, proprio mentre validi inviati ci aggiornano con puntuali cronache dal fronte ucraino, proprio mentre troppi giornalisti sono perfino scortati per le minacce subite, proprio mentre altre forme di intimidazione, come le cosiddette Slapp, Strategic Lawsuit Against Public Participation, azioni legali dal sapore vessatorio, di cui pure si è più volte discusso nei mesi scorsi, nell’ambito dei vertici europei, diventano un serio ostacolo alla libertà di stampa, proprio in questo contesto è necessario che quella professionalità dimostrata da Giancarlo Siani in ogni suo articolo, non smetta mai di forgiare lo stile di ogni cronista, in qualunque contesto si trovi ad operare, di qualunque tema sia chiamato ad occuparsi. 

Giancarlo Siani è stato ucciso dai killer della camorra 37 anni fa; oggi altri suoi colleghi nel mondo vengono uccisi da altre mani, mentre indagano, verificano, denunciano verità scomode. Anna Politkovskaja in Russia, Daphne Caruana Galizia a Malta, Jàn Kuciak in Slovacchia, Peter De Vries in Olanda, solo per citare alcuni nomi. Alla luce di questi tragici fatti, che – incredibile a dirsi – si perpetuano anche nei nostri giorni nel cuore dell’Europa, l’Unione europea vigila con occhio attento per preservare la libertà dell’informazione, che è premessa imprescindibile per l’esercizio di altri diritti da parte di ogni cittadino, a partire dal diritto ad essere correttamente informato sui fatti di interesse generale. 

Il termine ultimo di ogni attività che ha una dimensione pubblica – e l’informazione ne è dotata per definizione – è sempre il cittadino, con tutti i suoi diritti. Per questo, da parte delle istituzioni europee provengono continue sollecitazioni per nuove iniziative volte a preservare la piena libertà dell’informazione in un contesto che cambia velocemente, mantenendo sempre un occhio attento e vigile anche su tutti gli altri diritti dei cittadini, che esigono da parte degli operatori dell’informazione l’adempimento di precisi doveri e il pieno rispetto della deontologia professionale. Con questo spirito, ad esempio, negli scorsi mesi è stata recepita la direttiva europea sulla presunzione di innocenza, la cui attuazione quotidiana – voglio marcarlo – non deve tradirne lo spirito: una garanzia per chi è sottoposto a procedimento giudiziario, senza comprimere il diritto di cronaca e la libertà di stampa, pilastri imprescindibili di ogni democrazia, da difendere sempre. 

Ancora attende, invece, piena attuazione la sentenza della Corte Costituzionale, che nel luglio del 2021 si è pronunciata per l’incostituzionalità della pena della reclusione per la diffamazione a mezzo stampa e sull’incompatibilità di tale previsione con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il tempo del nostro Governo è stato ridotto e i fronti rimasti aperti sono moltissimi, ma questi interventi sono necessari proprio per i tanti “giornalisti-giornalisti” che nel solco della passione e della professionalità di Giancarlo Siani continuano ad essere gli occhi di tutti noi, all’insegna, oggi come allora, di “ricerca, curiosità, approfondimento”, a servizio della nostra democrazia. 

L'intervento del Ministro della Giustzia Marta Cartabia è contenuto nel libro “Il mio Siani”, oggi in edicola gratis con Il Mattino.

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