I cori, vero razzismo: nessuno interviene?

di Pietro Gargano
Lunedì 25 Gennaio 2016, 01:14
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 Nel tempo del Giubileo della Misericordia, nel giorno della riconciliazione tra Sarri e Mancini, tornano le bestemmie contro Napoli e i napoletani. Mentre l’allenatore azzurro era avvolto nella sciarpa del rivale con il «Padre Nostro» scritto in tutte le lingue del mondo, i tifosi doriani, dopo il rigore del due a zero messo a segno da Lorenzo Insigne, hanno esposto osceni striscioni e cantato immondi cori, i soliti: «Vesuvio, lavali col fuoco»; «Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani». «O colerosi, terremotati, che col sapone non vi siete mai lavati». «Napoli merda, Napoli colera, sei la vergogna dell’Italia intera». Materiali da vomito. Intanto, per colmo di ingiustizia, la Curva A del San Paolo resterà chiusa contro l’Empoli perché alcuni sostenitori partenopei tentarono di forzare l’ingresso del settore ospiti in occasione della partita con l’Inter di Coppa Italia. Si può dire con educato disappunto che siamo stufi di tutto ciò? O è il solito lacrimoso lamento meridionale? Si può dire che non è giusto sopportare in silenzio altre sporche accuse dopo aver dovuto subire imputazioni di razzismo, per un sfogo sopra le righe del nostro allenatore? A questa vicenda degli insulti indecenti ai napoletani finora è stata opposta una vittoriosa sordina. Le società di appartenenza degli urlatori di ingiurie finora se la sono cavata a ottimo mercato. È l’ora di finirla.
Anche perché la munnezza da stadio è solo un aspetto della più generale indifferenza nazionale nei confronti del Mezzogiorno. Una città, una regione, tutta la fetta terminale all’Italia restano ai margini dello sviluppo, tranne qualche raro premio di consolazione. La reazione del popolo di Partenope finora è stata contenuta, quasi a voler dimostrare un’educata abitudine all’ingiustizia. «Sì, canteranno ”Noi non siamo napoletani” ma non offendiamoci. Del resto davvero non lo sono. È una ovvietà». «Sì, canteranno ”Senti che puzza, scappano anche i cani”. M non offendiamoci, peraltro sono anche stonati». «Sì, esporranno i soliti striscioni che inneggiano al Vesuvio ma non offendiamoci. La chiameranno ironia, noi ci teniamo la nostra e risponderemo». Non basta più. La reazione civile dev’essere confermata tutta, ma la questione deve uscire dalle rubriche sportive per diventare cartina di tornasole di un Paese che vuol ritrovare l’unità e la giustizia anche sui campi del pallone. Magari con la richiesta di una licenza: tornare sugli spalti dello stadio genovese per sostituire una lettera allo striscione più ricorrente: da «colerosi» a «golerosi», dopo che ne hanno prese quattro da una squadra che, nonostante calunnie e inimicizie, procede con sovrana eleganza.
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