​Iannelli dopo la sentenza: «Continuo a fare il medico»

Iannelli dopo la sentenza: «Continuo a fare il medico»
di Maria Pirro
Mercoledì 27 Marzo 2019, 22:25
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«Continuerò a svolgere la professione di ortopedico fin quando ne avrò la forza fisica e morale per contrastare quella che ritengo una grave ingiustizia». L’ex primario del Cardarelli, Paolo Iannelli, rompe il silenzio e contesta la severa sentenza che lo condanna a nove anni di reclusione per il caso dei pazienti dirottati dall’ospedale pubblico verso Villa del Sole, la prestigiosa casa di cura in via Tasso.
Nel verdetto in primo grado del tribunale, i giudici gli vietano anche di fare il medico per tutta la durata della pena. Ma «le condanne inflitte e l’interdizione dall’esercizio della professione non sono esecutive», puntualizza Iannelli, spiegando di non voler rinunciare a lavorare: aveva già chiesto di tornare in servizio nella struttura sanitaria più importante del Mezzogiorno e, da tempo, prosegue l’attività nello studio privato ospitato in un centro diagnostico all’interno del parco Matarazzo. 
Il camice bianco è una seconda pelle per la sua famiglia, da generazioni: chirurgo era suo nonno Gabriele; caposcuola nell’aggiustare ossa e legamenti suo padre Eugenio, il “barone rosso” dell’ortopedia e della politica, e la stessa professione hanno scelto anche suo fratello gemello e i due figli, che oggi vivono lontano da Napoli. E la condanna pesa: è anche più severa, di dodici mesi, di quella richiesta dal pubblico ministero Henry John Woodcock. «Sono davvero avvilito e stupefatto per la sentenza pronunciata dal tribunale», dice Iannelli, commentando il verdetto emesso dopo quattro ore di camera di consiglio: i giudici lo hanno ritenuto colpevole dei reati di associazione per delinquere e di alcuni capi d’imputazione di concussione, assolvendolo invece da altre ipotesi di concussione. Proprio su questo punto, il medico articola la sua difesa.

L’INTERVENTO
Prima obiezione: «Sono stato assolto da ben dieci episodi di concussione verso i pazienti del Cardarelli perché evidentemente è stato dimostrato che i tempi di attesa loro prospettati per l’intervento chirurgico erano veritieri, ma sono stato addirittura condannato per altri episodi con riferimento a pazienti ricoverati quasi negli stessi giorni, per i quali questi medesimi tempi non sono stati ritenuti ugualmente veritieri», sottolinea Iannelli nella nota affidata al suo avvocato Maurizio Lojacono. 
Entrando nel merito del dispositivo, l’ortopedico sostiene che ci sia anche un’altra contraddizione: «È incredibile che il tribunale abbia addirittura disposto la condanna per una presunta associazione a delinquere, che neppure era oggetto di imputazione, in quanto per questa contestazione era stata disposta l’archiviazione dallo stesso Gip che aveva emesso il decreto di giudizio immediato». Terzo rilievo: «Il tribunale mi ha assolto da tutte le contestazioni di assenteismo, per poi condannarmi per il solo episodio di quando mi trovavo regolarmente in ferie in Thailandia, malgrado la prova che io non fossi legato al Cardarelli da un contratto ad orario». 
Conclusione: «In questo momento posso solo affermare che è assolutamente ingiusta e non ha neppure tenuto conto dei documenti che sono stati prodotti dai miei difensori, gli avvocati Bruno Von Arx e Maurizio Lojacono». Insomma, a distanza di sette anni dall’avvio dell’inchiesta, la battaglia legale non finisce qui. «Sono sicuro», sostiene Iannelli, «che in appello non vi saranno suggestioni e i giudici sapranno valutare con rigore solo la verità dei fatti».
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