Il Cholo uno di noi (gestaccio a parte)

di Marilicia Salvia
Giovedì 21 Febbraio 2019, 22:49
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Per mezza Napoli è la reincarnazione del Comandante perduto sulle rive del Tamigi, una specie di surrogato dell’indimenticato allenatore di quella serata perfetta - dito medio compreso - che fu il 22 aprile: il vendicatore delle umiliazioni presenti passate e future, l’ultimo che diventa primo, l’uomo che in un solo colpo mette sotto i piedi in sentimento di grandeur che circonda il cosiddetto Fenomeno e la quotazione in Borsa della di lui squadra, che infatti in poche ore ha perso circa il 10 per cento del valore. Grande, grandissimo Diego Pablo Simeone detto il Cholo, allenatore della terza squadra di Madrid che in un’anonima sera di febbraio ha ridotto all’impotenza la seconda squadra di Torino. Così grande, così folle, così focoso, in una parola così argentino da riuscire a far sorridere vecchi e nuovissimi estimatori con quel gestaccio che altrimenti e altrove avrebbe provocato una tempesta di improperi. Basta un giro su Facebook per rendersi conto della portata di questo improvviso straordinario strabismo che ha colpito il mondo del pallone: sdoganato quel gesto, giustificato, minimizzato nel suo senso volgare e sessista, esaltato invece come il segnale di una giusta esplosione di gioia, di orgoglio, di legittimo dileggio dell’avversario. «Ci vogliono due... così», ha ribadito lui in conferenza stampa, per nulla pentito, e anzi accompagnato dalle risate compiaciute di chi ha goduto con lui, incuranti - il Cholo e tutti i tifosi della parte colorata dell’universo calcio - dell’effetto diseducativo, del messaggio sbagliato, dell’ulteriore precipitazione verso il basso di un mondo che dovrebbe diffondere soltanto valori positivi.
Gestaccio squallido, absit iniuria verbis, che alla fine verrà sanzionato dall’Uefa e che inevitabilmente ha scatenato la parte peggiore dell’animo noncolorato, giunta persino ad augurare la morte alla neonata ultima figlia dello scoppiettante argentino. Il quale è anche padre, sia detto tra parentesi, di quel Simeone fiorentino che sette giorni dopo la nostra magnifica impresa allo Stadium (celebrata guarda la combinazione anche con il dito medio alzato da Sarri contro gli ultrà bianconeri, giustificato però dal Comandante e dalla tifoseria tutta perché quelli stavano insultando Napoli, non il Napoli) insomma quel Simeone che distrusse, spezzò, uccise ogni nostra speranza con una tripletta mai più ripetuta neanche in allenamento. E certo le colpe dei figli non devono ricadere sui padri, ma onestamente, a conti fatti, il due a zero di Madrid non riesce ancora a cancellare quel tre a zero che perseguiterà per sempre i nostri sogni. Non lo cancella, al massimo lo attenua. E accresce, allo stesso tempo, tutti i nostri rimpianti rispetto alle aspettative non della passata ma di questa stagione. I noncolorati usciti dalla Coppa Italia e adesso con un piede fuori dalla Champions non sono i campioni invincibili che vorrebbero farci credere di essere. Non sono la montagna insormontabile che sembrano, e a questo punto del campionato probabilmente non valgono neanche i 14 punti di distacco che ci separano. E che perciò possono soltanto diminuire, devono diminuire. Perduta l’occasione incredibile e ormai alla nostra portata di arrivare fino in fondo nel torneo per la conquista della Coppa Italia, al di là delle ambizioni che ci spingono sul percorso dell’Europa League, c’è uno sfizio che ancora ci resta, ed è quello di accorciare le distanze, accorciarle il più possibile, anche se il sogno resta inarrivabile (che poi, anche lì, la matematica non ci condanna: e vuoi mettere che doppia gioia sarebbe fargli fare il triplete delle mani vuote?). Comunque: proviamo ad accorciarla, questa distanza bugiarda. E proviamoci soprattutto a Napoli, in casa nostra. Il 3 marzo, tra due settimane, dobbiamo batterli, come ha fatto l’Atletico, come ha fatto il Cholo, con il bel gioco e l’entusiasmo. Fosse anche l’unico obiettivo della stagione - e non lo sarà - dobbiamo rimandarli a Torino a mani vuote. E dobbiamo farlo insieme, calciatori e tifosi. Guai a lasciare gli spalti vuoti: avremo altri modi e altri tempi per protestare. Domenica 3 marzo saremo lì, in tanti, e saremo tutti il Cholo. Gestaccio a parte (non in favore di telecamera, almeno).
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