Napoli: scarpe griffate, dolci e contanti per accelerare la pratica del passaporto

Napoli: scarpe griffate, dolci e contanti per accelerare la pratica del passaporto
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 29 Gennaio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 11:26
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Scarpe griffate, di quelle di ultima generazione, ma anche un vassoio di dolci, di quelli appena sfornati. E soldi, denaro cash, la classica bustarella decisiva per oliare un certo tipo di ingranaggio.

Passa anche attraverso questi ed altri regali l’iter per avere - possibilmente in tempi rapidi - il passaporto per sé e per i propri cari. Una corsia privilegiata, senza fare file allo sportello, senza passare per chissà quanti controlli, senza aspettare i canonici quindici giorni lavorativi, al netto di eventuali intoppi burocratici. Senza stare lì con il numeretto tra le dita e il naso all’insù, fissando un monitor che si aggiorna a intervalli irregolari. 

Una corsia di favore ovviamente illegale, che finisce al centro delle indagini della Procura di Napoli, che ha firmato una prima svolta investigativa a carico di almeno quattro indagati, ritenuti responsabili di una trama tutta da esplorare. 

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Corruzione e accesso abusivo al sistema informatico sono le accuse che vengono ipotizzate al termine di una prima verifica condotta in questi mesi. Inchiesta del pm Valeria Sico, magistrato in forza al pool reati contro la pubblica amministrazione guidata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, finisce sotto accusa anche un impiegato dello Stato: formalmente si tratta di un incaricato di pubblico servizio, impiegato civile del Ministero dell’Interno, locale divisione del Pas, che dovrà difendersi dall’accusa di aver agevolato alcuni suoi conoscenti nella trafila necessaria ad acquisire il passaporto. Ma in cosa consistono le accuse della Procura di Napoli? In sintesi, l’impiegato avrebbe interferito nell’iter amministrativo di rilascio, manipolando il sistema informatico passweb, così da non riempire alcune caselle». Una incursione informatica che avrebbe reso tutto più spedito, che avrebbe aggirato anche i controlli imposti dalle norme attuali per il rilascio di un documento valido per l’espatrio e per i viaggi intercontinentali. Ma il ruolo dell’impiegato del ministero dell’Interno non sarebbe finito qui. Dopo aver scavalcato chissà quante posizioni e dopo aver violato l’iter amministrativo, l’indagato numero uno di questa vicenda avrebbe anche chiuso il cerchio, mostrando piena disponibilità nelle pratiche legate al rilascio del documento. Anche qui, nessuna trafila, nessuna discussione allo sportello, nessun intoppo dentro e fuori gli uffici di via Bracco. Tutto sarebbe filato liscio, con la «consegna dei passaporti all’intermediario e ai beneficiari (che ovviamente sono finiti sotto inchiesta), anche fuori ai locali dell’ufficio passaporti». 

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Consegna brevi manu, possibilmente lontano da occhi indiscreti, soldi o regali in cambio del documento. Una vicenda che avrebbe visto protagonisti anche tre soggetti «intermediari» che, secondo la ricostruzione dell’accusa, si sarebbero mossi come faccendieri e procacciatori di affari. È grazie a questi soggetti che decine di cittadini avrebbero ottenuto i passaporti richiesti in tempi brevi, sempre senza il vaglio imposto dalla legge. Sono centinaia le pratiche da esaminare, non risultano al momento casi legati a soggetti in odore di camorra e desiderosi di sfuggire alle maglie della giustizia italiana, né personaggi sospetti per fatti di terrorismo. Quella messa in piedi - secondo l’accusa - sarebbe stata solo una trama finalizzata a sbloccare pratiche e incassare soldi, regali o altra utilità.

Una vicenda consumata alle spalle della dirigente dell’ufficio passaporti, che va considerata estranea alle accuse, se non addirittura parte offesa. Scrivono i pm, a proposito dell’impiegato finito sotto inchiesta: «Si inseriva nel portale passweb, al fine di verificare lo stato della pratica e ritirare, inserendo il proprio nominativo quale delegato al ritiro o il nominativo dei correi, pur non essendo delegato formalmente, provvedendo formalmente al ritiro del passaporto che poi consegnava agli intermediari o agli intestatari diretti dei documenti, all’esterno dell’ufficio passaporti». In cambio - insistono gli inquirenti - di soldi, dolci e scarpe griffate di quelle dal prezzo proibitivo. 
 

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