«Io, a 80 anni malato di tumore: non mi arrendo e faccio da cavia»

«Io, a 80 anni malato di tumore: non mi arrendo e faccio da cavia»
di Ettore Mautone
Lunedì 15 Ottobre 2018, 23:01
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Combattere il tumore del fegato, stimolare le difese dell’organismo, addestrare il sistema immunitario contro le cellule neoplastiche: sono le basi di una nuova cura del cancro epatico che mira a indurre una reazione simile a quella del rigetto di un trapianto. Al Pascale è stato iniettato, per la prima volta a un paziente campano, il vaccino terapeutico del carcinoma del fegato Hepavac. Si tratta del quinto paziente al mondo trattato con questa innovativa tecnica (uno in Belgio e tre a Verona) nell’ambito di una sperimentazione internazionale a valle di un lungo lavoro di ricerca durato cinque anni di cui è capofila l’Istituto Tumori di Napoli. Gli obiettivi? Indurre nei malati una risposta immunitaria che possa ritardare il ripresentarsi del cancro o arrestare le recidive. La scelta è ricaduta su un paziente di 80 anni che ha una lesione localizzata al fegato, non in metastasi ma localmente avanzata.  
Una persona già più volte operata presso l’unità di Chirurgia epatica guidata da Francesco Izzo. Il Pascale coordina il progetto a livello europeo, finanziato con 6 milioni di euro, e sponsorizza lo studio clinico che vede impegnati anche Tubinga (Germania), Pamplona (Spagna), Anversa (Belgio) e Birmingham (Uk). In Italia oltre al Pascale di Napoli c’è l’Ospedale Sacro Cuore di Negrar a Verona. Allo sviluppo del vaccino hanno contribuito tutti i partner del progetto tra cui l’Università dell’Insubria. Durante i primi quattro anni di studi i ricercatori hanno identificato le molecole che rappresentano la carta di identità del tumore. Proteine che non si trovano sulle cellule sane del fegato né in altri organi. Segnali utilizzati per preparare il vaccino Hepavac. «A questo vaccino il team internazionale di ricercatori coordinati da Luigi Buonaguro, responsabile della struttura dipartimentale di Immunoregolazione dei tumori di questo Istituto - dice Attilio Bianchi manager del Pascale - sta lavorando dal 2013. Con la dovuta cautela siamo fiduciosi che possa essere il primo vaccino al mondo per il tumore epatico candidato alla successiva sperimentazione su vasta scala». 
Il trattamento Il tumore del fegato rappresenta la terza causa di morte per cancro nel mondo e le opzioni terapeutiche sono limitate con una sopravvivenza media del 20 per cento. «Il trattamento - ricorda Bonaguro - consiste in 9 punture intradermiche da effettuare periodicamente e precedute da un’unica infusione endovena di ciclofosfamide a bassa dose, un chemioterapico che prepara il terreno. L’obiettivo è valutare l’assenza di tossicità e la risposta immunitaria, e poi avere la stima di efficacia nel prevenire la ricomparsa della malattia». 
Ad oggi, in tutti i centri clinici coinvolti, sono stati arruolati 49 pazienti con carcinoma non metastatico. Di questi al Pascale ne sono stati individuati 15. Dopo tutti i vari step di verifica 5 sono arrivati in fase di vaccinazione. Uno ha completato il ciclo ed è seguito ad Anversa; tre finiranno la sperimentazione nelle prossime settimane al Negrar di Verona. Ora c’è Napoli. «Gli effetti collaterali nei primi quattro pazienti – conclude Buonaguro - sono stati minimi. Abbiamo dato il semaforo verde per continuare l’arruolamento. Nella migliore delle ipotesi ci attendiamo l’assenza di ricomparsa del tumore».
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