Ischia, il Natale triste degli sfollati

di ​Marilicia Salvia
Venerdì 15 Dicembre 2017, 22:45
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Terremotati di serie B. Così dicono di sentirsi gli ischitani, alla vigilia di un Natale che si annuncia triste come mai sarebbe immaginabile per una località turistica. Ci sono, nonostante tutto, le luci di un albero gigantesco allestito in riva al mare, che sembra gridare all’altra riva ci siamo pure noi, ci siamo ancora. Ma c’è, soprattutto, un presepe tra le macerie, una capannella sistemata nella zona rossa con una Madonna vestita di nero e un Bambino già nato, che dice il lutto e la speranza, la paura e la voglia di rinascita di un paese, Casamicciola, che tuttavia in cuor suo sa di essere già condannato.
Dal 21 agosto Ischia non è più la stessa, ma in pochi, al di là dal mare, sembrano ricordarlo. E se non lo ricordano forse è perché qui non ci sono container e nessuno aspetta casette di legno. Non si incita alla pietà, non ci sono storie strappalacrime di famiglie al freddo e al gelo. A Ischia gli sfollati sono stati sistemati negli alberghi - e per fortuna l’isola ne ha tanti, di alberghi - o hanno trovato domicilio nelle seconde case - quante ce ne sono, di seconde case, e di proprietari che non vedevano l’ora di lucrarci affittandole d’inverno, preferibilmente al nero e comunque a peso d’oro. E tuttavia sono tanti gli sfollati di Ischia, oltre tremila: già solo questo numero enorme impedisce di archiviare le scosse del 21 agosto come un evento di serie B. E si vive male, da sfollati, persino nel caldo di una camera d’albergo, se non si ha davanti a sè la prospettiva della fine e di un nuovo inizio, ma solo quella di un calvario che inevitabilmente arriverà insieme alla buona stagione e la macchina turistica che (legittimamente) reclamerà quegli spazi.
Un terremoto sfortunato, questo. Nato male - con quell’assurdo balletto durato due giorni su intensità della scossa ed epicentro - raccontato peggio - titoloni su tutta la stampa internazionale, l’isola data per distrutta mentre i danni erano oggettivamente concentrati in un’area limitata - e adesso gestito con sufficienza, per non dire superficialità. I soldi stanziati da governo e Regione, una manciata di milioni, non è ben chiaro neanche a cosa serviranno e se basteranno alla causa, dato che sono ancora fermi alla casella dello start. Più o meno come accade ad Amatrice, si dirà, dove la ricostruzione è all’anno zero. Ma il mal comune non fa il gaudio di nessuno, mentre è il caso di rendersi conto che la questione nata il 21 agosto a Ischia è molto complessa, e richiede uno sforzo non tanto economico quanto strategico di cui non si vede traccia. Non si tratta solo di ricostruire laddove un possibile nuovo terremoto non farà danni, come hanno chiesto fin dal primo momento i vulcanologi, e come (purtroppo) accade ovunque arrivi la sferzata di una scossa a buttare giù tutto quello che c’è. Qui si tratta, anche, di dare case nuove e “legali” a chi casa ce l’aveva, ed è venuta giù, ma era abusiva. Fuorilegge, illegale. Non per niente la gran parte del centro storico di Casamicciola è sotto sequestro. E a Lacco Ameno le richieste di contributo sono state stoppate dal rischio di aiutare proprietari di seconde case fatte passare per prime o di abitazioni sconosciute in tutto o in parte al catasto. Un nodo giudiziario-burocratico enorme, che va sciolto con grande senso di responsabilità e senza ipocrisie. Sull’abusivismo edilizio la politica a Ischia ha chiuso tutti e due gli occhi, salvo farne una cambiale buona ad ogni campagna elettorale. All’alba del 22 agosto i Comuni si sono fatti trovare in un mare di illegalità, senza mappe degli abusi né registri sul condono. Dalla tragedia del terremoto - il cui simbolo più forte rimane la morte di una donna che trascorreva le vacanze dentro una casa abusiva - può dunque venire l’occasione di un recupero collettivo di buona convivenza e buona amministrazione. Oppure sarà tutto piagnisteo e sotterfugi. A ben guardare, la differenza tra il salto da quella serie B a una serie A, e un precipizio inesorabile verso la C.
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