Se l'Italia tiene insieme ​Stati Uniti ed Europa

di Giorgio La Malfa
Sabato 14 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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Il viaggio appena concluso del Presidente del Consiglio negli Stati Uniti non era affatto facile. Non era una di quelle visite alla Casa Bianca svolte in situazioni in cui non vi sono particolari problemi internazionali, in cui tutto si risolve, come si dice, in una photo opportunity e in un comunicato finale in cui si ribadiscono, pro forma, i legami transatlantici fra Europa e Stati Uniti, in cui si sottolineano soprattutto le relazioni bilaterali fra i due paesi, con un occhio, da parte del Presidente americano, all’elettorato di origine italiana in vista di qualche scadenza elettorale e, da parte del presidente del Consiglio italiano, al consolidamento della propria posizione alla testa del governo.

Il contesto della visita di Draghi a Washington è invece quello di una situazione internazionale gravissima in cui vi è anche il rischio di una divisione all’interno dei Paesi democratici fra l’Europa e gli Stati Uniti. L’invasione russa dell’Ucraina ha aperto una crisi senza precedenti in Europa dagli anni Cinquanta in avanti. I carri armati sovietici a Budapest nel 1956 o Praga nel 1968, la repressione delle rivolte in Polonia o l’imposizione del generale Jaruzelski a Varsavia nel 1981, per quanto gravissime, erano vicende interne all’area che nel 1945, a Jalta, le potenze vincitrici avevano considerato di preminente interesse sovietico. Forse il solo precedente, che nessuno ha richiamato, è il rischio di uno scontro militare nel 1948, quando l’Unione Sovietica bloccò gli accessi a Berlino e il lungo ponte aereo americano deciso per opporsi al tentativo. In quel momento in Europa si percepiva il rischio di una nuova guerra. Ma da allora la Nato e il Patto di Varsavia avevano stabilizzato la situazione europea e nel 1975 l’Atto finale della Conferenza di Helsinki sulla sicurezza in Europa che aveva sancito fra l’altro “il diritto di ciascuno Stato alla eguaglianza giuridica, alla integrità territoriale, alla libertà ed indipendenza politica”, aveva dato il senso che non potesse avvenire quello che la Russia ha fatto nel febbraio scorso.

La crisi Ucraina cambia radicalmente lo scenario europeo. Non solo può nell’immediato sfuggire di mano a tutti, ma è comunque destinata, come ha detto Draghi nel suo intervento all’Atlantic Council, ”ad avere effetti di lunga, lunghissima durata.” Basta considerare la scelta di chiedere l’adesione alla Nato da parte di due Paesi come Svezia e Finlandia, ben consapevoli della propria posizione internazionale, ai quali la neutralità non appare più una garanzia di sicurezza.

C’è stata - è vero - una notevole unità fra Europa e Stati Uniti nella prima reazione all’invasione russa, nella decisione del sostegno militare all’Ucraina e della imposizione di dure sanzioni contro la Russia. Ma ora stanno emergendo differenze potenzialmente significative. Sono evidenti le implicazioni diverse delle dichiarazioni di Joe Biden a Varsavia e del discorso di Emanuel Macron al Parlamento Europeo con il suo invito “a non umiliare Putin”. Emergono anche posizioni diverse sul gas e il petrolio russo e in genere sulle sanzioni. In una situazione come questa il rischio per l’Italia era di dover scegliere fra un allineamento pieno alle posizioni americane e una condivisione della visione francese di un’Europa collocata a metà strada fra gli Stati Uniti e la Russia.

Trovare una posizione autonoma dell’Italia che conciliasse sia il rapporto con gli Stati Uniti sia quello con l’Europa non era facile.

Va dato atto a Mario Draghi che le sue dichiarazioni, a Washington, e la decisione di farle precedere dall’ampio discorsi tenuto davanti al Parlamento Europeo con il richiamo, che la Francia accoglie solo fino a un certo punto, agli sviluppi in senso federale dell’Unione Europea mostrano che il tema della collocazione internazionale dell’Italia è stata oggetto di un’attenta riflessione da parte del Presidente del Consiglio e lo ha portato a individuare una posizione che può caratterizzare positivamente l’azione internazionale del nostro Paese.

A Washington e a Bruxelles l’Italia riafferma l’unità indispensabile fra i paesi democratici nell’obiettivo di non consentire alla Russia la vittoria sull’Ucraina sia sul piano militare, sia su quello delle sanzioni e ribadisce che un atteggiamento diverso e una divisione fra questi paesi sarebbe foriero di catastrofi. Questi obiettivi possono essere perseguiti solo con un’azione concorde fra Europa e Stati Uniti. Nello stesso tempo Draghi ha colto l’occasione dell’incontro con Biden per affermare che, nel momento stesso in cui difendono l’Ucraina, le democrazie debbono essere pronte e sono pronte alla pace. Debbono cioè dare il senso alla Russia che esse ricercano una soluzione del conflitto e non un rovesciamento di quel regime. Draghi è riuscito a fissare questa posizione dicendo a Biden che il sostegno economico e militare all’Ucraina continuerà per tutto il tempo necessario, ma che dovranno essere colte le occasioni per aprire un dialogo che porti a ristabilire la pace in Europa. È un punto di equilibrio di grande importanza sia nel rapporto con gli Stati Uniti, sia nel dibattito interno all’Unione Europea. 

L’immagine dell’Italia che ha trasmesso Draghi è quella di un Paese che si assume le proprie responsabilità, ma che è desideroso di lavorare per la pace. Di fronte a questa posizione risulta sostanzialmente incomprensibile, guardando lo scenario italiano, l’atteggiamento di due componenti della maggioranza: i 5 stelle e la Lega. Conte e Salvini avrebbero avuto interesse a valorizzare queste posizioni di Draghi; sarebbe convenuto loro addirittura rivendicare, anche forzando la realtà, il merito di avere spinto il Governo verso una posizione equilibrata. Sarebbe stata da parte loro una posizione prudente. Queste forze rischiano di non capire che, pendendo le distanze dalla posizione di Draghi che tiene insieme Europa e Stati Uniti, finiscono per proporre una collocazione dell’Italia sostanzialmente fuori dall’area atlantica, come a quella europea, un paese che, mentre Svezia e Finlandia pensano di tutelare la loro sicurezza aderendo alla Nato, scivola verso una posizione di isolamento internazionale.

Avevo scritto, dopo il discorso di Draghi a Strasburgo, che il Presidente del Consiglio andava assumendo una connotazione politica più forte ed esplicita. L’incontro con Biden alla casa Bianca conferma e rafforza quell’impressione positiva.

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