Dove si è rotto il patto ​tra i cittadini e la politica

di Mauro Calise
Lunedì 4 Luglio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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La ricetta di Romano Prodi – ieri, su queste colonne – su come riavvicinare la politica ai cittadini resterà, purtroppo, un sogno di mezza estate. Non perché sia troppo velleitaria ma, al contrario, perché coglie nel segno. Indicando la specificità del malessere italiano nel contesto più generale del disincanto delle opinioni pubbliche. Dovunque cala la partecipazione al voto. Ma a fronte di percentuali di assenteismo spesso simili, il distacco italiano è più pesante. Perché anche coloro che partecipano non hanno un rapporto diretto col candidato che eleggeranno in parlamento. Il paragone con gli Stati Uniti è eclatante.

Nelle elezioni di metà mandato presidenziale, si viaggia mediamente sul 40% degli aventi diritto. Una percentuale molto bassa, malgrado la posta altissima: alle prossime midterm di novembre, Biden probabilmente perderà la maggioranza nelle due camere. Nondimeno, gli scontri nelle singole circoscrizioni saranno accesissimi. E già nelle primarie per scegliere gli sfidanti c’è un tasso altissimo di mobilitazione e di competizione tra le diverse anime dei due partiti. E ciò con ingenti somme che stanno amplificando la comunicazione delle rispettive campagne. Al tempo stesso, una volta eletto, un deputato avrà a disposizione una ventina di dipendenti di staff, mentre ogni senatore potrà contarne fino a sessanta. Risorse preziosissime sia nel supporto della attività legislativa che nella gestione dei contatti e delle richieste che vengono dalla propria constituency. In pratica, un vero e proprio partito a disposizione di ciascun eletto. Viene da sorridere – anzi da ridere – al pensiero della dotazione miserevole dei nostri rappresentanti del popolo. 

Non basta, dunque, un sistema elettorale maggioritario uninominale a migliorare il rapporto tra governanti e governati. Occorrono risorse, e molte. Sia prima per la campagna elettorale, sia dopo per la gestione quotidiana delle aspettative che vanno soddisfatte. Ed è proprio qui che il contrasto con la situazione italiana appare insanabile. Da noi vige – soprattutto a sinistra - l’ideologia pauperista per cui la politica deve costare poco. Anzi pochissimo, meglio se niente. Col risultato che si favorisce l’ascesa di quelle «meteore individuali o collettive» che suscitano aspettative irrealizzabili.

Incentivando la spirale perversa delle promesse mancate, e il conseguente aumento della sfiducia. Nei partiti e nelle istituzioni. 

Con l’aggravante che gli outsider dell’«uno vale uno», si tratti di leader o di peones, una volta entrati nel sistema faranno di tutto per restarci. E in assenza di mezzi adeguati con cui fare onore al proprio mandato, ricorreranno al sottogoverno. Con i fenomeni che ben conosciamo: frequentissimi cambi di casacca, presidenze di commissioni col bostik, girandola permanente di poltrone nei meandri della nomenclatura statale e parastatale. Uno spettacolo che non potrà che aumentare la disaffezione di quanti vorrebbero una politica – a destra come a sinistra – dedita in primo luogo a servire la cosa pubblica.

Se allora è forse vero – come conclude Prodi, sulla scorta di alcuni segnali positivi alle ultime amministrative – che ci siano molti italiani che «sentano, almeno istintivamente, il desiderio di capire e di contare nella vita politica del paese» la strada da percorrere è lunga, ed estremamente controversa. Il nodo più difficile da sciogliere è, infatti, quello di disinnescare la dipendenza totale dei nostri parlamentari dai vertici dei rispettivi partiti. Creando dei meccanismi – elettorali, finanziari, istituzionali – per cui il posto degli attuali «nominati» possa essere preso da veri e collaudati professionisti del consenso e del policy-making. In grado di rispondere direttamente agli elettori del proprio comportamento e delle proprie scelte. È quello che attualmente succede – in gran parte – nelle nostre città. Dove, pur tra tanti limiti, i cittadini possono valutare come hanno lavorato i propri sindaci, assessori, consiglieri comunali. 

Certo, messa così, il sogno di mezza estate rassomiglia a una irrealizzabile utopia. Questa utopia, però, fa funzionare la democrazia rappresentativa americana e quella di buona parte dei grandi paesi occidentali. Se in Italia continueremo a accontentarci di una politica stracciona, non lamentiamoci se nelle aule di Camera e Senato continueranno a volare gli stracci. 

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