L'esperienza di Ancelotti nella settimana decisiva

di Francesco De Luca
Venerdì 19 Ottobre 2018, 22:35
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Missione a Udine senza il bomber. Ancelotti ferma Insigne, schierato nelle prime dieci partite stagionali con ottimi risultati (sette reti), perché nel calendario del Napoli dopo l’anticipo in Friuli ci sono altri due appuntamenti impegnativi. 
Prima la durissima trasferta di Champions League a Parigi, poi il delicato confronto con la Roma in campionato al San Paolo.Il turnover non è vissuto come un’angoscia dal tecnico e dagli azzurri, ci sono soluzioni a disposizione per tutti i ruoli, compreso quello di portiere, aspettando che a Karnezis e Ospina si possa aggiungere Meret, il talento che la famiglia Pozzo ha ceduto a De Laurentiis confermando quel solido rapporto di mercato cominciato quattordici anni fa, quando nacque la Napoli Soccer e da Udine arrivò il Pampa Sosa, il primo tesserato del club del produttore cinematografico in serie C.
L’Udinese - guidata dal semisconosciuto spagnolo Velazquez, in attacco Lasagna (seguito dal Napoli in passato e lanciato da Mancini nell’ultima partita di Nations League), a centrocampo l’ex azzurro Behrami e il napoletano Mandragora - è reduce da tre sconfitte consecutive e nell’ultimo turno è stata messa ko dalla Juve in soli quattro minuti. Però fa bene Ancelotti a tenere alta la guardia, il pensiero non può essere già proiettato al confronto di mercoledì contro il Psg perché bisogna restare nella scia della capolista, che oggi ospita il Genoa di Piatek, il polacco su cui si sono già lanciate tutte le big d’Europa, mentre sta risalendo l’Inter, attesa domani sera dal derby. L’Udinese ha scoperto la vena realizzativa di De Paul, il fantasista che dopo aver ereditato la 10 da Di Natale ha cominciato a segnare come il vecchio Totò (4 reti e va considerato il contributo del 75 per cento nei gol segnati dalla squadra). Giusto non sottoporre a stress fisico Insigne, che con la Nazionale ha giocato 168 minuti in due partite ed è la più importante risorsa per Ancelotti dopo il cambio di ruolo. Peraltro ci sono due alternative di assoluto valore come Mertens e Milik, ai quali il turnover va stretto. È evidente che il tecnico non vuole legarsi a un modulo come a un giocatore (Koulibaly, ad esempio, è il pilastro della difesa ma è diffidato e il 28 c’è la Roma a Fuorigrotta), ritenendo che tutta la rosa debba essere valorizzata - è la sua politica gestionale, non un’imposizione dall’alto - e che vada superata l’eventuale Insigne-dipendenza, pur avendo Lorenzo segnato due gol prima della sosta: quello al Liverpool che ha fatto schizzare gli azzurri in testa al girone Champions e quello al Sassuolo che ha spezzato la voglia di rimonta degli emiliani. È un utile test anche per verificare la tenuta esterna del Napoli, che fuori casa ha ottenuto due vittorie (Lazio e Torino) e subito due sconfitte (Samp e Juve) e questo lo ha portato ad avere lo stesso numero di gol incassati dell’Udinese (10) e un bilancio negativo tra punti e reti rispetto alle prime 8 giornate della squadra di Sarri nel 2017.
In otto giorni tre partite con differente grado difficoltà, da affrontare con sano equilibrio da parte della squadra e saggia rotazione degli uomini da parte di Ancelotti. L’allenatore sta entrando sempre di più nel cuore dei tifosi azzurri per il modo di affrontare le partite (da manuale del calcio la tattica per paralizzare il tridente del Liverpool e vincere il primo match del girone di Champions) e di porsi di fronte a quell’ondata di razzismo che c’è negli stadi del Nord. Domenica scorsa, seduto tra Sacchi e Guardiola sul palco del Festival dello sport a Trento, avrebbe potuto proporre altri argomenti che evidenziano l’incolmabile gap la serie A rispetto alla Premier League e invece ha parlato di quei cori e di quella sottocultura. E ovviamente non per populismo: uno come lui non ha bisogno di accattivarsi simpatie. Ciò fa onore a Carlo anche se la battaglia contro tale squallore dovrebbe essere combattuta da De Laurentiis e non da Benitez, o Sarri, o Ancelotti, che intanto si sente sempre più a suo agio nel progetto Napoli al punto da auspicare che il migliore ventunenne del calcio italiano, Barella, possa indossare la maglia azzurra. È sui giovani di grande prospettiva - e il regista del Cagliari lo è come conferma il costo elevato del suo cartellino - che ha sempre lavorato il club e Carlo ne era consapevole quando ha sottoscritto il contratto triennale: a quasi sessant’anni, dopo aver allenato i migliori al mondo, ha voluto scegliere un’altra strada per continuare a divertirsi e vincere.
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