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L'Europa, il Pnrr e il percorso in salita

di Romano Prodi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 4 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 07:33
4 Minuti di Lettura

Le prime settimane del governo in carica stanno dimostrando che, qualsiasi siano state le premesse e le promesse pre elettorali, la collaborazione quotidiana con le istituzioni europee è ormai una componente essenziale della nostra vita politica. Negli scorsi giorni abbiamo assistito a un intenso e continuo confronto sulla riforma del patto di stabilità e sulle decisioni necessarie per utilizzare le risorse messe a disposizione del nostro Paese dal Pnrr. Riguardo al patto di stabilità si sta profilando una nuova linea di condotta europea che, pur mantenendo gli obiettivi finali del patto stesso, tende ad applicarli con la necessaria flessibilità e, soprattutto, con un dialogo diretto con gli Stati membri.

Rimane l’obiettivo finale di portare il rapporto fra debito e Pil alla magica quota del 60%, così come, con scarsa possibilità di successo, si cerca di eliminare l’irragionevole limite del 3% nel deficit annuale. Tuttavia, riguardo al modo di avvicinarsi a questi obiettivi, ci si sta orientando a prendere atto delle differenze esistenti fra i diversi Paesi, a eliminare la regola del 5% nel rientro annuale dal debito eccessivo e a tenere conto dei piani strutturali proposti dai singoli Paesi e dei tempi necessari per metterli in atto.
L’obiettivo che la Commissione Europea si propone, obiettivo che dovrà essere poi approvato dal Consiglio Europeo, è quindi quello di trasformare il patto di stabilità in un patto di stabilità e crescita.

È però evidente che il risultato può essere raggiunto solo con una collaborazione profonda e continua fra i governi dei diversi Stati e la Commissione Europea.
Ancora più stretta si presenta la necessità di cooperare per potere attingere alle ingenti risorse messe a disposizione dell’Italia dal Pnrr. Su questo delicato ed importante capitolo si è svolto, durante la scorsa settimana, un confronto analitico e profondo fra i nostri responsabili dell’economia e i funzionari europei. Riguardo alle già avvenute erogazioni delle due prime rate dei contributi non sembra siano sorti problemi particolari, anche se vi sono ritardi nel ritmo di spesa ai quali bisogna porre rapidamente rimedio per accedere all’ulteriore versamento, che deve avvenire entro la fine dell’anno. 

Senza entrare analiticamente in questo capitolo ricordiamo solo che, per raggiungere questi obiettivi, dobbiamo riformare le nostre strutture amministrative e le nostre regole contrattuali, tenendo conto dei cambiamenti resi necessari dagli aumenti dei costi provocati dal processo inflazionistico in corso.
Si tratta di un compito non certo semplice, che esige una profonda riforma nella preparazione dei nostri funzionari e nella semplificazione delle nostre procedure. Per rendere possibile il raggiungimento di questi obiettivi ci può tuttavia aiutare la volontà di collaborazione chiaramente emersa negli incontri. 
Nessuna flessibilità è invece possibile sulle riforme alle quali ci siamo impegnati quando abbiamo accettato le regole contenute nel Pnrr. Non dimentichiamo che, solo per citare i capitoli più importanti, abbiamo promesso di riformare i servizi pubblici locali e alcune norme fondamentali del sistema giudiziario, di provvedere all’eliminazione del lavoro nero, di preparare un progetto comprensivo di digitalizzazione e di combattere l’evasione fiscale. Non penso proprio che gli interlocutori europei siano soddisfatti su come si sta camminando in queste direzioni. 

Basti solo pensare alla necessità di combattere l’evasione fiscale con regole più severe nei confronti dell’uso del contante e  dell’obbligo di fatturazione.
Il messaggio che è stato dato in questi giorni conduce in direzione opposta: meno fatture, più contanti e quindi un allontanamento dagli altri Paesi europei e un invito a evadere. 
Forse posso sembrare un po’ brutale in questa affermazione che, tuttavia, nasce da una mia personale esperienza. Quando infatti, ormai più di un secolo fa, formai il mio primo governo, misi come assoluta priorità la lotta all’evasione fiscale, con la consapevolezza che quest’obiettivo era condizione necessaria per allinearci ai Paesi più progrediti (ed entrare nell’euro). Scelsi a questo scopo un ministro delle Finanze molto capace e notoriamente altrettanto severo. 

Dopo pochi mesi di governo il ministro Visco venne a dirmi che, pur non avendo ancora potuto prendere alcun provvedimento in materia, gli introiti fiscali stavano crescendo oltre ogni previsione. Era stato sufficiente un chiaro e credibile messaggio di severità e coerenza per fare cambiare il comportamento dei potenziali evasori. 
Il messaggio di oggi, che permette meno fatture e più contanti, cammina nella direzione opposta. È quindi assai probabile che anche oggi, come allora, i comportamenti degli italiani si adeguino al nuovo messaggio del governo. Mi auguro sinceramente che gli italiani siano migliorati, ma il risultato lo vedremo solo fra qualche mese.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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