La crisi di nervi che attanaglia il centrodestra

di Bruno Vespa
Sabato 4 Agosto 2018, 11:13
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Esiste ancora il centrodestra? Se lo chiedono in molti dopo l’ultimo strappo tra Salvini e Berlusconi per la nomina di Marcello Foa a presidente della Rai. Già quando si trattò di scegliere il presidente del Senato, la Lega votò per Annamaria Bernini avvertendo solo a votazione in corso il Cavaliere, formalmente ancora fermo sulla candidatura di Paolo Romani. La Bernini ovviamente fu bruciata e la scelta comune cadde su Elisabetta Casellati. Anche nel caso di Foa Forza Italia è stata avvertita a cose fatte. Salvini era sicuro che l’alleato si accodasse perché Foa era stato un importante inviato del Giornale. Berlusconi si è lamentato perché messo di fronte al fatto compiuto. La legge prevede che il «presidente di garanzia» venga scelto con il contributo dell’opposizione. E questo non è avvenuto. Berlusconi avrebbe forse ceduto alle pressioni di Salvini, ma a sorpresa sono stati i conciliatori per eccellenza, Gianni Letta e Antonio Tajani, a trascinare nella ribellione il gruppo parlamentare azzurro in nome della dignità ferita. Una soluzione di buonsenso (auspicata dal capo dello Stato e dagli stessi Cinque Stelle) non sarebbe difficile. Occorre capire se Salvini – forte del grande consenso assicuratogli dai sondaggi – voglia fare della questione Foa la spada di Brenno per avere la prova del suo dominio sull’alleato o lo sparo di Sarajevo per rompere il centrodestra. 
Ma gli conviene? Se si votasse domani, la Lega forse prenderebbe uno straordinario trenta per cento uguale o addirittura perfino superiore al punteggio del M5s. Ma con un centrodestra distrutto, Salvini si sentirebbe come Pajetta quando annunciò a Togliatti nel ’47 la conquista della prefettura di Milano. «E adesso che te ne fai?», gli rispose gelido il Migliore. Poiché per governare occorre la maggioranza assoluta, la scelta sarebbe obbligata: o un nuovo centrodestra dominato dalla Lega, ma con una componente moderata rassicurante soprattutto a livello internazionale e dei mercati o una nuova alleanza con i 5 Stelle su basi più equilibrate. Vedremo nei prossimi mesi il grado di compatibilità tra l’interpretazione che i due partiti danno al contratto di governo e soprattutto a quello che nel contratto non c’è o è scritto in maniera ambigua, a cominciare dalle Grandi Opere. 
Il “decreto dignità” – se ha consentito a Di Maio di recuperare consenso a sinistra – ha alienato a Salvini quello di alcune categorie imprenditoriali. Come nei matrimoni, i soldi servono ad appianare molte divergenze: ma se nella legge di bilancio i soldi saranno pochi, reggeranno i Dioscuri Salvini e Di Maio alle pressioni dei rispettivi elettorati affamati di flat tax e reddito di cittadinanza? Questo riguarda la stabilità del governo. Per la stabilità del centrodestra sarà sufficiente aspettare ottobre e le elezioni regionali di Abruzzo e Basilicata. In queste due regioni, alle politiche Forza Italia è andata meglio della Lega e i sondaggi danno il centrodestra vincente. Ma qualcuno sostiene che per imporre il proprio candidato – che Forza Italia non vuole concedergli - Salvini lascerebbe il centrodestra per allearsi con il M5s. Allora la rottura dell’alleanza sarebbe molto probabile.
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