Ma gli conviene? Se si votasse domani, la Lega forse prenderebbe uno straordinario trenta per cento uguale o addirittura perfino superiore al punteggio del M5s. Ma con un centrodestra distrutto, Salvini si sentirebbe come Pajetta quando annunciò a Togliatti nel ’47 la conquista della prefettura di Milano. «E adesso che te ne fai?», gli rispose gelido il Migliore. Poiché per governare occorre la maggioranza assoluta, la scelta sarebbe obbligata: o un nuovo centrodestra dominato dalla Lega, ma con una componente moderata rassicurante soprattutto a livello internazionale e dei mercati o una nuova alleanza con i 5 Stelle su basi più equilibrate. Vedremo nei prossimi mesi il grado di compatibilità tra l’interpretazione che i due partiti danno al contratto di governo e soprattutto a quello che nel contratto non c’è o è scritto in maniera ambigua, a cominciare dalle Grandi Opere.
Il “decreto dignità” – se ha consentito a Di Maio di recuperare consenso a sinistra – ha alienato a Salvini quello di alcune categorie imprenditoriali. Come nei matrimoni, i soldi servono ad appianare molte divergenze: ma se nella legge di bilancio i soldi saranno pochi, reggeranno i Dioscuri Salvini e Di Maio alle pressioni dei rispettivi elettorati affamati di flat tax e reddito di cittadinanza? Questo riguarda la stabilità del governo. Per la stabilità del centrodestra sarà sufficiente aspettare ottobre e le elezioni regionali di Abruzzo e Basilicata. In queste due regioni, alle politiche Forza Italia è andata meglio della Lega e i sondaggi danno il centrodestra vincente. Ma qualcuno sostiene che per imporre il proprio candidato – che Forza Italia non vuole concedergli - Salvini lascerebbe il centrodestra per allearsi con il M5s. Allora la rottura dell’alleanza sarebbe molto probabile.