Ci eravamo illusi. Eravamo quasi convinti che il clima di fair play, a cui la campagna elettorale pareva improntata, potesse durare fino alla fine. E invece, no. Quella che sembrava essere una delle novità della corsa al voto di domenica prossima - e cioè la correttezza tra avversari, l’assenza di toni demonizzanti tra i leader, la normalità dei comizi - s’è trasformata di colpo nel revival della peggiore inciviltà politica. In un degrado inaspettato. Quello per cui le manifestazioni degli avversari, ridiventati nemici, vanno contestati sperando di provocare reazioni e caos.
La denuncia di Giorgia Meloni non va presa soltanto come una legittima richiesta di protezione al proprio partito e alla propria persona. Ma come la segnalazione di un problema che va anche oltre il bersaglio principale della nuova furia ideologica, ossia appunto la leader di FdI che potrebbe diventare premier e intanto viene avvertita con orrori del genere: «Meloni come Moro», firmato Brigate Rosse.