La scuola specchio
del Paese

di ​Mauro Calise
Lunedì 31 Agosto 2020, 00:00
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Stanno tutti affilando le armi. Per il momento, della protesta. Genitori, alunni, insegnanti, presidi, governatori, tecnici sanitari e di arredi, conducenti di trasporti e bidelli. E, ovviamente, i responsabili politici. La ministra in primissima fila, e poi gli altri, potenziali birilli da coinvolgere nello show-down, con l’opposizione prontissima a opporsi qualunque cosa accada. 

Aspettatevi di tutto di più. Ma cercate di tenere i nervi saldi. La scuola non è la vera sfida da cui dipende se ce la faremo o meno a superare l’esame del ri-Covid. La scuola è soltanto lo specchio del caos che stiamo affrontando, e da cui non riusciamo a uscire fuori. Solo che ci sono settori in cui le soluzioni si impongono, e sono – relativamente – semplici. In altri, accade il contrario. Troppe opzioni in campo, e troppi galli a cantare. Ecco, la scuola è l’emblema di un caso che ha le condizioni ottimali per trasformarsi in casino.

Facciamo prima l’esempio opposto. Di un settore, cioè, dove i costi di una chiusura sono enormi, ma nessuno sembra interessato a interessarsene. E tanto meno ad opporsi. Immagino lo abbiate intuito, mi riferisco alla Pa. La pubblica amministrazione è «in vacanza» – icastica definizione di Cassese – a tempo indeterminato. Per la gioia dei funzionari, che, con la formula dello smart-working, possono starsene a casa loro, e fare presenza in ufficio lo strettissimo indispensabile. E quella – ancora maggiore – dei politici, che eliminano dal bacino a rischio Covid una bella fetta di lavoratori, che lasciano anche un po’ di spazio in più negli intasatissimi trasporti a norma di distanziamento sociale. Ovviamente, resterebbe da pagare il conto della produttività del sistema. Ma avete sentito qualcuno che davvero se ne stia occupando?

Fatto bene, lo smart-working potrebbe essere una soluzione intelligente per rilanciare il grande malato cronico dell’apparato produttivo italiano. Ma ci vorrebbero programmi giganteschi di riqualificazione e formazione, e una task-force impegnata a far nascere una Pa digitale. Se ce la mettessero tutta, tempi lunghi. Al momento, quindi, il saldo economico del lock-down della Pa è salatissimo. Ma ha un enorme vantaggio. Agli occhi dell’opinione pubblica, è invisibile. Se ne accorgono gli imprenditori, con le pratiche ancora più lente e farraginose del solito. E i lavoratori che aspettano per mesi i soldi della cassa integrazione. E se ne accorgono i cittadini, con le file che si allungano, gli sportelli che spariscono e i telefoni che squillano a vuoto come nella canzone di Modugno. Ma la reazione diffusa è un misto di rabbia impotente e fatalismo. Come prendersela con un muro di gomma.

Invece, la scuola è diversa. Anzi, l’opposto. Per la scuola ogni genitore – giurateci – ha la ricetta pronta. Salvo che è diversa da quella di – quasi – tutti gli altri genitori. Idem per gli insegnanti. E i presidi – tra l’incudine e il martello – fanno di tutto per raccapezzarsi tra circolari in continua evoluzione, banchi monoposto in arrivo – inevitabilmente – ritardato, mascherine si/no a giorni alterni. Per non parlare dei ragazzi, che sono il bene più prezioso ma anche – come vuole l’età – indisciplinato. Per fortuna che, in questa confusione di idee, interessi e indirizzi divergenti, ci sono le bacchette magiche. Quella del Cts, cui si chiede di dire con assoluta chiarezza come risolvere il milione e passa di crisi quotidiane che ci aspettano in ogni angolo del Paese. E, bacchetta delle bacchette, la ministra. Che si spera, nei giorni che restano, vada a lezione di supereroina e metta tutto, ma proprio tutto, in ordine.

Altrimenti? Altrimenti ci sono gli ingredienti, e le scintille, per la tempesta perfetta. Perché esploda la crisi di nervi sul cui orlo il Paese sta danzando ormai da troppo tempo. Purtroppo, al punto in cui siamo, sembrerebbe proprio inevitabile. O forse, la potremmo evitare se ci guardassimo per un momento allo specchio. E ci dicessimo che i soli ad avere la soluzione in tasca siamo noi. La soluzione della moderazione. Della gestione – umile e consapevole – della complessità. La scuola ce la farà. Con qualche ritardo qua e là. Qualche emergenza, e parecchie chiusure. Ma ce la farà. In un Paese che funziona sempre peggio, la scuola resta un avamposto di grande professionalità e dignità. L’unica bacchetta magica, è quella nelle nostre mani.
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