Casoria, Andrea ucciso da un proiettile vagante: «Dopo 10 anni delitto senza colpevoli»

Casoria, Andrea ucciso da un proiettile vagante: «Dopo 10 anni delitto senza colpevoli»
di Elena Petruccelli
Mercoledì 29 Giugno 2022, 23:44 - Ultimo agg. 30 Giugno, 17:24
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«Quella mattina ci eravamo svegliati più tardi del solito. Dovevo ancora preparare la colazione ai ragazzi che erano animatori all’oratorio, e dovevo preparare il caffè. Ma quella mattina il caffè non si è più fatto». Ricordi di una quotidianità spezzata, chiaro ogni fotogramma, nonostante siano passati ornai 10 anni da quel 26 giugno 2012. Antonia Sica è la moglie di Andrea Nollino, ucciso a 42 anni da un proiettile vagante mentre sistemava i gelati nel banco frigo del suo bar, a Casoria. Erano da poco passate le 8, mentre Andrea iniziava a sistemare la merce in quel locale sotto casa gestito insieme al fratello, poco lontano, a Largo San Mauro, venivano esplosi colpi di pistola. Alcuni testimoni parleranno di un’auto che corre all’impazzata davanti al bar, inseguita da una moto di grossa cilindrata, poi l’esplosione di colpi. Uno di questi rimbalzando sulla grondaia colpì il braccio di Andrea attraversandolo e giungendo fino al cuore. Così è morto, in una “normale” mattina di lavoro, il padre di tre ragazzini, all’epoca tutti minorenni, di 17, 16 e 4 anni. Nel 2015 gli inquirenti emettono un decreto di archiviazione perché gli autori di quell’omicidio non è stato possibile trovarli. «Non ci sono colpevoli – spiega Antonia – non sai cosa è successo, non ci sono testimoni». Sulle pratiche si legge “probabilmente vittima innocente”: quell’avverbio, un dettaglio che non consente alla famiglia il riconoscimento dell’indennizzo del fondo di solidarietà per le vittime della criminalità organizzata.

Antonia a 43 anni ha dovuto imparare a mettere da parte il dolore e ricominciare: «Da ragazza - racconta - avevo avuto qualche esperienza lavorativa, ma poi dopo sposata non ho più lavorato perché Andrea pensava a noi».

Il primo tentativo è di portare avanti il bar del marito: «Sono riuscita a resistere diciotto mesi, poi ripercorrere ogni mattina quella strada, e lavorare tra quelle mura che mi ricordavano momenti in cui eravamo stati così felici... a un certo punto non sono più riuscita».

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E allora ecco adattarsi a lavori più pesanti e umili, assistenza ad anziani e pulizie: «Non ho mai fatto mancare nulla ai miei figli, in qualche modo dovevo andare avanti. Non mi sono fermata, perché non potevo. Oggi lavoro in un’impresa di pulizie presso una onlus». La Fondazione Pol.i.s ha promosso, con il coordinamento campano dei figli delle vittime innocenti della criminalità, delle borse di studio, tra i beneficiari anche i figli di Andrea. Carmen Nollino, la figlia più grande, si è laureata in Scienze Infermieristiche. Durante la fase più acuta del covid, nel 2020, da neo laureata, ha risposto agli appelli di personale nel Nord Italia ed è partita per l’epicentro della pandemia. Carmen aveva 17 anni quando il suo papà è stato ammazzato. Ricorda che, affacciata al balcone, aspettava gli amici per andare all’oratorio. Il frastuono di quei terribili colpi, quattro, cinque, poi la corsa al bar sperando che le sue paure non si trasformassero in un incubo. Oggi è infermiera al Cotugno e dedica un post a suo padre sui social: «Quale è lo scopo di così tanto dolore? Sono dieci anni che me lo domando. Sono 10 anni che non trovo risposte. 10 anni di silenzio. 10 anni di sofferenza. E se ci fossi stata io, lì, quel giorno? E se non fosse andata così? Se tu fossi ancora qui? È così che ci si consuma. Passi la vita a ricucirti i pezzi di anima addosso, perché da quel giorno sembra essersi rotta. Perforata da un colpo di pistola. Usurata dal calore di un abbraccio che non potrai più avere». 

 


Lunedì scorso, con una manifestazione in villa comunale si sono ricordate le vittime innocenti di Casoria. Non solo Andrea, ma Stefano Ciaramella e Gianluca Coppola. «Il nostro 21 marzo», spiegano gli organizzatori, tra cui Libera e comitato della parrocchia di San Mauro, Maria Saccardo e Gennaro Esposito. Andrea Nollino faceva parte dell’Unione cattolica della parrocchia San Mauro, e tutta la famiglia era attiva in oratorio. Andrea amava il suo quartiere, aveva molti sogni, gli sarebbe piaciuto che la strada di San Mauro venisse valorizzata per la sua storia. Conclude Antonia: «Quello che mi ferisce è che ogni volta si organizza qualcosa per la memoria di Andrea e delle vittime della criminalità, sono pochi i presenti».
 

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